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Bullismo e relazioni tossiche con Roberta Bruzzone: al Ventidio Basso ce n’è per tutti

ASCOLI - Tutto esaurito al Massimo ascolano per il convegno e l'analisi spietata, a tutto campo, della criminologa più bella e famosa d’Italia
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Roberta Bruzzone sul palco del Ventidio Basso

 

di Walter Luzi

 

Bullismo e relazioni tossiche. Roberta Bruzzone non smentisce la sua fama e mazzola tutti. Bulli e stalker, partner persecutori e social media subdoli, genitori esautorati e insegnanti distratti. Ad Ascoli, Teatro Ventidio Basso strapieno. Offre il Gruppo Gabrielli, ma il biglietto di ingresso lo avrebbero pagato molto volentieri lo stesso tutti i fan della criminologa più famosa e affascinante d’Italia. Sono arrivati anche da fuori provincia a mettersi in fila ordinata davanti all’ingresso del Massimo ascolano già un‘ora prima dell’inizio.

Il tenente colonnello dei Carabinieri Pompeo Quagliozzi

Il vice comandante provinciale dei Carabinieri, tenente colonnello Pompeo Quagliozzi apre illustrando le iniziative di sensibilizzazione portate avanti dall’Arma nelle scuole. Dove vessazioni e abusi nascono, ma, purtroppo, non restano confinati. La rete rende oggi infatti cosmico il ludibrio, perenne la vessazione, insopportabili da vivere, spesso, l’isolamento e la vergogna. Modera la giornalista televisiva Safiria Leccese.

La Bruzzone, come suo costume, ci va giù dura, e non fa sconti a nessuno. Alle masse di by standers innanzitutto. La platea planetaria di giovanissimi spettatori inebetiti, assuefatti, e financo divertiti, a guardare compiere il male senza reagire, senza opporsi, senza indignarsi. Complici, a tutti gli effetti, degli autori materiali. E altrettanto colpevoli. L’indifferenza è sempre una scelta sbagliata. Con episodi di prevaricazione e bullismo che iniziano a registrarsi alle scuole elementari, quando lo sviluppo della personalità già si incanala verso relazioni tossiche. «Sono i genitori dei bulli ad avere i problemi più grossi. I futuri assassini ve li state crescendo in casa!».

Piovono applausi spontanei dal pubblico, ma le parole della Bruzzone suonano come frustate per loro. Padri e madri in crisi di identità. Divenuti amiconi e fan, predisposti sempre al si e mai al no, sempre a giudicare come una “ragazzata” ogni più indegna malefatta dei propri pargoli. Adoratori full time che non hanno mai saputo imporre regole ai loro figli.

«Tornate a fare i genitori – tuona la Bruzzone – a sintonizzarvi con le vostre creature. Nessuno vi ha obbligato a metterceli, ora dovete insegnargli a starci, al mondo». E adesso gli ci vuole un sorso d’acqua, perché la foga, e la stizza, gli hanno azzerato anche la salivazione, mentre continuano a piovere applausi.

E sulle relazioni tossiche insiste: «Non fatevi manipolare. Gestire. Non fate mappare al vostro partner tutte le vostre sofferenze e fragilità. Avete tutto il diritto di non fargli leggere i messaggi sul vostro telefonino o, addirittura, geolocalizzare in ogni momento. Essere controllati non significa essere amati…».

Poi tocca ai social media, ai nostri telefonini ormai diventati «…protesi della mente…». Questi gioiosi dispensatori di dopamina che assumiamo a caro prezzo. Mediamente, secondo recenti studi, due mesi all’anno del nostro prezioso tempo sprecati in inutile cazzeggio. Rubati allo studio, al lavoro, allo svago, alle relazioni umane vere. Un neurotrasmettitore di piacere che equipara i like sulla nostra homepage alle lucine colorate delle slot machine. Che crea dipendenza come l’alcol, o la cocaina. Che genera deficit dell’attenzione nei più piccoli, lasciati a giocare con lo smartphone pur di farli stare zitti e buoni. Tutti ascoltano in silenzio.

Chiamati in causa, da intossicati, ora, forse, finalmente consapevoli, e, persi dietro ai rimorsi di educatore carente, o mancato. Limiti che generano mostri. «Preferisco essere un mostro – le ha detto un giorno un bullo – piuttosto che un fallito, un perdente, un debole…». Modelli moderni di cattivi maestri che generano disadattati. Frustrazioni che nessuno ha insegnato a gestire. Fenomeni di disagio giovanile in aumento, maggiormente, a sorpresa, fra le femmine. Non sempre per body shaming. Anzi, più spesso può essere la competitor più figa di tutte a diventare la vittima. L’accettazione iniziale nel gruppo, di vitale importanza per un adolescente, che si trasforma in esclusione improvvisa.

Le confidenze fatte che diventano armi di ricatto. La vittima si sente sbagliata e si chiude. Non reagisce, e non esterna con nessuno il suo disagio. Condizioni ideali queste per favorire l’aumento dell’isolamento e delle vessazioni. «Se non ne parlate con nessuno – fa appello la Bruzzone – non possiamo aiutarvi a uscirne. Gli insegnanti devono essere attenti ad ogni minimo segnale, a captare ogni tipo di messaggio. Non ci si può girare dall’altra parte. E alle vittime, ragazzi o ragazze che siano, raccomando di realizzare che il problema non sono loro, ma è degli altri. Guardate altrove, cambiate giro di amicizie. Credete in voi stessi, abbiate tante passioni da coltivare, la vita è piena di cose belle. E proteggete sempre la vostra autonomia».

E’ importante. Ma non è tutto. Come recita, già da attore di teatro consumato, il piccolo Leonardo nel monologo finale, bulli e bullizzati avrebbero avuto bisogno tutti, forse, sempre e soltanto, di un abbraccio. 

 


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