di Andrea Ferretti
L’Ascoli sprofonda in classifica e stavolta non ci sono attenuanti. Gruppo e lavoro sono parole che in questi casi non reggono più. Il calcio è fatto di numeri e vince sempre chi fa un gol più dell’avversario. Al Como di reti è bastato segnarne una, mentre all’Ascoli non sono stati sufficienti 92 minuti, recuperi compresi, per raddrizzare un pomeriggio double face, fondamentalmente imbarazzante. Nel primo tempo sembrava di assistere ad un allenamento tra una qualunque prima squadra e uno sparring partner modello squadra di paese messe in piedi durante il ritiro estivo richiamando la gente che sta al mare per sfidare la big di turno.
Viviano non c’è e Barosi il sostituto non sa usare i piedi, Bellusci e Quaranta sono buoni difensori ma impostare il gioco da dietro è un’altra cosa. Longo, l’allenatore del Como, questo lo sapeva e ha ordinato ai suoi di pressare altissimo. Telegramma dopo 45 minuti: Ascoli incapace di costruire un’azione e avvicinarsi all’area avversaria, a volte anche di superare la metà campo, e ospiti padroni del campo. Il duplice fischio dell’arbitro, che ha mandato tutti negli spogliatoi evitando la seconda capitolazione già nell’aria, è giunto come manna dal cielo. Falzerano in pochi mesi è passato dall’essere messo al bando da società, tecnico e tifosi a pedina insostituibile. Da diverse partite risulta tra i migliori: senza nulla togliere al tuttofare bianconero, la situazione si commenta da sola.
L’Ascoli è scivolato in zona playout, parola di solito vietata nelle prime partite “perché, si sa, il campionato è lungo”. Ma in questo torneo di B, fatto di 38 partite, l’Ascoli dopo 13 gare ha racimolato la miseria di 12 punti, 7 in meno rispetto alla passata stagione. Lo score? Sconfitte 7, pareggi 3, vittorie 3, gol segnati 13, gol subìti 17. Quella con il Como è stata la settima sconfitta, terza consecutiva. Inutile prendersela con Caligara o con Giovane stavolta irriconoscibili. O con Mendes che non segna più. O con Nestorovski che spesso vaga nel deserto. O con Bayeye e Falasco che sulle fasce incidono tra poco e niente. O con Di Tacchio che ha sostituito Buchel per fare il difensore aggiunto.
“Il mercato a campionato iniziato è un grosso problema”. L’Ascoli lo ha ripetuto più volte. Ma a campionato iniziato il mercato era aperto per tutti e non solo per il Picchio, che ha invece pagato un conto salatissimo andando di nuovo in confusione, dopo quella patita lo scorso anno. Squadra smembrata rispetto al passato campionato, poi riappiccicata alla meno peggio, quindi smembrata di nuovo. Tralasciando le partenze dei senatori Dionisi, Buchel e Eramo, nel frattempo sono arrivate le prime due sconfitte consecutive di Cosenza con i tre espulsi da “Guinness World Records” e di Modena, poi quelle contro Sudtirol e Palermo (di fila pure queste), infine l’ultimo tris tutto d’un fiato contro Parma, Bari e Como.
Non è una frase fatta, ma le responsabilità in questi casi vanno equamente suddivise. E allora suddividiamole tra società, allenatore e giocatori. Società non è qualcosa di astratto, ma dirigenti che fanno capo al patron Pulcinelli, e che al direttore sportivo Valentini avevano impartito input ben precisi, salvo poi silurarlo. A pagare per tutti, di solito, è l’allenatore. Viali, complice la sosta in arrivo, potrebbe avere le ore contate. Dovesse andare così, ecco che sul capitolo tecnici del libro paga di Corso Vittorio si aggiungerebbe un’altra voce dopo Viali e, prima di lui, Bucchi al quale venne prolungato il contratto poco prima dei saluti. A discolpa di Viali va detto che si è trovato in mano una squadra, poi un’altra, poi le squalifiche, gli infortuni e anche una buona dose di sfortuna.
Quest’anno l’Ascoli non è partito male ma malissimo. Fin dal ritiro. Questo ko con il Como arriva dopo la vittoria in rimonta (2-1) nell’amichevole di Cascia contro l’Atletico Ascoli (squadra di Serie D), della vittoria (5-0) contro il Tolentino (squadra di Eccellenza) giocata a Porto San Giorgio, della sconfitta (2-1) contro la Recanatese (squadra di Serie C) giocata a Porto Sant’Elpidio, della sconfitta (3-1) con eliminazione in Coppa Italia a Verona.
L’Ascoli insomma, da quando la scorsa estate si radunò al “Picchio Village” per poi trasferirsi a Norcia, ha battuto l’Atletico Ascoli, il Tolentino, le neopromosse Feralpisalò e Lecco e la Ternana, tre squadre messe peggio. A Terni si sono messi nelle mani di Breda, il tecnico che lo scorso campionato venne chiamato al capezzale dell’Ascoli reduce da uno stato confusionale. L’inizio con il 4-3-3 puntando sugli esterni Bidaoui, Falzerano, Lungoyi, Ciciretti e relegando Dionisi in panchina. Poi il cambio di modulo, Buchel e Bidoaui fuori squadra, Buchel che alla fine resta e Bidaoui mezzo regalato al Frosinone. E l’incomprensibile vicenda di Leali infortunato e sostituito da Baumann che venne ingaggiato e mandato in campo con le valige ancora in mano come se l’Ascoli non avesse altri portieri. Lo stato confusionale parte da lontano.
“Pulcinelli guarda che rovina” e “Viali vattene” i cori che si sono levati dalla Curva Nord negli ultimi minuti di gioco e dopo il triplice fischio di Ascoli-Como. Quindi tutti a casa a leccarsi le ferite per poi tuffarsi sulle imbandite tavolate di San Martino. Castagne e vino novello: meglio berci sopra.
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