L’ennesimo no imposto dal Consiglio di Stato alla possibilità di una proroga al 2024 delle scadenze delle concessioni balneari rischia di tradursi in una sonora battuta d’arresto per l’economia nazionale e territoriale, compromettendo l’importante percorso di crescita in chiave turistica intrapreso con successo dal Piceno negli ultimi anni.
Oltre a cancellare decenni di storia imprenditoriale e prestigiosi traguardi raggiunti in ambito anche internazionale dalle piccole realtà locali a conduzione familiare che gravitano sulla nostra costa, infatti, l’ultima sentenza emessa dal Consiglio di Stato ridimensiona drasticamente ogni prospettiva di investimento per le imprese che, con lo spettro della revoca della concessione ormai dietro l’angolo, non saranno certo motivate a stanziare risorse aggiuntive per migliorare ulteriormente la qualità dell’offerta turistica locale.
Si tratta, potenzialmente, di un colpo durissimo per l’economia del Piceno, inferto in un momento storico in cui il turismo aveva dimostrato di poter rappresentare un volano prezioso per il rilancio del territorio. Ad oggi, peraltro, le previsioni sull’affluenza turistica estiva nelle spiagge della Riviera testimoniano inequivocabilmente l’attaccamento e la fiducia dei consumatori nei confronti di un territorio che negli anni ha saputo ritagliarsi un ruolo di rilievo nel panorama turistico internazionale e che ora, tuttavia, si vede costretto a convivere con l’incertezza delle concessioni in scadenza a fine anno, rinunciando così a investimenti fondamentali per il lungomare piceno.
Con lo spettro dei nuovi bandi ormai dietro l’angolo, a fare i conti con le conseguenze dell’applicazione della direttiva Bolkestein saranno ben 30.000 piccole imprese che a oggi gestiscono concessioni demaniali marittime, con un effetto moltiplicativo da oltre 50 miliardi di euro messo perentoriamente in discussione da continui cambi di direzione e novità in ambito normativo.
«La proroga al 2024 non avrebbe risolto alla radice il problema, ma avrebbe quantomeno consentito alle imprese di prepararsi per tempo a competere con i grandi investitori che, con esperienze e interessi ben lontani dal nostro tessuto economico e sociale, beneficeranno di questa direttiva – dichiara Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli – le istituzioni hanno il dovere di tutelare i nostri concessionari di spiaggia, che con passione e amore per il territorio rappresentano oggi un patrimonio apprezzato in tutto il mondo».
«Oggi, purtroppo, chi ha investito tempo e denaro negli stabilimenti e sul territorio si vede privato del diritto di programmare adeguatamente la propria attività imprenditoriale – ribadisce Irene Cicchiello, responsabile Cna Nautica Ascoli – applicare la direttiva Bolkestein già a fine 2023 significa rinnegare un modello che funziona e che, anno dopo anno, ha dimostrato di poter fornire risposte importanti in termini di qualità e competitività».
In attesa di conoscere tempi, modalità e procedure della riassegnazione delle concessioni, la Cna di Ascoli auspica che possano essere messi in campo degli efficaci strumenti di tutela nei confronti delle imprese del territorio, con parametri mirati che possano tener conto dell’esperienza maturata in ambito turistico.
«I nostri imprenditori avvertono l’esigenza di una riforma complessiva del demanio marittimo, con una mappatura del litorale e un censimento delle attuali concessioni volti a pianificare al meglio gli interventi di tutela della costa – precisa Giulio Piergallini, presidente CNA Nautica Ascoli Piceno -. In questa fase, tuttavia, finché i criteri di riassegnazione non saranno ben chiari, il territorio rischia di pagare a caro prezzo la mancanza di investimenti in vista della prossima stagione turistica».
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