di Luca Capponi
In Piazza Arringo venne posizionato un maxischermo per seguire i risultati in tempo reale. Per la prima volta, poi, il Comune si dotò di una pagina Internet dove consultare gli aggiornamenti. E non solo, perchè al piano terra di Palazzo Arengo erano a disposizione del pubblico due postazioni da cui poter stampare i dati.
Alla fine la spuntò Piero Celani al primo turno per una manciata di voti, superando di poco la soglia del 50%. Ottenne il suo secondo mandato da primo cittadino non senza polemiche, riconteggi e ricorsi, che però non portarono a nulla. A supportarlo c’era tutto il centrodestra: Alleanza Nazionale, Forza Italia, Udc e Nuovo Psi. Niente ballottaggio, dunque, per lo sfidante della sponda opposta Giorgio Rocchi, che si fermò a poco più del 42%. E festa grande in Piazza Arringo, tra musica, danza e fuochi d’artificio dalle 2,30 alle 5 di mattina.
Sembra un’era fa, ma in realtà sono trascorsi esattamente 20 anni. Il 12 e 13 giugno del 2004, infatti, Ascoli andava a rinnovare il suo Consiglio comunale in una tornata elettorale che anche all’epoca comprendeva le Europee e le ormai defunte Provinciali, che andarono a Massimo Rossi alla guida della coalizione di sinistra a discapito di Gianluigi Scaltritti, centrodestra.
Tornando alle Comunali, si recarono alle urne 35.480 persone, cioè il 79,16 % degli aventi diritto. Oltre a Celani e Rocchi (sostenuto da Rifondazione Comunista, Socialisti Democratici Italiani, Verdi, Margherita, Democratici di Sinistra, Italia dei Valori e la civica L’Alveare), erano in corsa per la poltrona di sindaco anche Nazario Agostini per i Liberal di Vittorio Sgarbi, Mauro Martini per la lista civica Il Popolo Ascolano, Stefano Cannelli per Alternativa Sociale e Davide Aliberti per la civica Ascoli per Ascoli, tutti alla fine compresi tra l’1% e il 2,25%.
Il più votato tra i 574 candidati risultò Luigi Lattanzi dell’Udc con 519 preferenze. Insieme a lui, entrarono in Consiglio comunale Cesare Celani, Amedeo Ciccanti, Francesco Viscione, Achille Marcucci, Fulvio Mariotti, Emidio Tosti Guerra e Fernando Manes. Sempre in maggioranza, per Forza Italia, ecco Giovanni Silvestri, Umberto Trenta, Claudio Travanti, Valeriano Camela, Sante Agostini, Francesco Ciabattoni, Stefano Ojetti, Giovanni Ascenzi. Per Alleanza Nazionale, Andrea Antonini, Valentino Tega, Giulio Natali, Domenico Stallone, Giovanna Cameli, Massimiliano Brugni, Stefano Babini e Alessandro Galosi.
All’opposizione c’erano i Ds con Nazzareno Firmani, Gianfranco Bastiani, Stefano Corradetti, l’ex sindaco Roberto Allevi, Anna Casini, Carlo Narcisi. Per la Margherita, Domenico Procaccini, Alessandro Filiaggi, Luca Urzì; per Rifondazione Comunista Carlo Cannella e Roberto Mascetti, per i socialisti Giuseppe Brandimarti, per il Pdci Emidio Catalucci e per L’Alveare Marco Regnicoli, Lara Caponi e Giorgio Rocchi.
Curiosità. Anche ai tempi, ma questa non è una novità, c’era chi, quatto quatto, passava da una parte all’altra cambiando sponda con leggiadria, complice la scarsa memoria del popolo votante. E c’erano già gli “inossidabili”, gli stakanovisti che ogni cinque anni li ritrovi lì, in pole position sulla scheda elettorale, faccia fresca e croce da apporre. Ieri, oggi, domani, come il mitico film di De Sica, Premio Oscar nel 1965.
Dato da tenere presente. Sui 574 candidati ben 270 ottennero meno di 10 voti, pari al 47 % del totale. Furono 96 coloro i quasi fecero strike con zero voti, mentre 37 incassarono una sola preferenza. Per la serie neanche il voto della mamma. Nota a margine. Alle ultime elezioni del 2019 i candidati furono 732, alle prossime potrebbero essere di più. Meditate, gente, meditate…
La seconda puntata della nostra amarcord elettorale sarà incentrata sulla sfida del 2009.
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