Appignano, cinque generazioni in cento anni

DALLE campagne dell’Appignanese arriva una bella storia di longevità e maternità in giovane età. La nascita di Ambra designa una trisnonna, Vincenza Capriotti, e riunisce cinque generazioni di donne forti attraverso un secolo di storia della nostra terra

14 Agosto 2023 - Ore 17:39 ...

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Federica, Giorgina, Maria Teresa, Vincenza e Ambra

di Walter Luzi

Fra Vincenza Capriotti e Ambra Vagnoni ci sono quasi cento anni di differenza, novantatrè per l’esattezza. E cinque generazioni. Vincenza, classe 1930, è infatti la trisnonna di Ambra, che è venuta al mondo solo un mese fa, il 29 giugno del 2023. Le lega il sangue, e la storia di una famiglia di donne forti e fiere nate e cresciute nelle campagne dell’entroterra ascolano. Dove tutti si conoscono, e si meglio identificano, con il nomignolo affibbiato, chissà da chi, chissà quando, alla propria famiglia.

Una dynasty tutta rosa, nata a Castignano con Vincenza Capriotti, nella famiglia detta d’ Pace in un epoca in cui la nascita di una figlia femmina non era considerata precisamente un lieto evento, ma una mezza iattura. Servivano infatti maschi, tanti maschi dalle braccia forti, da avviare presto, molto presto, al lavoro nei campi. Nasce, solo per questo motivo, in quegli anni, il mito del figlio maschio. Le famiglie contadine poco numerose, o con pochi uomini, rischiavano così seriamente, infatti, di venire sfrattate da casa e terreni prima della nuova semina, dai facoltosi e avidi proprietari terrieri.

Dal matrimonio di Vincenza Capriotti con Giovanni Baldassarri, della famiglia d’ M’rò, mezzadro anche lui nelle campagne dell’Appignanese, nasce, nel 1952 Maria Teresa. Fidanzati e fidanzate, che molto presto diventano mariti e mogli, in quegli anni, quasi sempre, si sceglievano in zona. Vicini di casa, o di terreni, o loro parenti stretti, al massimo compaesani. La vita delle persone, fatta di cose semplici e sentimenti autentici, si alimentava di piaceri genuini e valori intoccabili, e si consumava quasi sempre nel raggio di pochissimi chilometri. Le tante e immani fatiche, venivano cancellate dai pochi e sani momenti di svago. I più giovani socializzavano nelle aie, durante le feste comuni per la vendemmia, o per la trebbiatura del grano. Feste di tutti al suono degli organetti, perché l’aiuto fra le famiglie in quelle occasioni era indispensabile. La condivisione, di fatiche e di gioie, usuale, reciproca. Le simpatie fra i giovani nascevano, con pudore, ballando il saltarello sotto gli occhi vigili degli anziani tutti intorno, gli amori divampavano, di nascosto, nei fienili o nelle vigne.

Succede così anche a Maria Teresa con il figlio dei vicini, quelli di Stella, Alfredo Monti. Nel 1972 nasce Giorgina, la loro primogenita, anch’essa avviata fin da bambina ai lavori agricoli, all’allevamento di polli, tacchini e conigli, e alla tradizionale macellazione fatta in casa dei suini. Un patrimonio di conoscenze che mette in pratica con la capacità di un uomo, e con l’orgoglio che non le farà mai rinnegare le proprie radici. Ma dai genitori assimila anche una mentalità aperta e disincantata, un acume di pensiero non comune per persone poco istruite, e una sottile ironia. Il mondo però sta cambiando. Un contadino, anche su terre proprie, non riesce più a ricavarci da poter vivere dignitosamente. E’ la globalizzazione a cancellare un’epoca e a mortificare la vocazione della propria, fertile, terra. Anche i costumi si stanno rapidamente evolvendo. Gli orizzonti si stanno allargando.

Il suo futuro marito, Umberto Marcozzi, un sambenedettese, Giorgina ha modo di conoscerlo in una discoteca della costa. Lui guida ruspe e automezzi pesanti, che servono a sbancare e a cementare per sempre i terreni un tempo coltivati. L’industrializzazione selvaggia e l’abnorme sviluppo edilizio, con la conseguente e incontrollata divorazione del suolo, lo definiranno, ancora a lungo, progresso. Giorgina, prima e dopo il matrimonio, deve trovarsi un lavoro in fabbrica per riuscire a costruirsi un futuro. Se la cava bene anche come sarta, nel settore delle confezioni tessili.

La loro figlia primogenita, Federica, nasce nel 1997. Lei è la prima ed unica della sua famiglia, finora, ad arrivare a laurearsi. Lo fa in Economia e Finanza all’Università di Ancona senza sbagliare un esame. Ma resta legata alla sua terra e alla sua famiglia. Alla saggezza antica degli avi che appartiene al suo Dna. Che ti guida alle grandi scelte molto giovane. Che illumina la ricerca della tua strada nella vita, e ti insegna a riconoscere l’amore vero.

Si trova presto anche un lavoro in uno studio di consulenza informatica, e si innamora di un giovane muratore. Si chiama Ivan Vagnoni. Abita a Castel di Lama, a pochi chilometri da casa sua. Come usava una volta. Fa un lavoro antico Ivan, nobile, ma durissimo, di quelli che i giovani italiani non vogliono più fare. I sacrifici ora, ai più, fanno paura. I diritti senza doveri ad abbondare. I costumi ad evolversi con sempre maggiore velocità.

I due giovani vanno subito a convivere, e quello che desiderano subito è un figlio. Prima ancora che un bel matrimonio. La comunione delle anime ora prescinde dai rituali codificati. Non sente la necessità di liturgie preventive obbligate. Il loro amore concepisce subito Ambra. Quando è nata, poco più di un mese fa, ci è voluto un po’ per far capire alla trisnonna Vincenza chi fosse quell’angioletto. Ma quando ci si è riusciti è stata molto contenta. Non è una gioia concessa a molti quella di poter riunire cinque generazioni di super donne nella stessa foto.

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