Le edicole sacre di Ascoli, segno della devozione popolare
«NUMEROSE e di epoche assai diverse sono le edicole sacre in Ascoli, espressione dell’arte minore e con l’antichissima vena di pietas presente nei volti, espressione di un sentimento religioso tanto antico che delle sue origini si è persa ogni traccia (Bernardo Nardi, 1979)»
L’edicola barocca del Morelli a Piazza del Popolo (foto G. Vecchioni)
di Gabriele Vecchioni
Fin dall’antichità remota la religiosità popolare, la pietas, ha spinto alla realizzazione di immagini sacre lungo le strade urbane ed extra-urbane, simboli di devozione religiosa ma anche della richiesta di protezione della popolazione e di manufatti e opere dell’uomo, come ponti, strade e campi coltivati.
L’immagine sacra veniva tutelata da una costruzione ad hoc, una specie di tempio in miniatura: proprio da questa usanza viene il termine “edicola” (“piccolo tempio”, dal latino corrispondente aedes col diminutivo -icula). Nella Romanità, le edicole sacre erano piuttosto diffuse, consacrate al culto dei Lari, le divinità che proteggevano la casa e la famiglia. Erano presenti anche in aree rurali, soprattutto in prossimità degli incroci stradali e dei campi coltivati. Con la diffusione del Cristianesimo, furono riconvertite alla nuova religione e i Lari furono sostituiti dalle immagini della Madonna e dei santi cristiani.
Il disegno dell’artista ascolano Biagio Miniera (sec. XVIII), conservato nella Pinacoteca, con il progetto per la decorazione (perduta) della chiesa della Madonna del Ponte di Ascoli caratterizzata da finte architetture e da dipinti riquadrati da volute (foto catalogo Beni Culturali)
In un precedente articolo avevamo visto che “già nell’antichità romana, ai limiti dei campi e ai crocevia, venivano costruiti tempietti con simulacri di divinità agresti perché proteggessero raccolti e percorsi: erano le aediculae, ipocoristico di aedes (tempio). La nuova religione cristiana le (ri)utilizzò, riadattandole alle proprie esigenze”. Il simbolo potente della divinità e la valenza protettiva dell’immagine facilitarono l’accettazione della “sostituzione” da parte della gente e questi punti di riferimento sociale, in città come in campagna, diventarono componenti caratteristiche del paesaggio. È interessante rilevare la continuità cultuale o, meglio, la persistenza della fiducia popolare nella protezione divina, pur se cooptata da una “nuova” religione.
Dopo queste informazioni di carattere generale, torniamo alle edicole sacre, in particolare a quelle esistenti ancora in città.
Al centro della foto aerea (pre-sisma) si apprezza la chiesa “rotonda” della Madonna del Ponte (spiegazione nel testo). A fianco, in salita, la vecchia strada che conduce a Castel Trosino (foto D. Galiè)
LE EDICOLE “FUORI PORTA”
Abbiamo visto che in prossimità di incroci, di guadi e di ponti veniva posizionata un’immagine sacra. Lo scrive Giuseppe Cesari (2005), informandoci che, ad Ascoli, “ad ogni porta (e ponte) corrispondeva una chiesa (o un’edicola religiosa, come nel caso di Porta Solestà)”.
La chiesa della Madonna del Ponte, sorta sul luogo dove sorgeva un’antica edicola sacra. La lanterna è stata danneggiata dal sisma del 2016 ed è in attesa di riparazione (foto G. Vecchioni)
Vediamo i due esempi più significativi di questa tipologia, presenti in città.
Il primo ce lo racconta Bernardo Nardi che, in un articolo (1979) scrive: “Un esempio di edicola ai piedi di un ponte, poi trasformata nel sec. XVII [1689, NdA] in tempietto rotondo, è la chiesa della Madonna del Ponte, a Porta Cartara. In essa si venera un’antica effigie della Vergine che un tempo si trovava su un muro in quella zona”.
Una breve digressione relativa alle rare chiese “rotonde”, come quella di Porta Cartara. Gli edifici di questo tipo (più diffusi in Italia settentrionale) hanno una forma anomala rispetto a quella rettangolare, più comune, e sono molto antichi, spesso antecedenti al Cristianesimo: la loro “geometria” sembra di origine pagana perché l’elemento caratterizzante (la circolarità) richiama remoti rituali precristiani e, sovente, gli edifici sacri venivano innalzati su antichi siti pagani. Non è questo il caso della nostra chiesa, anche perché le costruzioni cristiane di questo tipo, all’epoca, volevano ricordare la chiesa gerosolimitana del Santo Sepolcro.
La seconda edicola è a Borgo Solestà dove, a destra dell’ingresso al ponte romano (extra moenia, dalla parte del borgo) c’è una nicchia con un affresco settecentesco. Si tratta di un arco cieco a sesto pieno, profilato su un muro di un edificio e sostenuto da cariatidi. La composizione centrale è una Sacra Famiglia; sull’intradosso sono dipinte figure di santi, tra i quali il santo “ascolano” per eccellenza, Sant’Emidio.
L’edicola di Corso Mazzini, incorniciata da bassorilievi lapidei (foto G. Vecchioni)
L’EDICOLA DI PIAZZA DEL POPOLO
Nella piazza principale della città, addossata alla parete laterale (transetto) della chiesa di San Francesco e ben visibile da ogni lato della piazza stessa, c’è la splendida edicola monumentale in travertino attribuita a Lazzaro Morelli, zio di Giuseppe Giosafatti, architetto e scultore ascolano che ha lasciato opere importanti ad Ascoli (a lui si deve il Tempietto di Sant’Emidio alle Grotte); il Morelli, in seguito sarebbe diventato uno dei più stretti collaboratori del Bernini. L’opera è stata riferita al Morelli (“… una cappelletta architettata dal Morelli nel 1639” scriveva Giulio Gabrielli nel 1882) ma studi recenti assegnano la realizzazione dell’opera allo zio del Morelli, il maestro lapicida Silvio Giosafatti, nella bottega del quale lavorava il Morelli.
L’edicola, eretta nel 1639 per volontà del governatore pro tempore della città, Monsignor Gerolamo Codebò, non conserva più l’icona originaria della Madonna di Reggio ma una terracotta ottocentesca del Paci, protetta da un artistico cancello in ferro battuto, sormontato da una rosta dello stesso materiale, opera di Francesco Tartufoli. Per inciso, la rosta è la parte superiore, semicircolare, che chiude la nicchia dove era sistemata l’icona.
L’edicola di Santa Maria Intervineas, ora all’interno della chiesa (foto G. Vecchioni)
L’edicola ha due eleganti colonne con capitelli corinzi che sostengono l’architrave e il timpano curvilineo; sul frontone la figura di un angelo. Alla nicchia contenente l’immagine sacra, si “sale” con cinque alti gradini di pietra a pianta semicircolare.
Per gli ascolani di una certa età, l’edicola o, meglio, i suoi gradini sono serviti come punto di appoggio e luogo di ritrovo ma, anticamente, davanti all’immagine si fermavano i condannati a morte che venivano portati al luogo dell’esecuzione, nell’attuale Campo Parignano (si passava per Via d’Ancaria, la “via degli impiccati”).
L’edicola del Morelli in Via del Trivio-angolo Via Cairoli (spiegazione nel testo, foto G. Vecchioni)
L’EDICOLE DI VIA DEL TRIVIO
Un’altra edicola attribuita al Morelli si trova alla fine di Via del Trivio. All’incrocio con Via Cairoli (la via che conduce a Piazza Ventidio Basso) e Rua del Cassero, sullo spigolo di Palazzo Cornacchia, fa mostra di sé un bellissimo balcone con la ringhiera in ferro battuto; anch’essa opera di Francesco Tartufoli, artista ascolano del ferro (secc. XVIII-XIX). Nella nicchia, chiusa da una lastra di vetro, una statua moderna della Vergine; l ’icona è contornata da una croce e dai simboli della Passione, in ferro battuto. La simbologia presente accomuna questa rappresentazione didattico-devozionale alle Croci della Passione, più diffuse nel vicino Abruzzo (leggi qui).
Particolare dell’edicola di Porta Solestà (foto G. Vecchioni)
L’EDICOLA DI CORSO MAZZINI
Al numero civico 347 di Corso Mazzini, una moderna (rispetto alla cornice lapidea) Maternità completa uno splendido assemblaggio di pietre di recupero incise: in alto, una lotta tra un centauro e un animale fantastico, a dx, un pellegrino, a sx, girali: completa la composizione un magnifico bassorilievo del combattimento tra due cavalieri. Quest’ultima figurazione è stata usata, qualche anno fa, per il depliant pubblicitario del torneo della Quintana.
L’edicola di Borgo Solestà (foto L. Castelli Pagnoni)
L’EDICOLA DI SANTA BIGNA
La chiesa di Santa Maria inter vineas (tra le vigne), un nome che ne rivela l’antica posizione al margine dell’incasato della città, è conosciuta dagli ascolani come Santa Bigna (nome chiaramente derivato da “vigna”). È una chiesa molto antica, con alcune caratteristiche peculiari, come la massiccia torre campanaria staccata dal corpo di fabbrica dell’edificio religioso e l’abside con delle finestrelle (ora murate) strombate, con evidenti scopi difensivi.
All’interno, sulla parete, un affresco quattrocentesco: l’antica icona, in origine, era posta sulla parete esterna della chiesa, in un’edicola, “a disposizione” dei devoti. Una tradizione vuole che, al passaggio (e alle suppliche) di un condannato che si avviava al supplizio, la Madonna dell’icona abbia mosso la testa in segno di assenso (il condannato reclamava la sua innocenza), staccandola dal dipinto e sporgendosi, salvando così la vita al presunto colpevole.
CONCLUSIONI – Esistono altre icone sacre (edicole e lunette dipinte) sui muri della città ma non è possibile analizzarle nel breve spazio di un articolo: al camminatore, il piacere della scoperta.
Tra le edicole sacre possiamo annoverare anche il rettangolo, con tracce di affresco votivo, sul lato est di Porta Tufilla (foto G. Vecchioni)
SE VI SIETE PERSI QUALCHE REPORTAGE DI GABRIELE VECCHIONI…..