Nel convegno proposto recentemente dalla Fondazione San Giacomo della Marca e dal Comitato Arretramento A14 e FS Marche sud è intervenuto anche il dottor Matteo Mazziotta, dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di Statistica (Istat), in cui lo stesso Mazziotta ha presentato le previsioni demografiche nelle province di Ascoli e Fermo per il periodo 2022-2042 da cui si evince che l’attuale modello perseguito di sviluppo delle aree interne indotto dalle presenze straniere, da un turismo ecologico e da produzioni agricole di qualità, stante l’attuale contesto infrastrutturale, non è sufficiente a fermare lo spopolamento delle aree interne.
Dottor Mazziotta, ci può parlare di tali previsioni?
«Le previsioni demografiche dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) sono un fondamentale strumento per tracciare il probabile futuro di una popolazione in termini di dimensione totale e di componenti strutturali. Questo prodotto di statistica ufficiale è utile per i policy-maker in vari campi e contesti: per valutare le tendenze dell’invecchiamento della popolazione per la programmazione sanitaria e previdenziale, per il fabbisogno urbanistico, per quello energetico-ambientale, per l’organizzazione delle strutture scolastiche e la rete dei trasporti. Nel contesto territoriale delle province di Ascoli e Fermo, sembra chiaro che esclusivamente la fascia costiera presenta una sorta di “vitalità demografica” con un saldo non negativo e nascite in crescita. Purtroppo la fascia “media collina” e quella montana sono afflitte da un fenomeno noto in letteratura come “lo spopolamento delle aree interne”; si tratta di territori che non offrono opportunità, in cui intere sacche di popolazione sono costrette a cercare altrove i propri percorsi di vita».
Durante il convegno lei ha presentato un serie di dati sperimentali sul contesto socio, economico e ambientale. Ci può illustrare come sono ricavati questi dati?
«L’Istat da anni sta lavorando all’integrazione tra le indagine dirette, ossia quelle in cui si chiede ai cittadini di rispondere ad un questionario, e le informazioni provenienti da archivi amministrativi (indagini indirette). Si tratta di un processo molto complesso in cui si adoperano informazioni che non provengono da fonti statistiche (i contratti regolari di lavoro dell’Inps, gli archivi automobilistici, gli archivi del ministero sui livelli di istruzione dei cittadini, ecc.) che, dopo un opportuno trattamento, concorrono alla costruzione dei registri statistici. Tali registri ci consentono di arrivare ad avere informazioni socio-economiche molto dettagliate a livello territoriale, fino al Comune e, in ottica futura, anche a livello sub-comunale. Per esempio, sarà possibile nelle grandi città avere indicatori socio-economici a livello di quartiere e rione. E’ una grande operazione di integrazione tra fonti informative che costituirà una vera rivoluzione nelle statistiche ufficiali, costituendo uno strumento imprescindibile per la programmazione economica dei governi locali. Ultimamente l’Istat ha pubblicato sul suo sito internet l’Indice di Fragilità Comunale (Ifc). Il concetto di fragilità dei Comuni è inteso come l’esposizione di un territorio ai rischi di origine naturale e antropica e a condizioni di criticità connesse con le principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo».
Da questi dati emerge, nel contesto della regione, il dato fortemente critico delle Marche sud. Ce ne parla?
«Durante il convegno dello scorso ottobre è stato presentato un indice composito sperimentale molto simile all’Indice di Fragilità Comunale recentemente pubblicato. Si tratta di un unico indice comunale in cui sono sintetizzate tante informazioni di carattere economico, sociale e ambientale. I risultati presentano una geografia delle Marche molto chiara in cui la costa risulta un’area ricca di possibilità con una buona propensione allo sviluppo mentre le aree interne del sud della regione, nelle province di Ascoli e Fermo, sembrano afflitte da una perdurante difficoltà di generare opportunità per i cittadini, specialmente i più giovani. Certamente si tratta di aree interne che ancora non hanno superato le gravissime difficoltà del terremoto. Anche le aree interne delle altre province presentano, anche se in modo più lieve, problemi legati allo sviluppo e alla crescita economica e sociale delle loro comunità».
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