di Pier Paolo Flammini
È stato l’anima della boxe sambenedettese degli ultimi decenni, e un punto di riferimento per lo sport e per la vita cittadina. Kabunda Kamanga, conosciuto a tutti col nome di Kaflot, si è spento lunedì 6 novembre, all’età di 66 anni, a causa di un male incurabile. I funerali si svolgeranno giovedì 9 novembre alle ore 15,30 al Palazzetto dello Sport di San Benedetto. E’ lì che Kaflot dirigeva la Kaflot King Boxe, associazione sportiva che aveva richiamato, nel corso degli anni, tantissimi ragazzi e ragazze.
«Con lui ci lascia una figura centrale dello sport sambenedettese che, nel periodo a cavallo tra due secoli, si fece carico di rimettere in piedi uno sport che nella nostra città ha una storia centenaria: il Pugilato» scrive l’amico Luigi Cava, impegnato per anni al suo fianco nella promozione della boxe.
«Se Renato De Panicis, Maestro a cui è intitolata la palestra pugilistica sambenedettese, è stato il punto fermo della pugilistica rossoblù nella seconda metà del secolo scorso, Kaflot è stato l’indiscusso protagonista del nuovo secolo per oltre vent’anni – continua – È stato proprio lui a portare all’agonismo decine e decine di pugili con una tecnica di insegnamento che era unica e ispirata, come spesso ricordava, da quella scuola pugilistica africana che aveva respirato gli stessi profumi di quello che fu certamente il più leggendario degli incontri della boxe di ogni tempo: il match tra Mohammed Alì e George Foreman a Kinshasa nel ’74».
«Ma quello che di lui resterà impresso nella memoria di chi lo ha conosciuto sarà lo stile di vita che seppe trasmettere a chi frequentava i suoi corsi di pugilato. I suoi aneddoti resteranno immortali per l’originalità con cui li ha raccontati trasferendo messaggi che resteranno scolpiti nella mente e nel cuore di ognuno – ricorda Cava – la boxe al centro di tutto come religiosa portatrice di benessere, di saggezza, di valori. Ripeteva “Se ti entra dentro ti rimane per sempre e anche se per un po’ ti allontani, alla fine torni qui a sudare in palestra, la nostra casa“.
«Ci lascia un uomo libero, forte, saggio, insostituibile nel suo ruolo perché ha rappresentato un Unicum merita di essere celebrato per quello che ha saputo consegnare alla nostra città e trasmettere alle generazioni di giovani e meno giovani con il suo impegno quotidiano in ciò che amava» si conclude il ricordo dell’amico.
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