di Andrea Ferretti
Il bello, anzi forse il brutto, è che durante campagne elettorali e dintorni si aggirano ovunque, famelici di voti, pronti ad abbrancare la preda. Tra la folla o fermi al banchetto, circondati dai loro adepti altrettanto famelici. Cordiali, col saluto pronto, pazienti e pronti ad ascoltare tutto e tutti, indistintamente. A promettere mari e monti. Soluzioni, provvedimenti, aiuti e via dicendo. Firma di qua e firma di là, che l’obiettivo è farsi votare da più persone possibile, niente altro.
E infatti…
Dietrologia (ma fino a che punto?) dice che, in caso di elezione, si attui una trasformazione in coloro che prima arrivavano quasi a placcarti per strada: da promotori del dialogo a esseri inarrivabili, irraggiungibili, difficilmente intercettabili. Muti. E la domanda che si pone l’uomo comune è sempre la stessa: perché?
Lo stesso “perché” che si saranno posti (non solo) i tantissimi elettori di centrodestra, che alle ultime elezioni del settembre 2020 consegnarono la Regione a Francesco Acquaroli e alla coalizione composta da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Unione di Centro, Lega e alcune liste civiche: totale, 49,13%, dei voti. Vale a dire uno su due.
Tra i partiti che appoggiarono l’ex sindaco di Potenza Picena, appunto, c’era anche la Lega, che non a caso entrò in forze nella giunta successivamente nominata con Filippo Saltamartini (alla Sanità), Giorgia Latini (ex assessore al Comune di Ascoli, per lei arrivarono Cultura, Istruzione, Sport) e Mirco Carloni (Attività produttive e Agricoltura). Gli ultimi due, dopo essere stati eletti alle politiche del 2022, erano stati sostituiti Chiara Biondi e da un altro ascolano, Andrea Antonini.
E fin qui ci siamo, più o meno.
Poi, però, e la politica degli ultimi anni (di ogni schieramento) ci ha tristemente abituati a questo, subentra la parte incomprensibile, quanto meno per lui, sempre lui, l’uomo comune. L’ennesimo esempio che ha portato l’astensionismo e la sfiducia verso la politica a livelli record.
È di qualche giorno fa, infatti, uno dei teatrini più assurdi e stucchevoli mai andati in scena a Palazzo Raffaello: una serie di anelati rimpasti della giunta che guida la Regione, scambi di assessorato, siluramenti, fiducie e sfiducie, paventati ricatti e contro-ricatti di cui alzi la mano chi ci ha capito qualcosa. Saltamartini via dalla Sanità, Biondi e Antonini via dalla giunta, dentro un tecnico e l’ex Pd (ora Lega, sembra, ma non si sa mai) Monica Acciarri, pure lei ascolana.
Il tutto, sembrerebbe, sotto la regia della stessa Latini, che della Lega è segretario regionale e che avrebbe imposto tutto ciò. Anche se, tra una ricostruzione e l’altra, tra comunicati stampa che si smentiscono, voci e rumors che manco lo scandalo Watergate, forse nemmeno su questo si può mettere la mano sul fuoco. Come non si può mettere, ma anche qui sembra piuttosto chiaro, soprattutto dopo le recenti dichiarazioni (leggi qui), che a stoppare tutto ci sia stata l’inamovibilità di Acquaroli, che non ha ceduto al “giochetto”.
Nel frattempo, come non comprenderlo, all’uomo comune, ammesso che abbia davvero capito cosa stia succedendo, ronza in testa la solita e basilare domanda: ma perché?
Proprio qui sta il nocciolo della questione: in un mondo parallelo, utopico purtroppo, ci si sarebbe stracciate le vesti per spiegare all’elettore, alla gente, a chi paga le tasse, cosa è davvero accaduto, e soprattutto i motivi di un qualcosa che è andato avanti per giorni causando inevitabili polemiche e reazioni. Invece niente. Silenzio da ogni angolo del ring, nonostante le richieste di chiarimento. Tutti muti, a parte qualche riga ufficiale di circostanza. Ci mancherebbe.
E va bene che non è periodo di elezioni, e va bene che l’uomo comune va placcato solo ogni quattro o cinque anni e poi dimenticato là da una parte, come fosse meritevole di rispetto e considerazione solo durante i periodi di caccia al voto, e va bene che la trasparenza di certi palazzi sta solo nell’architettura e che i politici, spesso, non rendono conto neanche a loro stessi. Va bene, sì. Ma così sembra un tantino troppo.
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