di Luca Capponi
Parole e cifre sui muri raccontano che al piano terra, anni ed anni addietro, si firmavano i contratti per l’acquisto del grano. In un cassetto del primo piano, invece, sono conservati documenti di cui fino a ieri non si era a conoscenza. Erano nascosti in un muro, ed i lavori post sisma li hanno riportati alla luce. Si tratta di una serie di lasciapassare risalenti al periodo dell’occupazione francese di fine ‘700: li avevano nascosti perché non si era a conoscenza della sorte che sarebbe toccata allo Stato Pontificio. In caso di vittoria del Papa, infatti, sarebbero potuti tornare di nuovo utili…
Ma non finisce qui. Nel materiale di altre murature, evidentemente ai tempi considerato di scarto, mischiato a quello di ripiego, ecco la punta di una lancia. Potrebbe avere più di mille anni.
Castel di Luco è uno scrigno di storie e tesori. Anche e soprattutto nei fatti. I lavori post sisma effettuati sulle struttura, che nella giornata di lunedì 25 marzo hanno portato alla riapertura (leggi qui), confermano ciò che questa costruzione fortificata eretta su una roccia a dominare la Salaria, nel territorio di Acquasanta Terme, porta con sè da sempre. Leggende medievali, pagine di vita, epopee, battaglie.
Una vicenda secolare che oggi rivive negli angoli del castello e nei racconti che i proprietari Francesco e Laura Amici non risparmiano mai ai visitatori. Così come in quelle dell’architetto Valerio Borzacchini, che il delicato intervento di riparazione l’ha seguito in prima persona.
«Questo luogo in origine, geologicamente, era con tutta probabilità un geyser, un punto dove sgorgava l’acqua sulfurea – racconta Borzacchini-. Infatti “luco” viene da “lucus”, luogo mitico sospeso tra storia e leggenda. Il “lucus” poi diventò “lucus romano”, cioè un luogo sacro. Il geyser di acqua sulfurea scivolò per qualche decina di migliaia di anni, se non milioni, ed ha creato queste lastre di travertino sul quale poi si è insediato un primo nucleo di origine romana, a pochi passi dalla Salaria che così veniva dunque presidiata, e poi più avanti è diventata una struttura foritificata medievale».
Nei secoli successivi il castello si é trasformato in residenza gentilizia ospitando la famiglia Ciucci che ne è stata proprietaria fino al 1800, quando l’ultima ereditiera, Maria, andò in sposa a Giuseppe Amici che ha tramandato fino ad oggi tutta la proprietà ai suoi discendenti.
«Fu l’incontro tra due ricche famiglie, ma dai documenti si evince bene come il mio avo dovette garantire una cospicua dote prima di prendere in moglie Maria – racconta Francesco -. Non mi sono mai sentito il proprietario ma mi definisco il custode di questo luogo così importante».
E di storie, effettivamente, ce ne sarebbero da raccontare. Dal cunicolo che consentiva la fuga dal castello in caso di pericolo, oggi crollato ma il cui ingresso è visibile dalla cantina, fino alla cella di detenzione dove una specie di “giaciglio” di marmo e una catena parlano di privazioni e di regimi carcerari…ben diversi da quelli odierni.
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