di Giuseppe Di Marco
E’ un periodo difficile per la sanità in Riviera: lo è soprattutto per il Pronto soccorso, sul piede di guerra per l’imminente piano di riorganizzazione che sta per mettere in campo il vertice dell’Ast 5. Medici e operatori temono un ulteriore ridimensionamento per i settori chiave dell’emergenza-urgenza, vera pietra angolare del “Madonna del Soccorso”.
Quel che si vuole scongiurare è la riduzione dei posti letto e lo smantellamento della Terapia Semintensiva, cosa che potrebbe avverarsi se non venisse confermata la presenza di un medico per la copertura giornaliera. Attualmente si naviga con 8 medici, dai 5 ai 7 pazienti Covid, 5 dimissioni quotidiane e un turnover elevatissimo. Un contesto pronto ad esplodere, se non ci saranno investimenti in grado di potenziare le unità operative che trattano le acuzie.
La riorganizzazione non è ancora stata resa nota né tantomeno decisa, ma un eventuale ridimensionamento nei reparti dell’emergenza potrebbe comportare le dimissioni da parte di diversi medici al Pronto soccorso. Senza la Semintensiva, inoltre, non sarebbe più possibile far venire nuovi specializzandi a San Benedetto. Si attiverebbe, in tal senso, un circolo vizioso dei più classici. La paura è che il “Madonna del Soccorso” resti un ospedale di base, e non di primo livello, come detto più volte dal governo regionale.
Palazzo Raffaello è intenzionata ad andare per la propria strada: le Marche, nell’Ast 5, vogliono realizzare un ospedale di primo livello «spalmato» su due plessi, votando il “Madonna del Soccorso” all’emergenza e il “Mazzoni” al programmato. Ma come sarà possibile una specializzazione di questo tipo, senza un robusto potenziamento del Pronto soccorso? Come sarà possibile continuare a servire un bacino come quello rivierasco senza risolvere i problemi della Medicina d’urgenza, che senza cooperative non riuscirebbe ad andare avanti?
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