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Addio a Francesco Scorsa, se ne va un altro pezzo di storia bianconera

A POCHI MINUTI di distanza l’uno dall’altro ci hanno lasciato due leggende del calcio ascolano accomunati dai tanti successi di una epopea irripetibile. Quasi coetanei, Mazzone e Scorsa avevano militato insieme nell’Ascoli per quattro indimenticabili stagioni. L'ex difensore è stato uno dei giocatori bianconeri tecnicamente, e umanamente, più dotati di sempre, oltre che il più presente (144 partite) nei campionati serie A con la maglia del Picchio
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di Walter Luzi

 

Dopo Carlo Mazzone (leggi qui), in uno dei giorni più tristi per Ascoli sportiva scompare anche Francesco Scorsa. A settantasei anni se ne è andato a Cesena, la sua prima città di adozione nel suo lungo peregrinare calcistico, dove viveva e dove aveva conosciuto la moglie Mirella. Il male non gli ha lasciato scampo. Lascia vicino a lei tre figli, Caterina, Valentina e Antonio, a cui vanno le condoglianze di Cronache Picene.

Francesco Scorsa

 

È stato uno dei giocatori bianconeri tecnicamente, e umanamente, più dotati di sempre. E ha scritto le pagine più gloriose del club, nel quale ha trascorso la fetta più consistente e brillante di tutta la sua carriera. Duecentoquattordici presenze e due gol segnati in nove campionati, fra serie A e serie B, nell’epopea più gloriosa dell’Ascoli. Calabrese di Soverato, in provincia di Catanzaro, si era presto trasferito con la sua famiglia in Emilia. Cresciuto calcisticamente nei vivai del Bologna aveva giocato a Cervia e Cesena, prima di ritornare al Bologna che lo fa esordire in serie A. L’anno successivo resta nella massima serie ma passa al Foggia. Gioca poco e retrocede, ma in quella estate arriva la chiamata di Carlo Mazzone e Costantino Rozzi.

 

L’Ascoli si sta attrezzando per il suo primo, storico, campionato di serie A e cerca puntelli per la difesa. Su una piazza ancora ebbra di festeggiamenti e carica di entusiasmo, Francesco Scorsa può finalmente mettere in mostra tutto il suo valore. Gioca libero. Un ruolo che nel calcio moderno, come gli uomini-bandiera e l’amore per la maglia, non esiste più. Ma lui, che inizia mezzala, in mezzo al campo, va oltre il compito di estremo baluardo difensivo davanti al proprio portiere. Sa giocare infatti la palla come pochi altri, oltre a interdire le azioni avversarie, “leggendone” in anticipo gli sviluppi delle azioni offensive.

 

Come un direttore di orchestra dirige la difesa, ma è molto bravo ad uscire dalle situazioni più complicate palla al piede e a testa alta. Detta subito le ripartenze, come si dice oggi, costruendo con grande visione di gioco la nuova azione di attacco. Sempre elegante, ma senza fronzoli, essenziale, lucido, e bello da vedere. Mai una palla scaraventata in tribuna, mai un fallo cattivo. È stato questo, in campo, Francesco Scorsa. Non fosse stato chiuso nel suo ruolo da un altro mostro di bravura e umanità come Gaetano Scirea, avrebbe potuto ambire benissimo anche alla maglia azzurra della nazionale maggiore.

Qui in occasione dei festeggiamenti per i 120 anni dell’Ascoli

 

Nel giugno del 1974 va ad abitare a Poggio di Bretta nella casa di Emidio Corsini con il quale nascerà, insieme alle rispettive famiglie, una lunga e vera amicizia. Ci resterà quattro anni prima di trasferirsi a Castel di Lama. Intanto diventa il giocatore più presente (144 partite) nei campionati serie A con la maglia dell’Ascoli. Contribuisce a salvarla nell’anno dell’esordio 75/76 e a riportarcela, trionfalmente, nell’anno dei records, il 77/78. La guida al piazzamento più brillante di sempre in serie A, il quarto posto del 79/80, e a molte più o meno sofferte salvezze, che per una squadra come l’Ascoli equivalevano a vincere, oggi, una Champions League.

 

Francesco Scorsa lascia Ascoli, e tantissimi amici, a quasi trentasette anni per chiudere la sua carriera di giocatore vicino casa, a Ravenna, in C2. Prova a riproporsi senza acuti, come allenatore, in diverse squadre del Meridione. In questa veste ritrova anche, fugacemente, nella stagione 96/97, ora in serie C1, il suo Ascoli. I fasti degli anni 70 e 80 sono ormai, per tutti, solo un ricordo. Di quelli belli però, indimenticabili. Come quelli legati a lui. Che torna sempre volentieri dalle nostre parti, come in occasione dei festeggiamenti per i 120 anni dell’Ascoli. In una foto, all’uscita in campo dal sottopassaggio, risponde con un saluto all’ovazione che il pubblico gli tributa. Orgoglioso di quella maglia a strisce bianche e nere che è tornato, almeno per un giorno, ad indossare. Ciao Francesco.

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