di Gabriele Vecchioni
(foto APT del 1999)
IL BORGO
Castel Trosino è una frazione a pochi chilometri da Ascoli, appollaiata su uno sperone roccioso di travertino, a lato della strada provinciale che, per arrivare al centro di Valle Castellana, costeggia il corso del torrente Castellano, la cui valle è una delle “porte” per lo straordinario mondo dei Monti della Laga.
È un luogo ben conosciuto dagli ascolani e quindi non serve ripetere le descrizioni che di solito accompagnano i pezzi che lo riguardano. Riportiamo solo le parole con le quali Amedeo Grilli, presidente della Fondazione della Carifermo, nell’Introduzione di un volume – del 1997, l’ultimo edito dalla scomparsa APT – sul borgo: “Esistono dei luoghi dove è possibile trovare una perfetta armonia tra storia, ambiente, vita. Castel Trosino, minuscola ma non di meno graziosa memoria della storia picena, è uno di quei luoghi a due passi dalla frenesia del moderno racchiude il fascino di un viaggio in bilico tra storia e leggenda, in un ambiente naturale dotato di una propria peculiarità di rara bellezza”.
La sintesi aulica ben descrive l’atmosfera di Castel Trosino (Castielle per gli ascolani), sorta di “paese incantato” che le nebbie autunnali e le nevi dell’inverno trasportano in una dimensione onirica, un palcoscenico ideale per le manifestazioni folkloristiche che vi si tenevano.
Forse è inesatto inquadrare nell’ambito delle manifestazioni folkloristiche le rappresentazioni che si svolgevano nel borgo castellese d’estate e, più tardi, durante le festività natalizie: la partecipazione popolare spontanea era filtrata attraverso schemi comportamentali omogenei, per rendere fruibili le rappresentazioni anche a spettatori estranei alla realtà locale. La cornice di entrambe le manifestazioni era quella di una dimensione fantastica del Medioevo, anche se lo scenario di tali rappresentazioni era “realmente” medievale: le case addossate, le rue lastricate di selci (ora sostituiti da lastre di travertino), gli orti conclusi, un mare di verde intorno all’abitato.
Ma ora, una breve descrizione degli eventi popolari che si tenevano nel borgo, tutti con un’obiettiva, forte partecipazione di popolo. Ci aiuteranno, nella memoria, le foto a corredo del volume prima citato (Castel Trosino Natura e Storia, 1999), fornite dall’APT.
IL PRESEPIO VIVENTE
Il “mercato” delle rappresentazioni della Natività offriva (e ancora offre) numerose opportunità. Quella di Castel Trosino si metteva in evidenza, oltre che per la straordinarietà dell’ambiente, anche per l’accuratezza della ricostruzione e per la partecipazione autentica dei partecipanti. Il simbolismo francescano della Natività (fu proprio il santo assisiate a “inventare” il presepio a Greccio, nel 1223) trovava qui una degna cornice.
Gli oltre cento partecipanti erano tutti abitanti del borgo o nativi di esso e davano con entusiasmo la propria disponibilità; il palcoscenico della “recitazione” era il loro stesso paese e il fondale era quello che essi conoscevano da sempre: la rappresentazione assumeva un che di reale, di familiare.
LE FESTE MEDIEVALI
Le Feste di Castel Trosino nacquero come corollario alla manifestazione rievocativa agostana della Quintana. L’importante manifestazione ascolana ebbe origine, in tempi relativamente recenti, sotto la spinta popolare. Solo più tardi, la storiografia costruì la necessaria base culturale: gli studi storici confermarono la bontà dell’intuizione popolare.
Oggi, la Quintana è una manifestazione di consolidata tradizione e di spessore nazionale, che attrae migliaia di turisti, desiderosi di immergersi nell’atmosfera particolare della città, quasi un “bagno di medievalità”. Le feste castellesi (e la “cena sociale” ad esse coordinata) erano altrettanto suggestive e trovavano una giustificazione della singolare conformazione del borgo, moderno ma antico al tempo stesso, come si è cercato di spiegare nel corso dell’articolo.
LE FESTE DI PRIMAVERA
Fino a qualche decennio fa era viva, in zona, la tradizione di festeggiare l’arrivo della bella stagione con riti antichi di sapore pagano, ammorbiditi poi dalle dediche a santi cristiani; una di queste manifestazioni era il “piantar maggio” conficcando nel terreno un albero simbolico, un palo, chiaro simbolo fallico. Una delle località sede di questi festeggiamenti era l’area di San Giorgio, sui declivi boscosi davanti alla rupe di travertino di Castel Trosino; nel suo Folclore piceno, Secondo Balena racconta di come la festa piceno-romana in onore della Madre Terra si trasformò in quella in onore di San Giorgio, santo della nuova religione. Alla festa sarà dedicato un prossimo articolo su questa testata.
CONCLUSIONI
È auspicabile un “ritorno al passato” con il ripristino delle feste, oltre alle necessarie operazioni di sistemazione dei sentieri che portano alle interessanti aree vicine Lago di Casette, Fonti salmacine, Monastero di San Giorgio, Aree archeologiche, Necropoli barbarica): riproporre manifestazioni come il Presepio vivente e le Feste medievali potrebbe essere un’interessante iniziativa per vivacizzare la vita della frazione e (ri)creare flussi turistici interessanti oltre che consolidare l’identità sociale del borgo e della città.
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