di Pier Paolo Flammini
Davvero complimenti. Con “Barbarìa“, presentato venerdì 27 ottobre nella Sala della Poesia del Palazzo Piacentini, davanti a un numerosissimo pubblico, è stata inaugurata la collana dei Libri d’Archivio di San Benedetto. Ottima rilegatura, “Barbarìa” è stato scritto dall’archivista e storico del Comune di San Benedetto Giuseppe Merlini, con una preziosa nota introduttiva di Luigi Anelli.
“Barbarìa” raccoglie documenti in merito alle razzie di marinai e imbarcazioni adriatiche e sambenedettesi in particolare avvenute per le incursioni dei barbareschi, molto frequenti tra ‘700 e ‘800. I marinai sequestrati venivano poi condotti a Tunisi e Algeri, dove lavoravano come schiavi, anche se non nell’accezione violenta che assegniamo al termine: qualcuno infatti diventò collaboratore del bey, la più alta carica politica di Tunisi.
La ricostruzione storica molto accurata, che abbraccia le incursioni berberesche avvenute nelle Marche ma anche in Abruzzo, all’epoca borbonico – molto interessante è la descrizione dei metodi di ricerca adottati su indicazione di Merlini scritta da Anelli – si concentra principalmente sui marinai sambenedettesi predati nel 1803 e nel 1815, nelle ultime due incursioni berberesche che interessarono San Benedetto e Porto San Giorgio nel 1805.
Furono ben 89 i marinai sequestrati nel 1803 (il più piccolo, Ferranti Nicola Di Pietro, aveva 10 anni), 32 sangiorgesi nel 1805 (anche qui il più piccolo, Onofrio, di 10 anni), e 38 sambenedettesi nel 1815 (il più piccolo, Pietro Rosetti, di 7 anni).
Attraverso la mediazione degli inglesi, i sequestrati furono poi liberati e sbarcarono, negli anni successivi, a Civitavecchia, anche se alcuni di loro preferirono restare a Tunisi, all’epoca città metropolitana e multiculturale, per dedicarsi spesso ad attività commerciali che interessavano tutto il Mediterraneo. Interessante la ricerca svolta anche su coloro che, rimasti a Tunisi, ebbero poi discendenze che oggi si trovano sparse tra l’Italia, la stessa Tunisia o la Francia. Qualcuno tornò a San Benedetto soltanto molti anni dopo, successivamente all’Unità d’Italia.
Giancarlo Brandimarti, infine, introduce la versione in prosa e commento del testo poetico della cantata di Luigi Frenguelli, che fu messa in scena il 27 ottobre 1844 al Teatro della Concordia, ricordando proprio l’evento del ritorno dei marinai sambenedettesi.
Che dire: un primo volume di una collana che promette di essere davvero interessante, e consegnare a San Benedetto alcune pagine di una storia in gran parte tutta da scrivere.
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