testo e foto di Gabriele Vecchioni
Ascoli Piceno è circondata da rilievi montuosi e il suo circondario costituisce una vera e propria aula didattica di geologia: a settentrione, la massa conglomeratica del Monte dell’Ascensione; a sud, i carbonati dei Monti Gemelli; a est la piana e i terrazzi alluvionali della vallata del Tronto; verso occidente, i corsi d’acqua si aprono la strada tra le arenarie della Laga (il bacino della Laga ha le ultime propaggini quasi in città, sul Colle Pelasgico).
Torniamo a esaminare l’area dei Monti Gemelli, in particolare quella della Montagna dei Fiori, per analizzare una delle sue caratteristiche peculiari, il carsismo.
Prima del focus, però, qualche riga sulla geologia dell’area. La piccola dorsale dei Monti Gemelli è lunga circa 15 km ed è costituita dalla Montagna dei Fiori (1.814 m) e dalla Montagna di Campli (1.718 m), separate dalle strette Gole del Salinello.
Il massiccio ha un andamento parallelo a quello delle altre catene appenniniche e costituisce quello che rimane dell’area che, circa 150 milioni di anni fa, si trovava sommersa a ridosso della scarpata calcarea dell’attuale gruppo del Gran Sasso d’Italia.
Mentre nel vicino Gruppo della Laga (ad ovest) le formazioni calcaree sono rimaste nascoste, ricoperte da potenti spessori di marne e di arenarie plioceniche, nella dorsale dei Monti Gemelli (alla quale appartiene la Montagna dei Fiori), i calcari sono, invece, “allo scoperto” e costituiscono un’isola calcarea in un mare di argille e di arenarie (Monti della Laga e colline del Teramano).
I diversi step della storia geologica dei Monti Gemelli sono riportati qui di seguito, in estrema sintesi.
A partire dal Giurassico (Era mesozoica, circa 200 milioni di anni fa) si depositarono, in 150 milioni di anni, potenti spessori di sedimenti carbonatici marini (scheletri di molluschi).
Nel Miocene (Era cenozoica o Terziario, 25-30 milioni di anni fa) i terreni calcarei furono ricoperti dalle arenarie della Formazione della Laga.
Nel Pliocene (poco meno di 10 milioni di anni fa), immani spinte orogenetiche (le stesse che causano l’innalzamento delle catene montuose), in direzione est-ovest, sollevarono l’area degli attuali Monti Gemelli. Contemporaneamente, il Salinello, aiutato dalla forte pendenza acquisita per i movimenti tettonici, “scavava” le Gole omonime nella forma in cui le conosciamo.
Ma torniamo all’argomento dell’articolo, il carsismo. Il termine deriva dal quello dell’altopiano del Carso, al confine con la Slovenia, e identifica i fenomeni e il paesaggio tipici di quell’area geografica, legati all’azione geodinamica delle acque meteoriche sulla roccia calcarea. Per inciso, il toponimo Carso sembra derivare dalla voce pre-indoeuropea kar, che indica un luogo roccioso.
Le Montagne Gemelle evidenziano una situazione quasi sovrapponibile a quella di altri massicci calcarei dell’Appennino centrale (Sibillini, Gran Sasso d’Italia, Velino-Sirente, Majella per citare i principali): l’area è un esempio tipico di come i fenomeni carsici modellano il rilievo; tutta la zona, infatti, presenta segni evidenti di questa attività geodinamica.
Le masse carbonatiche che costituiscono il rilievo possono essere considerate come enormi serbatoi che smaltiscono le eccedenze idriche con una scarsa circolazione superficiale ma con una rilevante attività sotterranea. Alla base della montagna, strati recenti di materiali geologici danno vita ad affioramenti di falde acquifere, con numerose risorgive; è una situazione che causa la vicinanza di due ambienti naturali apparentemente opposti: alle alte quote, prati aridi e roccia nuda; ai piedi della montagna, valli e bacini più o meno ampi, ricchi di acque e di vegetazione.
Il processo carsico consiste nella corrosione delle rocce carbonatiche (cioè formate da carbonato di calcio), dovuta a processi dissolutivi legati all’acqua meteorica che viene acidificata dall’anidride carbonica e innesca il processo carsico che “scioglie” il carbonato di calcio, costituente essenziale delle rocce suddette: il carbonato, insolubile, viene “trasformato” in bicarbonato, solubile, e asportato dalle acque.
Le condizioni necessarie perché il fenomeno si verifichi sono diverse: oltre a piogge relativamente abbondanti, devono esserci delle fessurazioni nella massa rocciosa, una scarsa vegetazione e la superficie del terreno deve essere più o meno orizzontale. A questo punto, l’acqua di scorrimento si incanala nella roccia fessurata, aprendo varchi sempre più larghi, arrivando alla formazione di ipogei (gallerie, grotte). Le cavità, spesso, presentano formazioni caratteristiche sotto forma di concrezioni, causate dalla (ri)deposizione per il lento sgocciolamento delle acque sature di carbonati.
Sui Monti Gemelli – in particolare sulla Montagna dei Fiori – è possibile rinvenire numerose manifestazioni del carsismo, come cavità ipogee (con o senza concrezioni alle pareti), aree sub pianeggianti, inghiottitoi, cavità superficiali (le doline), laghi carsici, falde e riaffioramenti.
«La presenza di rocce calcaree fratturate ha favorito, inoltre, lo sviluppo di tipiche morfologie carsiche superficiali e profonde; il carsismo ipogeo, in particolare, ha interessato praticamente tutte le formazioni carbonatiche presenti, con cavità di dimensioni e sviluppo diversi (L. Adamoli, 1995)».
Per quanto riguarda grotte e sgrottamenti della Montagna dei Fiori (già nell’Ottocento, il medico e paleontologo abruzzese Concezio Rosa ne contò 45), la cavità più grande è quella della Grotta di Sant’Angelo a Ripe, per distinguerla da quella che si apre sul versante settentrionale del monte, Sant’Angelo in Volturino. Entrambe prendono il nome dall’Arcangelo Michele (l’Angelo per antonomasia): è un nome diffuso per gli ipogei perché la pima apparizione dell’Arcangelo guerriero fu in una grotta. Le grotte del Salinello (geologicamente, sono “risorgenze fossili”) hanno grande importanza storica perché erano romitori medievali.
Gli ipogei non sono un fenomeno raro nel nostro Paese: si pensi che sono oltre 33 000 le grotte classificate; costituiscono, in ogni caso, un ambiente interessante. Spesso presentano, alle pareti, velature d’acqua che dànno luogo a stillicidio e, in tempi geologici, a stalattiti e concrezioni: un fenomeno poco visibile nel caso della Montagna dei Fiori.
Le doline sono depressioni del terreno a forma di imbuto, una tipica manifestazione del carsismo presente anche sulla Montagna dei Fiori. Di solito, sono prodotte da crolli di volte di cavità sotterranee e possono evolvere in inghiottitoi, altra manifestazione peculiare del carsismo; a questo proposito, c’è un inghiottitoio nell’area pianeggiante poco sotto la vetta del Girella. Gli inghiottitoi convogliano l’acqua meteorica verso bacini sotterranei di raccolta. Nel caso della Montagna dei Fiori, il serbatoio non è stato ancora individuato ma è molto probabile la sua presenza, tenuto conto che poco più in basso, sul versante meridionale, c’è una risorgiva (sorgente perenne della Girella, a circa 1600 m di altitudine).
Non lontano dall’inghiottitoio c’è un lago carsico, un bacino idrico originatosi dal probabile riempimento di una cavità superficiale (una dolina), mèta frequentata da escursionisti e, d’estate, da conduttori di greggi (per l’abbeverata). Ce ne sono altri sul rilievo della Montagna dei Fiori, su entrambi i versanti: due lungo il Fosso il Vallone, uno nell’area vicino alla vetta e un altro, più in basso, poco lontano dal sentiero escursionistico che taglia il versante meridionale della montagna.
Le manifestazioni del carsismo sulla Montagna dei Fiori sono ridotte, rispetto ad altre aree più o meno vicine (vedi inizio articolo) ma sono comunque interessanti, anche perché facilmente raggiungibili per via escursionistica.
(ha collaborato Narciso Galiè)
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