facebook rss

Evento per celebrare il confine più antico d’Europa che passava vicino a Castel Trosino, tra Santa Rufina e Villafranca

A SANTA RUFINA di Valle Castellana, non lontano da Castel Trosino, sabato 17 giugno uno degli appuntamenti del Festival culturale dei borghi rurali della Laga, iniziativa iniziata il 3 maggio, dopo la giornata inaugurale del 29 aprile al Castello Della Monica (Teramo). Vediamo di cosa si tratta
...

Il borgo di Castel Trosino

 

foto e testo di Gabriele Vecchioni

 

Il Festival culturale dei borghi rurali della Laga, un’iniziativa alla quale il giornale ha dedicato recentemente un articolo, con l’intervista a uno dei promotori (leggilo qui), fa tappa a Santa Rufina, borgo alle falde della Montagna dei Fiori, a lato della strada provinciale (SP n. 49) per Valle Castellana. Il claim dell’evento è Tra Regno delle Due Sicilie e Stato Pontificio. Il confine più antico d’Europa. La manifestazione prevede un momento culturale, con un incontro-dibattito sul tema espresso, e uno di socializzazione tra i partecipanti; completa l’interessante giornata una breve escursione (guidata) che toccherà i centri di Santa Rufina, Villafranca e Castel Trosino. Alle località citate e al tema della giornata Cronache picene ha dedicato diversi articoli, ai quali si rimanda. Per facilitare il lettore, qui ne diamo un rapido riassunto, per aiutare chi volesse intervenire in maniera partecipata all’interessante manifestazione.

 

Santa Rufina

SANTA RUFINA

 

Il borgo, raggiungibile grazie alla SP n. 49 che arriva a Valle Castellana, è noto per l’omonimo edificio religioso; con San Vito, alle falde della Montagna dei Fiori, fa parte della frazione di Cesano del comune teramano di Valle Castellana, ma è sotto la giurisdizione della diocesi di Ascoli Piceno.

La struttura, che si erge in un’area rurale a ridosso di altri edifici, è una costruzione risalente ai secc. XII–XIII e ha subìto di­versi interventi di ristrutturazione per danni conseguenti a terremoti. Il campanile, più antico dell’edifi­cio della chiesa, è stato realizzato sfruttando un’antica torre (co­me quella di San Vito, anch’es­sa inglobata nel­­l’e­di­ficio sa­cro) per il controllo e la difesa dei territori dipendenti dalla potente ab­bazia benedettina di Farfa. La torre campanaria di Santa Rufina era, molto probabilmente, una turris speculatrix (una “torre di massimo avvistamento”) che aveva, in o­rigine, lo scopo di controllare la zona circostante. Il manufatto era in collegamento visivo con altre strutture simili (l’analoga torre campanaria di San Giorgio, sotto il Monte di Rosara), parte integrante del sistema difensivo del territorio ascolano.

 

La casa fortificata di Villafranca

VILLAFRANCA

 

Il borgo ha origini antiche: il Mar­cucci (1766) le fa risalire all’epoca di Carlo Ma­gno, re dei Franchi: un cavaliere del suo se­guito avrebbe fondato, nell’an­no 801, la villa che avrebbe preso l’attributo di “franca” in onore del suo popolo. In realtà, il paese deve il suo nome al fatto che i suoi abitan­ti erano affrancati (cioè esentati) dal pagamento di tributi di ogni natura, per la diffi­coltà e la pericolosità delle loro condi­zioni di vita.

Il borgo fortificato fu costruito sul confine tra lo Stato del Papa e il Regno di Napoli e, per invogliare la gente ad andare ad abitarlo, gli asco­lani sollevarono a vita dai tributi chiun­que avesse scelto di viverci: Villafranca era un posto di frontiera, con tutti i van­taggi e gli svantaggi del fatto. In virtù delle obiettive condi­zioni di rischio (basti pensare alle possi­bili sortite di briganti), il 25 aprile 1538, il comune di Ascoli diede «a li devoti et servitori de la Università et huomini de Villa Franca» l’esenzione a vita «da gravecze et impositioni». Con questa franchigia, la città picena intendeva premiare «quelli che in essa andorno ad abitare per defensione de li confini di questa città». Nonostante un incendio avesse distrutto, nello stesso anno, la per­gamena che attestava l’e­senzione perpetua, Ascoli con­fermò la condizione di favore e tale franchigia durò fino ai primi anni dell’Ottocento, epoca dell’invasione francese. Villafranca perse ogni diritto nel 1816, quando il succes­sore di Pietro, tornato a Roma, abolì tutti i privilegi risa­lenti al Medio­evo.

Il borgo diventò poi frazione di Ascoli e fu annes­so al centro di Valloni, del quale seguì le sorti. Nel secolo scorso, in base all’accordo del 1852 tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, Villa Franca entrò a far parte di quest’ultimo, sotto l’Amministrazione di Teramo. Nel 1861 il Regno d’Italia confermò tale appartenenza.

 

La casa della Regina, a Castel Trosino

CASTEL TROSINO

 

E’ una frazione di Ascoli Piceno, situata a 6 km dal capoluogo, sulla strada che conduce a Valle Castellana. Nel borgo e nelle vicinanze sono numerose le vesti­gia dei periodi storici che hanno caratterizzato il cammino della civiltà: le me­morie di Ro­mani, Bizantini, Longobardi, si sovrappongono alle testimonianze medievali e a quelle moderne, concorrendo alla formazione di un unicum di gran­de suggestione.

Il Castello fu conquistato e distrutto più volte nel corso della sto­ria: non è possibile quindi avere un’idea precisa della sua identità nel Medioevo; di case sicuramente medievali ce ne sono soltanto due; una, in particolare (la “casa della Regina”) è legata a una poetica leggenda popolare, relativa a Re Manfredi, il figlio di Federico II.

Gli altri edifici, però, sono stati costruiti con materiale di risulta e con stilemi dell’Età di Mezzo. Le case, addossate le une alle altre sono co­struite con pietre conce; le rue e le viuzze presentano (o meglio, pre­sentavano) lastri­cature di selci; ogni tanto appare, al di là dei muri, il verde degli orti conclusi; la Piazza della Macina, spazio pub­blico del borgo, è si­tuata al centro dell’abitato e l’edificio religioso (San Lorenzo) è posto nel punto più alto e panoramico. Tutto questo dà a Castel Trosino un’atmosfera parti­colare, un’innegabile “aria medievale”.

 

Il cippo confinario n. 600

IL CONFINE E I “SEGNI DI CONFINAZIONE (I CIPPI)

 

L’antico confine tra i Regni preunitari dello Stato Pontificio e delle Due Sicilie era lungo circa 500 km e andava dal Mar Tirreno al Mare Adriatico; più esattamente, dalla foce del fiume Canneto, tra Fondi e Terracina, fino al ponte di barche di Porto d’Ascoli, sull’estuario del Tronto, passando per le zone dell’Appennino, attuali terre di confine tra le regioni Marche e Abruzzo. La linea di frontiera  era segnalata da 686 colonnine di pietra, collocate in punti significativi (valli, creste e vette montane, fiumi e centri abitati). La numerazione progressiva partiva dal n.1, assegnato al primo termine, sulla costa tirrenica, fino all’ultimo, posizionato sul litorale adriatico (era il n. 649 perché molti avevano lo stesso numero seguito da una lettera). Dell’antica frontiera, rimasta fino al 1861, anno della proclamazione del Regno d’Italia, sopravvivono numerose pietre confinarie, spesso incise, a testimonianza degli eventi di allora. Il “cippo di Villafranca”, posto sulla ripa sinistra (orografica) del fosso La Fossera, è il n. 600.

 

Borghi rurali della Laga

UN CONFINE LUNGO TREDICI SECOLI

 

La storia del confine tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli risale al VI secolo, quando i Longobardi del Ducato di Benevento (nato nel 570, con Zottone) occuparono la parte meridionale del Ducato bizantino di Roma, corrispondente all’attuale provincia di Frosinone. Più tardi, sotto i Normanni (secc. XI-XII), la stessa parte diventò Terra di Lavoro, all’interno dei confini del Regno di Sicilia. Tale situazione di divisione durò fino a quando, nel 1861, fu proclamato il Regno d’Italia, sancendo, di fatto, la sparizione di due Stati, quello Pontificio e il Regno delle Due Sicilie.

Fino all’unificazione politica della penisola italiana, la frontiera tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie è stata quella che è durata più a lungo in Europa (13 secoli).

 

IL REGNO DELLE DUE SICILIE

 

Il nome gli venne dato dal re Ferdinando I di Borbone nel 1816, quando il Congresso di Vienna soppresse il Regno di Napoli e quello di Sicilia, riunendoli in un’unica entità statuale. Prima del Congresso, Ferdinando prese in carico la corona napoletana (regno continentale, «al di qua del Faro» di Messina), come Ferdinando IV, e quella siciliana (regno insulare, «al di là del Faro»), come Ferdinando III.

 

CONCLUSIONI

 

Il Festival culturale dei borghi rurali della Laga è un progetto di valorizzazione territoriale e di recupero culturale dell’area della Laga; si sviluppa in un arco temporale che va da maggio a novembre e coinvolge residenti e non-residenti dei diversi centri della Laga. La partecipazione agli eventi previsti dal Programma è gratuita e prevede solo la prenotazione per motivi legati alla sicurezza (la prenotazione permette di attivare l’assicurazione; maggiori notizie al link www.borghiesentieridellalaga.org e nella pagina dell’omonimo gruppo Facebook).

 

Carta del “Regno delle Due Sicilie”, litografia del 1842 (Atlante Geografico – Napoli, Benedetto Marzolla, 1856)

 

La cartina dei luoghi

Le pagine web citate nel testo

La Laga di Roberto Gualandri: la ricerca del tempo perduto

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




X