di Pier Paolo Flammini
La Commissione Urbanistica, finalmente riunita per parlare dell’Area Brancadoro dopo l’acquisto, esattamente un anno fa, da parte di Luigi Rapullino di un lotto di circa 200 mila metri quadrati all’asta fallimentare (prezzo 2,08 milioni), ha consentito di comprendere meglio alcuni passaggi della situazione. Che resta intricata, e fa emergere molti aspetti tra loro intersecati, politici e amministrativi. Cerchiamo, in questo articolo, coi link alle dichiarazioni precedenti, di fare chiarezza.
1) INTERVENTO DIRETTO/PIANO PARTICOLAREGGIATO La richiesta di Sideralba Green è di stralciare il comma 9 dell’articolo 49 delle Note Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore (clicca qui), dove si legge, a proposito dell’Area Brancadoro: «Non è in alcun caso consentito l’intervento edilizio diretto», ovvero non si può intervenire in maniera autonoma, pur conforme alle destinazioni del Prg, ma occorre un dettaglio di tutto il comparto.
Per intenderci, l’Area acquistata da Sideralba riguarda circa il 50% dello spazio del comparto “Brancadoro”; il 23% è di proprietà comunale e il 27% è ripartito tra altri 24 proprietari.
L’ostacolo, per quanto riguarda Sideralba Green, risiede forse più che nell’articolo 49.9, negli atti propedeutici all’acquisto all’Asta Fallimentare. Perché un Comune potrebbe avere la forza politica di “derogare” (“variare”) atti di quarant’anni fa per ottenere un fine di pubblica utilità, ma gli atti fallimentari sarebbero però, a nostro avviso, impugnabili da chi non ha partecipato all’asta per i vincoli esposti oppure, addirittura, da terze parti.
Nell’avviso di vendita del Tribunale di Ascoli Piceno del 2 settembre 2021, si legge ad esempio: «Per tali aree, nelle norme tecniche è espressamente specificato, che proprio per la zona “Brancadoro” (…) non è in alcun modo consentito l’intervento edilizio diretto, quindi per poter edificare, occorre presentare un piano particolareggiato che preveda una lottizzazione. Per l’area “Zona Brancadoro”, la lottizzazione non può essere parziale, quindi avvenire per fasi successive, cioè comprendere solo una parte dell’area, vale a dire sotto-lotti, in quanto non consentita dal regolamento edilizio che disciplina l’area, ma deve obbligatoriamente essere unica, quindi organica e coprire preferibilmente la (quasi) totalità dell’intera area».
Questo passaggio, per altro, era già presente nella perizia di valutazione dell’area, da cui, inizialmente, la base d’asta di circa 6 milioni, scesi poi a circa 2 milioni dopo le aste andate deserte. Che vuol dire? Che se questo vincolo non ci fosse stato, la base d’asta sarebbe potuta essere diversa e solleticare ulteriori appetiti. Inoltre non è consentito agire solo sul 50% di proprietà di Sideralba, ma su tutto il comparto, area pubblica compresa, e ripartire nel totale i vincoli di destinazione.
2) I VINCOLI DI DESTINAZIONE Qui troviamo un po’ di confusione, forse per colpa nostra, ma alcuni elementi ci paiono, se non contrastanti, soggetti a diversa valutazione. Nella perizia e poi nell’avviso di vendita, vengono riportate in sintesi le destinazioni d’uso dell’area, e poi per ognuna vi sono i rimandi dettagliati alle Norme di Attuazione del Prg. Lo schema è quello che riportiamo come screenshot.
Mentre nel Piano Regolatore, all’articolo 49.9 delle Note Tecniche di Attuazione (quello che Sideralba ha chiesto di cancellare), ovvero “Zona per Attrezzature Sportive”, si legge: «In sede di redazione di Piano Particolareggiato sia esso di iniziativa pubblica o privata, dovranno essere reperiti spazi omogenei di verde attrezzato in misura non inferiore ad 1/3 della superficie territoriale».
Ora, è palese che quanto scritto in un Piano Regolatore è una norma, se ci si passa il termine per farci capire, di “diritto superiore” rispetto a uno schema di sintesi.
A questo punto occorrerebbe capire cosa si intende per “spazi omogenei di verde attrezzato”: se l’equivalente di un “bosco“, come detto dal consigliere Giorgio De Vecchis in commissione, ad esempio, o aree verdi attrezzate con giochi o viali alberati, come da rendering di Sideralba Green.
3) NESSUNA VARIANTE O “VARIAZIONE” L’assessore all’Urbanistica Bruno Gabrielli ha ribadito che l’Amministrazione Comunale non farà alcuna variante urbanistica (clicca qui), dunque neanche “non sostanziale” come quella richiesta da Sideralba (anche se in avvio aveva affermato di attendere la risposta degli uffici alla lettera di Sideralba per avere un quadro più chiaro della situazione).
Dunque in attesa della risposta degli uffici, ci troviamo di fronte a tre ostacoli, quasi un muro, rispetto al progetto: il “no” dell’Amministrazione Comunale (almeno così sembra dalle parole dell’assessore); le previsioni del Piano Regolatore; le informazioni fornite in sede di perizia e avviso d’asta.
4) E ALLORA? Sembra paradossale ma il ruolo più politico lo ha avuto il dirigente dell’Urbanistica Giorgio Giantomassi (clicca qui). Il quale ha dichiarato: «Ci sono strumenti e modalità che, se l’Amministratore Pubblica intavola determinati indirizzi, sempre dimostrando un interesse pubblico, può anche provvedere in modi diversi. Va fatto uno studio, va fatto un approfondimento, ma prima bisogna decidere quali sono gli intendimenti della città, del Consiglio. Dovremmo partire prima dagli intendimenti, ribaltando la questione, pensando al contrario: pensare sul carattere prestazionale e poi vedere il modo per arrivarci. Possibile che non riusciamo ad esprimere una visione su quest’area?»
Dunque: prima sapere cosa realizzare, e poi trovare gli strumenti adatti nell’ambito di una concertazione pubblico/privato (non solo Sideralba).
Il problema è che a un anno di distanza dall’acquisto, è la prima volta che la città affronta pubblicamente questo aspetto, e solo dopo una lettera della parte privata alla quale, da ormai due mesi, non si dà risposta. Sono 30 anni che ci si interroga e 30 anni che non si partorisce nulla. Se si pensa che per il Piano Particolareggiato di San Pio X ci sono voluti 27 anni (e ancora le opere non sono partite…) capiamo la difficoltà di agire. Si noti che in Commissione sono intervenuti solo consiglieri di opposizione e, per la maggioranza, l’assessore di riferimento.
5) RIACQUISTARE? Partendo da una frase pronunciata da Rapullino in conferenza stampa, più di un intervento, tra cui sempre De Vecchis, ha solleticato l’ipotesi di un riacquisto dell’Area da Sideralba. Ma si torna al punto precedente: per fare cosa?
Anche un bosco di 66 mila metri quadrati ha i suoi costi di realizzazione e soprattutto di gestione, essendo in area urbana e non selvaggia; anche se solo un quarto di quest’area ricadrebbe in ambito di proprietà e gestione comunale. Anche se si prospettasse questa ipotesi, bisognerebbe al più presto mettersi a pensare davvero a quest’area: acquistarlo per poi darlo in concessione a un privato? Lasciarlo all’abbandono? Rinunciare persino agli introiti attuali garantiti dall’Imu?
Insomma, che il Comune voglia intervenire o meno, occorre davvero un grande sforzo politico, una concertazione col i privati, un modo per rendere comunque gli investimenti sostenibili anche dal punto di vista economico senza, però, arrivare alla soluzione delle palazzine.
Fare un incontro tra tutti i proprietari sembra un passaggio ineludibile. Oppure l’argomento sarà discusso nella prossima campagna elettorale o, meglio ancora, a babbo morto.
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