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Covid, 31 ricoverati nel Piceno e Pronto Soccorso in affanno: «Ospedali organizzati, ma senza il vaccino i numeri rischiano di aumentare»

SONO le parole del dottor Giancarlo Viviani, direttore del Presidio unico ospedaliero, che lancia l'allarme sulle ormai imminenti Feste natalizie: «C'è ancora tempo, anche se poco, per evitare il periodo di massima diffusione del contagio. Vanno protette le persone fragili. Per gli operatori sanitari ricorrere alla protezione è un dovere etico»
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Nel riquadro, il dottor Giancarlo Viviani

 

 

di Maria Nerina Galiè

Contagi Covid in crescita nel Piceno e tante richieste di cure ospedaliere, come nel resto del territorio nazionale, è bene precisarlo.

Sono 31, in questi giorni, i pazienti ricoverati negli ospedali della provincia, per o con il virus che ha messo in ginocchio il mondo intero non più di due anni fa. Solo ad agosto scorso è stata dichiarata la fine dell’emergenza, con la decadenza di restrizioni e obblighi, fuori e dentro gli ospedali.

 

Si tratta, al momento, di 12 persone al “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, una delle quali intubata nel reparto Rianimazione, e 19 al “Mazzoni” di Ascoli, 6 di loro sono a Pneumologia per serie patologie polmonari, oltre che contagiate dal Coronavirus.

Il 118 come i Pronto Soccorso sono in affanno, per le continue chiamate e per l’organizzazione dei posti letto con apposito percorso.

 

Ma come sono organizzati, ora, gli ospedali del Piceno per accogliere i contagiati? E soprattutto, se i numeri dovessero aumentare, cosa potrebbe accadere?

Ieri, 6 dicembre, ad Ascoli, un paziente Covid è rimasto per ore nell’ambulanza in attesa di un posto letto. Nessuna conferma ufficiale del fatto che sia accaduto perché il posto non c’era. Ma comunque l’episodio si è verificato.

 

«Nessun allarmismo nulla a che vedere con i continui afflussi di pazienti con gravi patologie respiratorie del periodo buio della pandemia. C’è da precisare – afferma il dottor Giancarlo Viviani, direttore del Presidio unico ospedaliero di Ast Ascoli – che alcuni vengono in ospedale per tutt’altro motivo e risultano positivi al tampone.

Lo facciamo a chi afferisce al Pronto Soccorso con sintomi, come febbre o tosse, ed a tutti gli utenti che devono essere ricoverati. 

La stanza “Sars” dell’ospedale di Ascoli

Al Pronto Soccorso di Ascoli è rimasta attiva la stanza “Sars”, all’interno. Se necessario, ma speriamo che non serva, riattiveremo il container esterno.

Poi al terzo piano, dove c’è l’Obi, ci sono altri locali a disposizione.

Anche a San Benedetto ci sono locali per eventuali degenze Covid all’Obi.

In entrambi i presidi è rimasto attivo il doppio percorso

Poi, quando il paziente viene destinato al reparto, se è Covid avrà una stanza a parte, singola se disponibile, oppure con altri pure contagiati.

Nel reparto Pneumologia c’è una stanza per pazienti con malattie infettive, a pressone negativa, con 4 letti».

E lì adesso i ricoverati sono 6.

 

Negli ambienti ospedalieri c’è preoccupazione per le ormai imminenti Festività natalizie, che favoriscono le occasioni di incontro e, quindi, di diffusione del virus se non ci si protegge adesso.

«Il vaccino impiega circa due settimane per sviluppare gli anticorpi che, se non evitano del tutto di restare contagiati, di certo mitigano i sintomi», le parole del dottor Viviani.

 

C’è anche una sorta di “delusione” per la scarsa risposta alla campagna vaccinale. Il ceppo che ora va per la maggiore, Eris, è molto contagioso ma i suoi effetti non sono devastanti. Per chi è sano. E’ pericoloso, come lo è l’influenza, per gli anziani o per chi ha patologie concomitanti, avvisano gli esperti.

«Al di là dei dati – sottolinea il direttore degli ospedali di Ast Ascoli – è evidente che c’è stata una bassa adesione all’invito alla vaccinazione».

Si parla infatti, a livello nazionale ed il Piceno è in linea, del 5% nella fascia 60-80 anni e di soltanto l’8% tra gli ultra ottantenni.

Proprio quelli che sono stati i primi, a febbraio del 2021, a ricevere il prezioso farmaco che pian piano ha posto fine alla pandemia, perché più a rischio di complicanze.

 

«Il vaccino, per il Covid come per l’influenza e per tutti i virus in circolazione, è il primo scudo per difendere noi stessi e le persone fragili, con cui condividiamo spazi e socialità.

A maggior ragione negli ambienti ospedalieri, dove è necessario, sebbene non obbligatorio ora, l’utilizzo dei dispositivi di protezione, mascherine e guanti, ed i comportamenti come il lavaggio delle mani. Questo da parte del personale ma anche dei visitatori.

E’ inoltre un dovere etico, per alcune categorie – tuona il direttore degli ospedali piceni – come gli operatori sanitari, ricorrere alla vaccinazione. Per agevolarli, in ospedale abbiamo messo a disposizione l’ambulatorio vaccinale della Dmo, con nostro personale pronto alla somministrazione quando arrivano le richieste».

 

 

 

 


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