di Gabriele Vecchioni
La piana di Campovalano è una vasta area pianeggiante di circa 200 ettari, nel territorio amministrativo di Campli; si stende ai piedi delle Montagne Gemelle, importante punto di riferimento territoriale, dal punto di vista geografico, storico e culturale, come già aveva scritto (1995) Vincenzo D’Ercole: «Sicuramente le due montagne gemelle dei Fiori e di Campli (…) hanno svolto una costante funzione di riferimento territoriale, apprezzabile a grande distanza, sia marcando un confine “fisico” fra due ambienti ecologicamente diversi (pianura e montagna), sia rivestendosi di forti significati simbolici, tipo origine della vita».
Campovalano, frazione del comune di Campli, si trova sulla strada provinciale Piceno-Aprutina (SP n. 81), a pochissimi km dalla città dei Farnese e a una decina di chilometri da Teramo. La necropoli (o, meglio, quel che resta di essa e le moderne strutture di accoglienza) è situata nei pressi della chiesa di San Pietro Apostolo (secc. VIII e XIII), sorta vicino a un convento benedettino.
Le Montagne Gemelle e l’area del Distretto tra i due Regni hanno visto eventi storici importanti. Le motivazioni della dovizia di testimonianze storiche (che coprono un arco temporale assai ampio) possono essere individuate principalmente nella particolare posizione geografica di transizione tra i grandi massicci dell’Appennino Centrale, i Monti della Laga e le colline del Teramano, nella vicinanza di centri importanti quali Ascoli Piceno, Teramo, Civitella del Tronto, Campli, Torricella Sicura e Valle Castellana e nella condizione di confine geografico e politico, prima tra due Stati (lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli), poi tra due regioni, all’interno dello Stato unitario italiano.
Il periodo di riferimento che interessa per gli scopi dell’articolo è quello dell’epoca protostorica. Ritrovamenti archeologici (strumenti litici, amìgdale, resti di offerte per riti della fecondità) appartenenti a epoche che vanno dal Paleolitico (100.000 anni fa) all’età del bronzo (fino al sec. IX AC), si sono avuti sulla Montagna dei Fiori, sul Colle San Marco (estrema propaggine di travertino del massiccio, a settentrione) e nella Grotta Sant’Angelo, nelle Gole del Salinello. I reperti sono esposti nei Musei archeologici di Ascoli Piceno, Chieti e Campli.
Dal sec. IX AC (la cosiddetta Età del Ferro) le Montagne Gemelle fanno parte del territorio dei Piceni, uno spazio geografico che comprendeva gran parte delle attuali Marche e dell’Abruzzo e che andava dal fiume Foglia, a nord, fino al Pescara, a sud. Proprio alla popolazione dei Piceni viene attribuita la grande necropoli di Campovalano.
I PICENI
La “comparsa” dei Piceni nello scenario della Penisola risale all’Età del Ferro; sull’origine di questo popolo bellicoso, dedito alla pastorizia, sono fiorite molte leggende, la più nota delle quali vuole che siano giunti in zona dall’area sabina, al seguito di un animale totemico sacro a Marte, il picchio (dall’etimo latino picus sarebbe derivato picenus). Il rito del ver sacrum (le ondate migratorie della Primavera sacra) che avrebbe dato origine al popolamento dell’area e alla nascita della città di Ascoli Piceno, è ben conosciuto e utilizzato anche per giustificare il popolamento di altre aree, sempre al seguito di un animale totemico (quasi sempre teofania del dio Marte). Ricordiamo solo gli ispirati versi di Giulio Salvadori (1885) che ricordano l’arrivo dei migranti nella nostra area: «… quaggiù la sacra primavera scese dalla Sabina, e i mille astati qui fermò il connubio sacro dei fiumi; onde le argentee spire vider del Tronto, la selvaggia valle rompere al mare».
Al di là dell’aspetto poetico del mito, l’origine dei Piceni è da ricercare, forse, in una più prosaica fusione tra le popolazioni stanziali del Neolitico, in lenta evoluzione culturale, e quelle, nomadi, di civiltà appenninica. Le civiltà appenniniche si svilupparono durante l’Età del Bronzo nelle zone interne, in gruppi a struttura patriarcale con un’economia pastorale con transumanza stagionale monte-valle. I Piceni erano organizzati in tribù, indipendenti e con differenze linguistiche; non furono mai un’entità politico-amministrativa forte ma la necessità di difendere le proprietà ne forgiarono il carattere bellicoso, una qualità confermata dai corredi di armi rinvenuti nelle tombe della necropoli di Campovalano.
LA PIANA DI CAMPOVALANO
E’ stata utilizzata come area agricola durante l’Età del Bronzo (fino al sec. XIII AC); è nel sec. X AC che diventa un enorme “campo dei morti” nonostante nelle vicinanze non siano stati trovati resti significativi di centri abitati.
La città dei morti. Nel 1964, qui fu scoperta, durante un’aratura, un’area sepolcrale di vaste dimensioni. Successive campagne di scavi hanno permesso di accertare che nella Piana di Campovalano non ci sono resti archeologici che si riferiscono a centri abitati (l’area può essere definita un “cimitero senza città”); furono rinvenuti, invece, muretti a secco di contenimento e i resti di una “via sacra”, una strada sepolcrale brecciata con pietre di fiume, piuttosto larga (circa 4 metri): in conformità ai ritrovamenti, si pensa che il luogo sia stato adibito per un periodo di tempo lunghissimo (all’incirca per 1000 anni!) a esclusivo uso cultuale. Si ritiene che Campovalano possa aver ospitato i resti di un numero molto alto di tombe (che potrebbe arrivare fino a 10 000 sepolture!), anche se quelle “scavate” a tutt’oggi sono 621. La presenza di una “via sacra”, una strada sepolcrale lastricata che solca, da nord a sud, l’intera necropoli di Campovalano, la regolarità delle fosse e l’alto numero di inumati, adagiati con cura su stuoie vegetali o pelli, fecero subito pensare a un’area cultuale accuratamente progettata.
La necropoli, situata su un terrazzo alluvionale a 450 m sul livello del mare, era costituita da numerose tombe a fossa, delimitate da sassi disposti circolarmente. Le tombe erano foderate con pietre disposte di taglio, e i cerchi potevano limitare un’area comprendente fino a otto tombe, anche bisòme (contenenti, cioè, due inumati) e di diversa cronologia. La tipologia delle tombe a fossa, la presenza di recinti circolari di pietre (per alcuni, potrebbero essere legati a una simbologia ciclica morte-ritorno alla vita), i ricchi corredi funebri (appartenenti a un periodo temporale compreso tra il X e il III sec. AC), permisero di attribuire il sito all’area culturale picena.
Gli scavi archeologici hanno portato alla luce diversi reperti e hanno permesso di ricostruire quadri della vita di allora. Data la lunga frequentazione del sito nel corso dei secoli, è meglio affidare a specialisti un discorso di sintesi sulle varie fasi della necropoli: chi fosse interessato, può usufruire delle utili guide del Museo archeologico e dei diversi lavori esistenti sull’argomento in questione. Qui ricordiamo che furono rinvenuti oggetti caratteristici di una comunità pastorale, relativa alla prima fase: i bollitoi, utilizzati con appositi colini per la lavorazione del latte per la produzione di ricotta e formaggi. Della comunità che dimorava in loco nell’Età del bronzo (1700-1400 AC) faceva parte, poi, un esperto metallurgo, specializzato nell’ottenimento del bronzo, grazie alla fusione, ad alte temperature, di rame e stagno: la prova è nel rinvenimento di forme di fusione per asce in bronzo.
LE SEPOLTURE DI CAMPOVALANO
I sepolcri femminili contenevano corredi funebri costituiti da vasellame in ceramica e in bronzo, spiedi di ferro e ornamenti vari (fibule, pendenti, anellini e, in un caso, uno scettro in pasta vitrea di gusto fenicio).
Le tombe maschili presentavano repertori di armi d’offesa (teste di mazze ferrate, lance, spade e coltelli) e, in un caso, di difesa (uno splendido elmo corinzio di bronzo e uno schinière, anch’esso di bronzo). A proposito di quest’ultimo ritrovamento, lo schiniere è singolo perché, forse, se ne indossava uno solo, a protezione della gamba più esposta (la sinistra); l’elmo corinzio, con le paragnatidi (paraguance) completamente chiuse, assomiglia a un moderno casco integrale.
I corredi più interessanti sono quelli relativi alla già citata Età del ferro (secc. VII-VI AC); furono rinvenuti elementi che testimoniavano un’influenza etrusca (in una tomba – definita “tomba di un capo” – fu rinvenuto un carro con ruote di legno e ferro) e una coppia di bellissimi morsi di cavalcature.
«Caratteristiche delle deposizioni maschili sono le armi attraverso le quali possiamo capire il modo di guerreggiare nel settimo secolo AC: vi sono dei capi montati su carri di legno e ferro alle cui spalle vi è una schiera di fanti armati con due lance e un pugnale. Nel corso del sesto secolo AC si afferma l’uso di combattere a cavallo armati con una spada lunga da usare di taglio (V. D’Ercole)». Ancora D’Ercole ci informa che «Comuni alle sepolture di ambedue i sessi sono i servizi di vasi in bronzo o in ceramica fatta a mano che testimoniano la rilevanza dell’ideologia del banchetto. Il significato, anche simbolico, del convivio è rimarcato altresì dalla presenza di gruppi di spiedi in ferro».
IL MUSEO DI CAMPLI
I reperti di Campovalano sono stati riordinati nel Museo di Campli, ospitato nell’antico convento (sec. XIII) addossato alla chiesa di San Francesco; alcune sale dell’edificio ospitano gli eleganti corredi funerari, organizzati razionalmente in ordine cronologico. Il Museo merita una visita attenta; lasciamo al visitatore il piacere di un “viaggio nel tempo”, alla scoperta dei tanti oggetti esposti, molti dei quali mostrano come i popoli che utilizzavano quest’area sepolcrale fossero aperti a relazioni e a commerci che oggi definiremmo “internazionali”.
Il sito del Ministero della Cultura informa che «Con l’ausilio di ricostruzioni grafiche e ambientali, il percorso espositivo illustra l’evoluzione del rito funerario presso la comunità di Campovalano di ambito culturale Medio-Adriatico o Piceno […] con l’esposizione dei corredi dal periodo orientalizzante (secc. VIII-VII AC) fino al periodo ellenistico e alla conquista romana (secc. IV-III AC)».
IL PARCO ARCHEOLOGICO
Nell’area della necropoli di Campovalano è stato realizzato un parco archeologico molto interessante, collegato al Museo Archeologico di Campli, con la ricostruzione di un tumulo, una tomba didattica e diverse attività interattive multimediali. Il parco archeologico è visitabile e dispone di personale specializzato; l’apertura è a cura del Comune di Campli (gli orari di apertura sono disponibili sul sito www.visitcampli.it).
(un ringraziamento a Evelina Di Berardo per la preziosa collaborazione)
SE VI SIETE PERSI QUALCHE REPORTAGE DI GABRIELE VECCHIONI…..
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