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«Bella idea la “Città dei Sibillini” ma c’è bisogno delle Province»

OTTO le proposte di legge presentate in Parlamento “per il ripristino della legalità costituzionale”. Nuove assunzioni di tecnici per accelerare la ricostruzione post sisma. Finiranno al nord le risorse non “messe a terra” nel centro come nel sud? Ecco il commento di Ugo Bellesi
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Ugo Bellesi

 

di Ugo Bellesi

 

Sta facendo molto discutere, e lo farà molto di più nelle prossime settimane, la proposta dell’ex sindaco di Amandola, Riccardo Treggiari, di creare una “Città dei Sibillini” che abbracciasse otto Comuni insediati a ridosso degli Appennini e rappresentanti ben tre province: Macerata, Fermo e Ascoli. Secondo la versione del proponente l’idea sarebbe stata originata dal fatto che questi otto Comuni (Amandola, Sarnano, Comunanza, Montefalcone Appennino, Montefortino, Monte Monaco, Monte San Martino e Smerillo) già colpiti dal terremoto del 2016 siano ancor più messi in crisi da un significativo spopolamento che, iniziato prima del sisma, ora sta diventando sempre più massiccio. Tanto è vero che complessivamente gli otto Comuni prescelti possono vantare oggi appena 12mila abitanti.

 

E’ chiaro che la Città dei Sibillini (anche se l’ex sindaco non lo dice) dovrebbe avere come capoluogo Amandola. E questo è evidente anche per il fatto che questa città, già prima del sisma, ma anche dopo, ha compiuto notevoli progressi non solo per le iniziative ma anche per la dotazione di servizi. Su tutti il nuovissimo ospedale che sarà inaugurato nell’estate 2023 e che – a detta di tutti – è destinato ad essere “punto di riferimento per tutta l’area montana dei Sibillini”. Per quanto riguarda le scuole si punta ad avere una “classe per i servizi di enogastronomia e ospitalità alberghiera”.

 

Non parliamo di tutte le iniziative turistiche e culturali che si svolgono anche sul lago di San Rufino ma non possiamo fare a meno di ricordare che da anni Amandola è impegnata a diventare un’eccellenza nella produzione del tartufo. Purtroppo dobbiamo renderci conto che quando c’è la “fusione” tra due o più comuni, quello che sarà il nuovo capoluogo diventerà anche il punto di attrazione e di riferimento per tutti gli altri comuni che si trasformeranno, volenti o nolenti, in semplici frazioni. E sicuramente tra gli otto comuni segnalati dall’ex sindaco ci sono dei capoluoghi (cito ad esempio Sarnano) che non ci stanno a diventare frazioni di Amandola. E’ campanilismo? Forse si, ma soprattutto c’è una storia antica in ogni paese per cui nessuno vorrà rinunciare alle proprie prerogative e tradizioni.

 

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Riccardo Treggiari

Con questo non si vuole disconoscere l’importanza della proposta dell’ex sindaco di Amandola. Tutt’altro! Infatti ci sarebbe piaciuto molto che questa idea fosse venuta a qualche sindaco o amministratore dei Comuni maceratesi insediati sui Sibillini.
Ma nella proposta di Treggiari ci sono anche alcune considerazioni che meritano un maggiore approfondimento. Infatti secondo l’ex sindaco il vantaggio di questa aggregazione di comuni consisterebbe «in un maggior peso politico-istituzionale quando si approda sui tavoli decisionali: dalla sanità alle infrastrutture». E, su tale tematica, aggiunge che questo nucleo di comuni deve affrontare “le annose problematiche riguardanti il lavoro, la sanità, l’istruzione, le infrastrutture viarie con un’unica voce, così amplificata da riverberare nelle stanze che contano della Regione”. Poi conclude con un vaticinio: «I tempi sono più che maturi: o iniziamo a muoverci fin da subito o saremo destinati, in pochissimi anni, a diventare terra di nessuno».

 

In sostanza Treggiari si è reso conto che c’è assolutamente bisogno di un maggior legame tra i comuni e la regione. Legame che sostanzialmente è stato spezzato, nel 2016, con la riduzione quasi a zero delle Province, che hanno perso quasi tutte le loro competenze come la pianificazione territoriale, la difesa del suolo, la tutela dell’ambiente, la pianificazione dei trasporti, l’organizzazione dei servizi pubblici provinciali, l’assistenza tecnica ai comuni e altro ancora. Attualmente le province possono occuparsi soltanto delle scuole e delle strade. Ma intanto hanno dovuto rinunciare alle risorse economiche e al suo personale altamente qualificato. Il tutto a beneficio delle regioni. E’ da sottolineare invece l’importanza delle Province proprio in occasione di calamità naturali. Da non dimenticare infatti il ruolo fondamentale svolto dalla provincia di Macerata in occasione del terremoto del 1979 quando sopperì anche a molte incombenze dei comuni.

 

E ancora più utili le province sarebbero state proprio attualmente per la cosiddetta “messa a terra” dei progetti previsti dal Pnrr. Per fortuna anche in Parlamento si sono resi conto di questa situazione, tanto è vero che sono stati presentati otto disegni di legge al Senato e due alla Camera che chiedono “il ripristino della legalità costituzionale”, dal momento che la costituzione parla di tre enti: “Regioni, Province, Comuni”. D’altra parte una ricerca della Bocconi conferma che rispetto alle funzioni che svolgevano “il costo delle province è relativo”. Peraltro è noto che i piccoli comuni non hanno le competenze e le funzioni che potrebbero esercitare proprio le Province. E neppure collegandosi tra loro potrebbero fare la “voce grossa” mentre la Provincia può parlare a nome di tutti i Comuni che hanno bisogno di interventi immediati.

sibillini-4-325x183Abbiamo accennato al ruolo avuto dalle Province nel 1979 per la ricostruzione post sisma per cui è facile argomentare che nel post terremoto del 2016 la loro assenza si è fatta sentire. Tanto è vero che soltanto adesso, a sette anni da quell’evento, ci si è resi conto che è necessario potenziare l’organico dell’Ufficio speciale per la ricostruzione e della Soprintendenza delle Marche sud per accelerare la ripresa. Si parla infatti di creare una task force di architetti, archeologi e storici dell’arte per preparare la documentazione relativa a 674 chiese, alle scuole e agli edifici storici. Ma non è finita qui perché entro maggio prenderanno servizio in Regione 105 architetti, ingegneri, geometri e personale amministrativo proprio per smaltire le pratiche della ricostruzione.

 

Purtroppo non siamo in ritardo di anni solo sul fronte della ricostruzione post sisma ma anche su quello dei progetti per il Pnrr. E su quest’ultimo fronte il ritardo significa anche che gli stanziamenti previsti per i progetti non realizzati finiranno verso altre regioni. Infatti qualche partito politico ha chiesto di “rivedere i criteri del Piano nazionale di ripresa e resilienza” allo scopo di “dare priorità alle Regioni, come la Lombardia, che hanno progetti pronti e capacità di realizzare opere”. In pratica, se le Regioni del centro e del sud non riescono a “mettere a terra” i loro progetti, i finanziamenti previsti dovrebbero essere investiti al nord. Più razionale la proposta del presidente di Confindustria, Bonomi, il quale ha dichiarato: «La nostra proposta è di destinare buona parte delle risorse che rimarrebbero ‘scoperte’ verso incentivi all’investimento per le imprese, che sono di rapida attuazione e di più sicuro impatto sul Pil non modificando le regioni di destinazione delle risorse». In ciò egli è in sintonia con il presidente della Repubblica, Mattarella, il quale ha dichiarato: «L’unità del paese significa anche unità sostanziale sul piano delle opportunità di lavoro…significa impegno per rimuovere le disuguaglianze territoriali».

 

«Solo 12.000 abitanti per 8 Comuni montani»: Treggiari rilancia l’idea della Città “interprovinciale” dei Sibillini


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