Appena una settimana fa la sentenza del Consiglio di Stato che intimava aste immediate per le concessioni balneari, oggi invece sulla vicenda messa in moto dalla Direttiva Bolkestein è intervenuto, con un’altra sentenza, il Tar di Bari: una sentenza ancora una volta choc, perché, accogliendo il ricorso di 21 titolari di concessioni balneari di Monopoli, il Tar pugliese ha annullato le procedure di gara avviate dal Comune di Monopoli, garantendo alle stesse la validità della proroga, precedentemente assegnata e pubblicata nell’Albo Pretorio, al 2033.
Situazione dunque estremamente complicata e ancor di più nella “Riviera delle Palme”, come si vedrà. Ma intanto ricapitoliamo la situazione: nel 2006 l’Unione Europea partorisce la Direttiva Bolkestein sulla libera circolazione dei lavoratori nel territorio dell’Unione. All’interno c’è anche il tema della libertà di stabilimento, e dunque quello delle concessioni balneari italiane. I governi decidono di applicare delle proroghe e intanto passano all’abrogazione delle norme che prevedevano il legittimo affidamento, ovvero la possibilità del concessionario di essere confermato al termine dei sei anni di concessione.
Nel 2018 il governo Conte appoggiato da M5S e Lega approva una proroga al 2033. Ma dal 2021 la confusione diventa norma: il Consiglio di Stato dichiara illegittima la proroga ma poi le sentenze vengono dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale. Nel frattempo il governo Draghi, però, le aveva recepite stabilendo il termine ultimo delle concessioni esistenti al 31 dicembre 2024, prorogato al 31 dicembre 2025 dal governo Meloni.
Nell’aprile 2023 la Corte di Giustizia Europea scrive che per applicare la Bolkestein alle concessioni demaniali era necessario il presupposto della scarsità della risorsa, quindi la spiaggia, e il governo Meloni procede a una mappatura delle coste dalla quale si evince che il 33% è destinato alle concessioni demaniali. Da qui è in corso una interlocuzione con la Commissione Europea per verificare la scarsità (o meno) della risorsa. E si arriva ai giorni nostri.
La scorsa settimana il Consiglio di Stato, come detto, emette nello stesso giorno due sentenze: la prima in cui ribadiva l‘illegittimità delle proroghe perché in contrasto col diritto comunitario, la seconda affermava che sulla valutazione dell’indennizzo ai vecchi concessionari occorreva attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea.
E arriviamo a oggi, col Tar di Bari. Perché, secondo il Tar, è valida la proroga precedentemente concessa al 2033? «Poiché per il diritto europeo è sufficiente la pubblicazione all’albo comunale delle istanze di proroga-assegnazione delle concessioni» scrivono le associazioni ricorrenti in una nota. In attesa di altri eventuali ricorsi e pronunciamenti, qual è la situazione, invece, nella “Riviera delle Palme”?
Ancora più confusa: perché se ad esempio l’Amministrazione Comunale di Grottammare consegnò a tutte le imprese balneari la proroga al 2033, a San Benedetto la consegna materiale è avvenuta per una piccola minoranza di concessioni balneari. Ciononostante, sulla base della sentenza odierna del Tar, parrebbe che a far fede per il 2033 sia la pubblicazione della delibera comunale che recepiva la proroga sulla base della legge nazionale e approvata dalla giunta Piunti il 17 settembre 2020.
Dunque concessioni balneari salde fino al 2033? I continui ricorsi giudiziari e le sentenze contrapposte a diversi gradi di giudizio (non ultimo quanto sta avvenendo a Jesolo dove alcune concessioni sono andate a gara e il rischio è che quest’anno non ci siano ombrelloni in spiaggia) non consentono di fare previsioni tanto ardite, ma l’unico punto certo è che la decisione deve essere della politica e non dei giudici, e dunque il governo Meloni dovrà il prima possibile disciplinare il comparto. Pena l’ennesimo dietrofront alla prossima sentenza.
(Redazione Cronache Picene)
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