di Lino Manni
Il numero 47 nella smorfia napoletana rappresenta il morto, una figura un po’ macabra che nello stesso tempo potrebbe essere associata al dolore. Già, il dolore per aver perso una partita – al minuto 47 del secondo tempo – dove lo 0-0, ormai scontato, era il risultato più giusto. L’Ascoli ha giocato una buona partita anche se non ha mai tirato in porta. Il portiere del Palermo, Pigliacelli, insomma, non ha dovuto… pigliare niente. Mi ci è voluto un po’ di tempo per focalizzare il Dionisi in campo. In un primo momento ho pensato all’ex capitano, Federico. Ma non era lui ma un altro, stesso nome e stesso cognome. L’ho capito quando ha decretato un calcio di rigore (inesistente) a favore del Palermo. Ci sono voluti oltre tre minuti di discussioni prima di andare a rivederlo al Var, dove si è reso conto di aver preso un abbaglio. Poi un altro errore, perchè non ha ammonito il giocatore che simulando si era procurato il presunto rigore. Lo stesso arbitro durante la partita ha permesso al Palermo di giocare ai limiti della correttezza sorvolando su diversi falli commessi ai danni dei bianconeri. Resta il problema di una squadra, l’Ascoli, che tira quasi mai in porta, con la manovra che si interrompe sulla trequarti. Manca insomma il giocatore capace di saltare l’avversario e creare superiorità. Il Bidaoui, o il Sabiri, o il Ninkovic di turno per intenderci.
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