di Walter Luzi
Francesco Ceci, passione e determinazione. E’ lui il personaggio sportivo del momento, dopo l’argento mondiale paralimpico nel tandem conquistato a Glasgow, in Scozia. A trentaquattro anni per il pistard ascolano si è aperta una nuova pagina della sua luminosa carriera. I trentaquattro titoli italiani di ciclismo su pista vinti dal 2009 al 2021 non erano bastati ad evitargli infatti l’estromissione dalla nazionale di velocità su pista e dal Gruppo Sportivo militare, le Fiamme Azzurre della Polizia Penitenzaria, in cui ha militato per sette anni. Da imbattuto campione italiano in carica era bastata una mail, con i canonici sette giorni di preavviso, per scaricarlo insieme a tutto il suo infinito palmares. Ma chi lo ha dato per finito a trentadue anni ha dovuto presto ricredersi. A suon di risultati, che, come sempre, continuano a parlare per Francesco Ceci.
L’argento mondiale nel tandem paralimpico, in coppia con l’atleta ipovedente lombardo Stefano Meroni, è solo la sua più recente, e straordinaria, impresa sportiva. Ma non l’ultima, statene certi. In solo quattro mesi, ripartendo da zero dopo un’anno e mezzo di forzata inattività, è riuscito a tornare ai vertici del ranking mondiale. Con sacrificio, con entusiasmo, con umiltà. Ai prossimi Mondiali 2024 di Rio de Janeiro la coppia potrà solo crescere ancora. Sarà anche prova di qualificazione olimpica, a marzo, in Brasile. Il sogno a cinque cerchi che Francesco accarezza da sempre, per riuscire ad uguagliare l’impresa dello zio Vincenzo, olimpionico a Los Angeles quarant’anni tondi fa. Un sogno proibito, fino ad oggi, per lui. Un traguardo, che appare stregato, nuovamente a portata di mano. Un sortilegio da spezzare. Finalmente. Per tutta la famiglia Ceci il motto, d’altronde, è stato sempre lo stesso. “Niente è impossibile”.
LE RADICI
Francesco Ceci corre in bicicletta da quando aveva dodici anni. Inizia su strada nelle fila del Pedale Rossoblù, poi passa al Corridonia. Ma è in pista, che il team di famiglia comincia a mietere i primi successi. Il primo tricolore Juniores è del sambenedettese Rino Gasparrini, nel 2008. Il primo, a oggi, di sessantotto. Senza contare i tanti piazzamenti in gare internazionali e le cinque medaglie fra europei e mondiali. La sua famiglia ha impressa questa passione nel dna da tre generazioni almeno. I Ceci nascono per correre. E vincere.
Sono originari di Poggio di Bretta, dove il nonno Alfonso è salito con la sua motocicletta tirata a lucido, quando la carrozzabile era ancora brecciata, a corteggiare Ave Maria Vagnoni, che tutti conoscono come Dedda d’Franchì. Alfonso, che viene subito ribattezzato, per via dei suoi capelli biondi, lu polacch’, corre, fin da ragazzino, in bicicletta. Creerà un’azienda solida, vendendo Lambrette Innocenti e Vespe Piaggio, moto prima, Guzzi, Benelli, Ducati, e auto, Citroen e Autobianchi, dopo. E saprà trasmettere a tutti i suoi figli, Claudio, Vincenzo e Nadia, la sua grande passione per il ciclismo. Su strada e su pista. Nel 1976 Alfonso Ceci fonda l’omonimo gruppo sportivo ciclistico di famiglia. Entrambi i figli figurano in squadra. Vincenzo arriverà fino alle Olimpiadi di Los Angeles 1984.
I suoi nipoti, Luca, Francesco e Davide cresceranno respirando corse, e perpetuando passioni. Francesco nasce a Poggio di Bretta nel 1989, primogenito di Claudio e Giuliana, a cui farà arriverà a fare compagnia, quattro anni dopo anche Davide.
Scuole elementari a San Filippo, Medie alla “Luciani”, prima del diploma in Ragioneria, quando il ciclismo è già l’amore più grande della sua vita. L’anno dopo, nel 2009, vince il primo alloro italiano, quello Juniores. La vicinanza, in ogni senso, l’unità di intenti della famiglia, è stata sempre importante, preziosa, irrinunciabile, per i Ceci. «Sia a Poggio di Bretta che al Battente – ricorda Francesco – dove si è tirata su casa e bottega, abbiamo abitato sempre insieme, o molto vicini di casa. I miei nonni e i miei genitori sono stati sempre molto presenti nella nostra vita, non solo sportiva».
LA LEADERSHIP
Francesco Ceci va orgoglioso della storia ciclistica della sua famiglia. Fin dal 1983 il Team Ceci Dream Bike è dotato del velodromo “Don Mauro Bartolini”, a Monticelli, che diventerà, anni dopo, l’unico centro pista federale del centro-sud Italia. E i risultati arrivano.
Grazie alle vittorie dei Ceci di terza generazione, all’impegno del nonno, dello zio e del padre di Francesco il baricentro del ciclismo su pista italiano si abbassa verso sud, incrinando, ad ogni livello, lo strapotere nordista nel settore. Con la Piceno Cycling Team Ceci i tre cugini Ceci diventano una costante sui podi nazionali, dove spesso si scambiano solo i gradini. Nel 2011, nello stesso giorno, in tre portano a casa otto titoli, nelle diverse specialità e categorie di velocità, keirin, chilometro da fermo e velocità a squadre.
Da poco si è bruscamente interrotta la breve e burrascosa esperienza di Vincenzo Ceci alla guida del settore velocità della Nazionale. Polemiche e attriti non sono mai mancate con il Palazzo, ma Francesco, e Davide, nonostante qualche ingiustizia patita, non smettono di vincere. «Francesco non è certo un tipo che si abbatte – ci dice il papà Claudio – ha sempre avuto le risorse per farsi scivolare addosso tutte le contrarietà e le negatività patite. Ha dovuto ingoiare tanti rospi nella sua lunga carriera, ma non l’ho mai visto sbottare, o litigare con qualcuno. Anche se i motivi, o le occasioni, per lamentarsi non gli sono certo mancate. Caratterialmente ha preso la calma della mamma, mentre Davide, più sanguigno e insofferente, mi ricorda lo zio Vincenzo».
Nel 2014 per Francesco si aprono, finalmente, le porte di un gruppo sportivo militare. Le Fiamme Azzurre della Polizia Penitenziaria. Uno stipendio sicuro in tasca, e, soprattutto, la possibilità di potersi allenare tutti i giorni. Quello che conta.
LA MALEDIZIONE OLIMPICA
A Rio de Janerio, nel 2016, sembra fatta. L’Italia è l’ottava, e ultima, nazione europea qualificata. Francesco è dentro la lista dei convocati. All’ultimo momento però i delicati equilibri geopolitici del CIO precludono all’Italia la festa a cinque cerchi. Viene inserito infatti un Paese asiatico in più a danno di uno europeo. L’ultimo. Gli azzurri restano a casa. Sarà la delusione più grossa della sua intera carriera. Anni di sacrifici buttati al vento, ma si guarda avanti.
Testa bassa e pedalare. Continuando a vincere. Quattro anni dopo, a Tokyo 2020, non basta solo la piaga planetaria del covid, che fa slittare i Giochi di un anno. Francesco è già fuori dai giochi da tempo a causa di un brutto infortunio, nuova frattura della clavicola, patito durante una delle ultime gare internazionali in Francia. Un’altra botta che stenderebbe chiunque altro. Ma non lui. Il fratello ha mollato l’agonismo l’anno prima ed è diventato in pratica il suo personal trainer a tempo pieno. Una presenza molto importante per lui. Francesco si rialza e torna presto al top della forma, e ai vertici del suo sport.
IL SILURAMENTO
Nel 2021 arriva, a sorpresa, la sua esclusione dai progetti della Nazionale, e, di riflesso, dal suo Gruppo Sportivo. Basta una mail, come detto, per dare il benservito ad un vincente e campione in carica. Perchè lui è sempre il numero uno della velocità a livello, almeno, nazionale. Che non si arrende nemmeno stavolta. Continua a gareggiare con la squadra di famiglia, la Piceno Cycling Team Ceci, e chiude l’anno inanellando quattro podi in gare internazionali UCI, con il record nazionale dei 200 metri realizzato al Gran Premio di Mosca, e conquistando, a settembre, l’ennesimo titolo italiano della sua carriera. Ma è tutto inutile.
La Federazione non torna sui suoi passi, e il suo gruppo sportivo militare ne conferma la dismissione, destinandolo all’impiego amministrativo presso il carcere ascolano di Marino del Tronto. Resta fermo quindici mesi. Che per un atleta di trentaquattro anni non sono pochi. Annega nei motori la sua nostalgia per le corse. «Mi piacciono tutti gli sport motoristici – confessa – guardo in tv ogni corsa di auto o di moto che trasmettono. Formula Uno, Moto GP o Superbike fa uguale. Tutto quello che è veloce mi affascina. Le moto le adoro, e quando nella nostra rivendita di famiglia arriva un nuovo modello non resisto mai a farmici subito un giretto di prova». Quella velocità che, spingendo sui pedali su un anello di cemento, ha caratterizzato tutta la sua vita. Ma ora Francesco è solo un agente di Polizia Penitenzaria impiegato fra le scartoffie del suo ufficio. Fino a quando, nel dicembre 2022, non squilla, un gran bel giorno, il suo telefonino.
IL NUOVO MONDO PARALIMPICO
All’altro capo c’è Silvano Perusini, responsabile federale del settore paralimpico pista, che gli offre di tornare a gareggiare. La proposta è quella di fare da guida ad un atleta ipovedente su un tandem. Francesco si fa scrupolo solo per le sue condizioni fisiche non ottimali, ma non ci pensa su neanche un secondo per accettare subito con grande entusiasmo. Felicissimo di poter tornare ad allenarsi. E a correre. Finalmente. Si butta a capofitto nel nuovo progetto. Sul sellino posteriore del tandem pedala con lui il comasco ipovedente Stefano Meroni. Ma le occasioni per farlo insieme sono troppo poche. L’affiatamento di coppia può crescere solo girando, e girando ancora, sull’anello di cemento di Montichiari. Il tempo stringe. Il mondiale in Scozia, è ormai prossimo.
Quello che riescono a combinare insieme, dopo soli quattro mesi di allenamenti, è cronaca degli ultimi giorni. E rappresenta un mezzo miracolo sportivo. Perchè all’esordio internazionale è argento mondiale, alla fine. Dietro solo ai padroni di casa inglesi. Favoritissimi e, per il momento, fuori portata. Ma la medaglia d’argento conquistata all’”Hoy” di Glasgow vale, per loro, come l’oro. «Nel club paralimpico c’è grande armonia – commenta Francesco – senza rivalità e invidie. Un ambiente davvero ideale, anche a livello di staff tecnico e sanitario. Con Stefano abbiamo ancora tanto da lavorare, da perfezionare, ma, dopo l’exploit di Glasgow, possiamo solo crescere. Gli inglesi, anche in campo paralimpico, sono i numeri uno della pista ormai da molti anni. Sono abituati a vincere, spesso a stravincere, in ogni specialità anche perché hanno molta più esperienza e intercambiabilità. Noi invece siamo appena partiti, da zero, solo quattro mesi fa, ma conforta la crescita generale registrata un po’ in un tutte le specialità». Francesco non lesina mai consigli e suggerimenti ai più giovani. E’ disponibile al confronto, mai spocchioso. Lega con tutti. Incoraggia tutti. Come sempre.
La vita del pistard è dura. Non conosce pause, né in estate, né un inverno. Non permette vacanze, né distrazioni, ma lui riesce a conciliare tutto. «Mangio di tutto – rivela – anche se, ovviamente, senza esagerare. Ho anche una ragazza, ma i patti sono chiari. Non è che si può uscire fuori a cena tutte le sere. E’ giusto che ognuno abbia i suoi spazi e le sue priorità nella vita». E la sua, dominata da sempre dagli impegni sportivi, è un tantino movimentata. Da otto anni insegue un appuntamento, e un sogno. Si chiama Olimpiade. La bicicletta resta il suo primo e più grande amore. Anche la priorità, ora più che mai, è sempre la stessa. Correre. E vincere.
SE VI SIETE PERSI “LE STORIE DI WALTER LUZI”…..
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