Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno sgominato una banda, formata da italiani e polacchi, che commercializzava, sia sui canali tradizionali che sul web, pezzi di ricambio d’auto rubati.
L’attenzione degli investigatori da tempo si era concentrata su alcuni magazzini ubicati nella zona industriale di Ascoli. All’interno, dopo le perquisizioni coordinate dalla Procura della Repubblica di Ascoli, sono stati rinvenuti, esaminati e catalogati migliaia di pezzi di ricambio: airbag, centraline elettroniche, cruscotti, sterzi, un motore usato completo, parti di carrozzeria varie.
Ma anche altro materiale, tutto di recente costruzione, di automobili Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Jeep, Iveco, Bmw, Audi, Mercedes, Jaguar, Mini, Land Rover, Volvo, Chevrolet, Citroen, Dacia, Renault, Ford, Nissan, Peugeot, Porsche, Volkswagen, Peugeot, Skoda, Seat, Toyota, Suzuki, Kia, Mitsubishi, Honda.
Al termine degli accertamenti investigativi operati dalla Polizia Stradale su oltre duemila componenti e accessori, per centinaia di pezzi è stata appurata la provenienza illecita, ovvero provenivano da auto rubate in tutta Italia, private di componentistiche di pregio e infine stoccati ad Ascoli per la loro successiva commercializzazione.
La vendita al pubblico avveniva in un negozio di Ascoli, ma parallelamente era attiva anche una attività di vendita online tramite siti web creati per lo specifico scopo, con spedizioni in numerose località di tutta Italia.
I pezzi di auto rubati venivano quindi rivenduti come nuovi a prezzi di gran lunga inferiori a quelli di mercato, a scapito però della sicurezza. Infatti le modifiche, o le installazioni di elementi complessi come quelli trafugati, venivano effettuate in maniera non professionale e quindi approssimativa, senza rispettare le procedure e gli standard di qualità delle case madri. A repentaglio, quindi, la sicurezza dei veicoli sui quali sono nel frattempo stati montati, e quindi delle persone trasportate.
Un sistema illecito che sviliva sia le attività lecite dei rivenditori onesti di pezzi di ricambio che, ovviamente, il gettito fiscale. A tal proposito la Guardia di Finanza ha valorizzato dati ed elementi acquisiti nell’indagine penale ricostruendo analiticamente i redditi conseguiti e non dichiarati dal sodalizio criminoso per 6 milioni di euro in termini di reddito imponibile ai fini delle Imposte Dirette e circa 1,3 milioni di euro di Iva dovuta.
I siti web utilizzati per la commercializzazione sono intanto stati oscurati. Tutta la componentistica rinvenuta è stata sottoposta a sequestro.
Sono diverse sono le ipotesi di reato ipotizzate nei confronti dei tre presunti responsabili: ricettazione, riciclaggio, contraffazione, frode nell’esercizio del commercio, omesse dichiarazioni in materia di Iva e Imposte Dirette.
(Redazione CP)
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