di Pier Paolo Flammini
La questione del controllo pubblico di Picenambiente, di cui si discute, specie nella politica sambenedettese, oramai da anni, rischia di approdare a un binario morto. Se, assieme a San Benedetto, la richiesta di un controllo pubblico della società partecipata si è estesa a altri comuni (leggi qui), vi sono invece altri enti locali che ancora non hanno formalizzato questa richiesta.
Aspetto decisivo perché la maggioranza dei soci pubblici possiede il 50,41% delle quote, e dunque, se anche solo uno di essi non esercitasse questa possibilità, non sarebbe possibile far scattare il controllo pubblico della Picenambiente: che resterebbe una società con la maggioranza delle quote pubbliche ma con un controllo di tipo privato.
Tra i Comuni che non hanno richiesto questa possibilità figurano Offida, Ripatransone, Castignano, Appignano, Maltignano e Grottammare. Comuni, per lo più, con una presenza importante del Pd nella maggioranza. Proprio quest’ultimo, come comune più grande, ha una quota pari al 5,82% e dunque maggiore rilevanza strategica relativa.
«Abbiamo comunicato al comune di San Benedetto, prima della riunione che era stata convocata, a cui non abbiamo partecipato, che non siamo interessati alla sottoscrizione di patti parasociali» spiega proprio il sindaco di Grottammare, Alessandro Rocchi. La qual cosa, dunque, avrebbe il significato di mettere fine alla lunga discussione avvenuta a San Benedetto prima con la giunta Piunti e poi, in parte, con l’attuale giunta Spazzafumo, tanto che uno dei più attivi sostenitori del controllo pubblico di Picenambiente, Giorgio De Vecchis, ha abbandonato la maggioranza Spazzafumo anche per dissidi su questo aspetto.
«Si tratta di una questione nata all’interno della precedente Amministrazione sambenedettese – conferma Rocchi – Ricordo che nel frattempo c’è stata una sentenza del Tar nella quale si spiega che per realizzare un patto parasociale come quello tra tutti gli enti partecipanti al capitale di Picenambiente, tutti gli stessi enti comunali devono essere d’accordo».
«Noi però non vediamo quale sia il vantaggio di sottoporre la Picenambiente al controllo pubblico – aggiunge, ricordando che la stessa posizione fu tenuta dal suo predecessore, il sindaco Enrico Piergallini – Non ci sarebbe alcuna differenza nella gestione del servizio. Ho partecipato io stesso all’Assemblea dei soci di Picenambiente, e non ci sono differenze rispetto a un patto parasociale in cui i sindaci esprimono un proprio rappresentante in seno alla società».
«Da quel che so, non ci sono mai state divisioni tra i sindaci. Perché, allora, creare una ulteriore struttura che dobbiamo oltretutto normare: come prende le decisioni, a maggioranza, a maggioranza qualificata, all’unanimità? Si creerebbe ulteriore burocrazia e perdita ti tempo» dice Rocchi.
Coloro che chiedevano il controllo pubblico di Picenambiente, specie le opposizioni alla giunta Piunti, affermavano che in questo modo l’intero insieme di atti della Picenambiente, come acquisti e assunzioni, sarebbe stato obbligatoriamente pubblico: «Beh, un sindaco se vuole un approfondimento della gestione può farlo e avere tutta la documentazione necessaria. Questo argomento è una polemica interna a San Benedetto. La Picenambiente, come le altre partecipate, per le Amministrazioni Comunali sono una formalità contabile quando occorre approvare il bilancio delle partecipate. Perché dobbiamo ingessare ulteriormente le procedure e creare ulteriore burocrazia e riunioni?».
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