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Le storie di Walter: la Compagnia dei Folli

ASCOLI - Da animatori della piccola parrocchia di Castel Trosino ad una delle compagnie teatrali di strada più apprezzate d’Europa. Festeggiano i primi quarant’anni di attività, custodi delle leggende del territorio, e artisti veri. La riconoscenza verso i primi maestri che li hanno messi sui trampoli, e chi ha subito creduto in loro. L’importanza di una struttura viva come il PalaFolli. Le battaglie per l’emancipazione del loro settore, il più bistrattato nel mondo dello spettacolo
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Uno spettacoli dei Folli in Piazza del Popolo, ad Ascoli

 

di Walter Luzi

Dicono che i trampoli siano il palcoscenico più piccolo del mondo. Come il naso rosso del clown ne è la maschera. È da lì sopra che un gruppo di giovanissimi scavezzacollo di Castel Trosino sono partiti alla conquista del mondo. Di piazza in piazza, liberando la loro energia creativa, la loro voglia di far bene, di impressionare ed emozionare chi si sofferma a guardarli. A naso in su e a bocca aperta, come i bambini.

 

La Compagnia dei Folli compie quest’anno i suoi primi quarant’anni di vita. Un bel traguardo per quella che è sempre stata, principalmente, una vera, grande famiglia allargata. Nata dalla straordinaria passione di un gruppo di ragazzi animatori nella loro parrocchia di paese, accomunati dall’amore per il teatro di strada, e da una filosofia di vita condivisa che va oltre la semplice esibizione di performer. Fra i fumi dei fuochi, dall’alto dei trampoli, o sospesi a danzare nel vuoto, dentro le loro maschere continua a battere, sempre, forte, il grande cuore del circo. Sorrisi e lacrime dipinti. Poetiche acrobazie che tolgono il fiato sfidando la gravità. Favole che rivivono in una terra, figlia dei Sibillini, ricca di leggende. Il Bene e Male, sempre contrapposti, come nella vita. Quei giovani di Castel Trosino non hanno mai smesso di stupire ed emozionare, attraversando quasi mezzo secolo di vita senza rinnegare mai la loro anima. Folli si nasce. Folli per sempre.

Il fuoco dei Folli a Castel Trosino

I ragazzi di Don Emidio

Se non ci fosse stato quel prete innovatore a guidare la piccola parrocchia di Castel Trosino, chissà se saremmo qui lo stesso a raccontare la storia della Compagnia dei Folli. Perchè Don Emidio Fattori è stato il primo artefice dei loro  futuri successi. E’ lui il primo a stimolare l’inventiva del gruppo di giovani ed esuberanti animatori della sua parrocchia. A favorire innovazioni fuori dagli schemi. Come il pellegrinaggio notturno Macerata-Loreto. O anche durante le liturgie. Come una delle veglie pasquali più lunghe della storia della Chiesa, con annesso spettacolo sulla Passione di Cristo.

 

Anni prima, tutti insieme, avevano già dato vita al primo presepe vivente in paese. Un successone. Sono i primissimi anni Ottanta. Se Don Emidio Fattori è stato un po’ il loro papà, Gino Vallesi ne è stato il padrino. Con Raniero Isopi fra i primi a intuire le loro grandi potenzialità, a incoraggiarne, da subito, la crescita.

Anche i Fulvi di Force fra i Folli degli esordi

 

«La riconoscenza – ci dice Mauro Orsiniverso tutti quelli che ci hanno aiutato nei nostri inizi per noi è sempre stato un karma».

Altri a cui la Compagnia dei Folli deve moltissimo sono Marco e Piera Fulvi. Fratello e sorella, di Force. Sono stati loro due a insegnare ai primi Folli le arti dei trampoli e del fuoco. Marco, un futuro professore di Economia e Diritto, oggi in pensione, aveva già fatto parte, negli anni Settanta, di un gruppo, il Teatro dell’Arco, attivo in tutta Italia. Più o meno in contemporanea Carlo Lanciotti e Rita Sansoni muovono i primi passi in un altro gruppo teatrale, quello di Gianni Nardoni, il Kalpa Taron, nello spettacolo Bandaya. Bandiere al vento e primi brividi di scena per loro. Carlo, che a quindici anni ha passato un anno e mezzo a lavorare come cameriere in Scozia in un ristorante affacciato sul lago di Loch Ness, sarà presto costretto a rinunciare, causa forza maggiore, ai suoi sogni di diventare un paracadutista della Folgore. Leggenda ed ardimento. Mito ed avventura. Brivido e mistero. Il cocktail preferito che alimenterà il successo dei Folli.

Le mille maschere della Compagnia dei Folli

 

I primi passi

 

Un percorso costellato anche di imprevisti ed errori di cui fare tesoro. Come quando Carlo Lanciotti precipita dalla prima fune d’acciaio “di prova” tesa dalla sommità del campanile della chiesa di Castel Trosino fino alla finestra di una casa sottostante. Senza grossi danni, fortunatamente, per lui, ma con gran spavento dei compaesani spettatori.

 

Sempre sugli accidentati viottoli di Castel Trosino i Folli muovono i loro primi e incerti passi sui trampoli. Da autodidatti hanno già cominciato a prendere confidenza con quegli attrezzi, ma senza troppo successo. Contusioni e sbucciature, frutto delle tante cadute, li inducono presto a chiedere aiuto, come detto, ai più esperti Fulvi di Force. Ma ormai la via è aperta. Il destino segnato. Rita Sansoni, Mauro Orsini e Carlo Lanciotti diventano i primi trampolisti della formazione. A loro si aggiungeranno poi le sorelle Monica e Cinzia Tassi, Andrea Orsini, Emidio e Daniela Bellabarba.

Gli esordi alle prime feste medievali di Castel Trosino

 

La stessa Rita, con Pina Catalani, la mamma dei fratelli Orsini, sono le prime sarte costumiste, fai da te, della Compagnia. I primi Folli iniziano a trasformare in fuoco i primi spruzzi di combustibile dalla bocca bruciacchiandosi i capelli, fra i commenti stupiti e ammirati dei pochi e spesso anziani residenti che si soffermano ad assistere alle prove di questi giovani temerari. Abitanti che divengono anch’essi protagonisti su quel palcoscenico naturale, bellissimo e incantato, in occasione delle manifestazioni che quel raro gioiello, arroccato a strapiombo sul Castellano, ospita.

 

Le feste medievali

 

Nel 1983 si tiene la prima edizione delle leggendarie feste medievali di Castel Trosino. I Folli entrano in scena, ancora come gruppo di animazione parrocchiale, ufficialmente nell’edizione successiva. Le feste medievali di Castel Trosino li vedranno puntuali protagonisti fino agli ultimi anni Novanta. Il loro addio alla manifestazione coinciderà con l’inizio della sua parabola discendente fino alle ultime edizioni dei primi anni 2000.

Animazione dei Folli ad una delle feste medievali di Castel Trosino

 

Le affluenze massicce di spettatori infatti, simili a quelle registrate durante i Presepi viventi, in una location magica quanto angusta, ne imporranno presto lo stop. Le suggestioni fantastiche di ambiente unico infatti mal si coniugano con le sacrosante esigenze di sicurezza a tutela di un pubblico crescente, dettate da norme, invece, sempre più stringenti. Ai Folli resta, comunque, la soddisfazione di aver fatto di Castel Trosino la Brisighella marchigiana. L’apripista cioè delle rievocazioni storiche locali, antesignana delle feste medievali, a cui si sono ispirate poi tante altre fortunate manifestazioni del circondario marchigiano e abruzzese.

Il logo delle feste medievali di Castel Trosino

 

Negli anni la Compagnia dei Folli diventa come una grande famiglia allargata con gioconde new entry, e sofferte fuoriuscite, da ex, di fidanzati e fidanzate. Una lunga telenovela sentimentale parallela che ha accompagnato le gesta di questi ragazzi innamorati, principalmente, del teatro di strada.

«D’altronde, come accade spesso nel mondo dello spettacolo – sottolinea Rita Sansonise hai un fidanzato o un compagno che non fa questo stesso lavoro non puoi reggere. Al contrario il passare così tanto tempo insieme favorisce la nascita di legami e relazioni, all’interno dell’ambiente di lavoro».

 

Un nome che parla da solo

Il primo embrione della Compagnia dei Folli nasce nel 1984 attraverso due consecutivi cambiamenti di denominazione, che però sono fortemente indicativi della sua natura intrinseca. Inizialmente si danno nome “Teatro Instabile di Castel Trosino”, ma non nel senso di provvisorietà della sede, bensì in quello, più prettamente psichico, di precarietà della mente.

«Chi ama muoversi sui trampoli – ci scherza su Rita Sansoni – non è che sia poi, effettivamente, molto normale…».

Poi si ripiega su un altro nome, sempre evocativo, ma meno severo. “La Mela”. Un frutto per tutte le stagioni, alla portata di tutti, familiare, popolare.

«Non a caso – sottolinea Carlo – i nostri primi spettacoli si ispiravano a vecchie storie locali, o leggende molto conosciute in un territorio che ne è ricco».

Nascono così i loro primi cavalli di battaglia: “Il cavaliere errante”, “San Giorgio e il drago”, “Ludus dragonis” fra gli altri.

Rita Sansoni sui trampoli

Sede e base operativa storica nella vecchia scuola elementare dismessa di Castel Trosino.

«Ci sfrattarono per imminente inizio di lavori di ristrutturazione, a oggi mai iniziati – ricorda Mauro Orsini– e cercammo, senza fortuna, nuova sistemazione alla segheria della fallita Rein di Rosara».

Intanto i Folli reinvestono tutti i soldi che racimolano in nuovi abiti di scena e attrezzature. Investimenti con ammortamento sul medio e lungo termine si definiscono in bilancio, a conseguente e inevitabile scapito della liquidità. Crescono a vista d’occhio, sia sotto il profilo artistico che tecnico-organizzativo, sulle ali dell’entusiasmo più contagioso. Rita Sansoni e Carlo Lanciotti con i loro ventiquattro anni sono i più vecchi della formazione. Tutti gli altri, bambini o poco più, raggiungono le location degli spettacoli in compagnia dei rispettivi genitori. Alla prima uscita vera, a Caprafico, nel teramano più remoto, il parroco, grato, si sente in dovere di offrire un gelato a tutti, in aggiunta al magro cachet pattuito con la Provincia.

Vita di artisti

«Gli artisti viaggiavano sul nostro pulmino Renault Trafic a nove posti – ricorda Rita – quasi sempre in undici o dodici a bordo però. Oggi rischieremmo la galera…».

Il saluto finale degli artisti al pubblico

Modalità eroiche, anche un pelino fuorilegge, ma normalissime per quell’epoca, ormai tramontata per sempre. Quando tutto si faceva anche se non si poteva. E i mille laccioli della asfissiante burocrazia contemporanea non strozzavano ancora ogni sogno sul nascere. “Appena fu possibile – ricorda Mauro – acquistammo anche un vecchio pulmino 850 a sei posti. Sempre con problemi di surriscaldamento del motore a causa del gravoso carico di attrezzature, legato ogni volta sul portapacchi del tettuccio, alto, alla fine, quanto l’automezzo”. Agli scarsi mezzi economici si supplisce sempre con l’entusiasmo, e la gioia di condividere una grande passione.

Uno dei primi spettacoli della Compagnia

 

Economie generalizzate con una sola deroga.

«Fra i principi fondanti della Compagnia – rivela Mauro – mai rinnegato, c’è il piacere, durante le lunghe trasferte, della tavolata ben imbandita e lietamente condivisa. Panini per tutti solo se si è fatto troppo tardi lungo la strada, ma poi, per cena, però, si recupera…».

Una volta sul posto si procede con il montaggio delle scenografie e dell’apparato tecnico.

«Il bello è che tutti sanno cosa devono fare – continua Mauro – l’artista è anche facchino e costumista, tecnico audio o luci e carpentiere. Il teatro di strada è democratico in tutto. Anche chi ti viene a guardare non è obbligato alla presenza dal biglietto pagato al botteghino per il posto a sedere. Rimane solo se gradisce, sennò se ne va».

La consacrazione

Nel 1991 arriva il grande salto. «Avevamo messo su – racconta sempre Carlo – come ci diceva qualche amico, una Ferrari che però viaggiava sempre in prima marcia. Potevamo. Dovevamo. Volevamo fare di più, e di meglio. Provare almeno, a riuscirci, comportava però scelte coraggiose ed immediate».

Mauro, che lavora in una agenzia di viaggi, Carlo, operaio alla YKK, e Rita, dipendente delle Poste, gli unici a contare su un reddito fisso mensile, e che per questo anticipano spesso e volentieri di tasca loro le spese, in attesa di riprendersele al dopo incasso, decidono di lasciare i rispettivi lavori per diventare Folli a tempo pieno.

Spettacolo ad Ascoli in Piazza del Popolo

Una scelta di vita. Azzardata forse, ma che li ripagherà abbondantemente. «Come diceva Argeo “Gegè” Polloni  – chiosa Mauro – chitarrista e voce del Canzoniere Piceno, ma anche insegnante all’Istituto d’Arte: per sopravvivere faccio il professore, per vivere faccio il musicista».

«Fino a quel momento – prosegue Rita – con poche date all’anno, concentrate per lo più nei fine settimana estivi, avevamo potuto conciliare, sia pure con molto sacrificio, entrambe le attività. Ma, con il crescere degli impegni, questo non era più possibile».

Nasce la Compagnia dei Folli. Passione di sempre, logo nuovo di zecca, bellissimo, destinato a diventare storico, disegnato dal professor Tonino Ticchiarelli.

Il logo dei Folli

«Cominciammo a strutturarci meglio, a darci una immagine – ricorda Carlo – e a promozionarla partecipando alle prime fiere del settore. Il riscontro fu immediato, con il raddoppio degli inviti ad eventi e manifestazioni. La nostra Ferrari costruita in casa insomma, cominciò a correre».

Il PalaFolli

«Da quando badavo al piccolo Francesco sul passeggino, durante i primi spettacoli di Carlo e Rita – ricorda Lara Ciaffardoni – è stato un continuo crescere, oltre che sotto il profilo artistico, anche, e non da meno, sotto l’aspetto gestionale».

«Oggi perdiamo un sacco di tempo dietro alla burocrazia, alle carte, alle scartoffie –rincara Mauro -.  La parte artistica quasi passa in secondo piano, per dover districarsi, quotidianamente, nel groviglio di adempimenti, obblighi e competenze. Il patentino per i fuochi d’artificio, solo per fare un esempio, vale per spararli, ma non per acquistarli. Per quello ci vuole il porto d’armi…».

E l’elenco delle bizzarrie normative sarebbe lungo. Nel 1997 nasce la s.r.l. che nel 2000 acquista uno stabile dal Consind con annessa una piccola sala teatrale.

L’anno successivo si inaugura il PalaFolli. Un gioiellino di teatro super attrezzato con una capienza di 200 posti e settanta metri quadrati di palcoscenico.

«Il PalaFolli – spiega sempre Mauro Orsini – costituisce un investimento che ha bisogno di essere utilizzato dodici mesi l’anno. Per questo abbiamo, negli anni partecipato a progetti, avviato corsi di varie arti, allacciato rapporti con associazioni culturali, fra cui ci fa piacere citare quello con la “Casa di Asterione” che vede fianco a fianco, alla pari, allievi diversamente abili e normodotati. O anche la collaborazione, ormai ultradecennale, con il “Laboratorio Minimo Teatro” che qui da noi tiene corsi per aspiranti attori dai nove ai novant’anni di età».

«Ospitiamo anche la nostra stagione teatrale, oltre a saggi, concerti e spettacoli – continua -. Abbiamo cercato così, soprattutto, di offrire anche prospettive lavorative di lungo termine ai nostri preziosi collaboratori. Perchè quando investi sui ragazzi in formazione poi devi essere in grado di garantire loro anche una sicurezza economica, che, soprattutto nel settore dello spettacolo, è risaputo, non esiste».

Vite da artisti

In questi quarant’anni di attività i Folli hanno girato il mondo con i loro spettacoli. Dal Sud Africa al Giappone, alla Russia, l’Europa per intero e l’Italia in lungo e in largo.  Tradizionale animatrice e consulente di quasi tutte le edizioni del Festival dell’Appennino, la Compagnia dei Folli ha anche vinto, di recente, un bando europeo triennale con partner francesi, belgi, polacchi e italiani per un Festival internazionale dedicato ai Miti e alle Maschere che farà tappa, il prossimo anno, anche al PalaFolli. Una macchina che gira alla perfezione grazie anche a collaboratori di valore. Il mago delle luci e dell’audio è Massimo Calvaresi. Il clou di ogni spettacolo è il fuoco. L’asso nella manica di ogni serata dei Folli, numero di grande impatto scenico, ma unico a non poter essere provato, quindi senza paracadute.

La collaborazione consolidata per gli effetti pirici è con la Pirotecnica Santa Chiara e con Giuliano Sardella di Rovigo, fochino di quarta generazione. Dei venti soci della Compagnia, solo un quarto sono operativi a tutti gli effetti. Qualcuno, fra quelli che nella loro vita lavorativa hanno fatto scelte diverse, approfitta delle ferie estive per il piacere di passarle in Compagnia, a dare una mano come può. Un’altra dozzina di artisti, che si cerca di stabilizzare, lavora con la Compagnia dei Folli a contratto. Pressochè in continuità, ma senza garanzie.

«In Italia esistono una mezza dozzina di scuole di arti circensi – illustra sempre Carlo Lanciotti – ma i neo laureati, appena ne escono, devono emigrare a cercare residenza nelle compagnie estere per garantirsi un sostegno economico». Non solo cervelli dunque, ma anche talenti artistici, in fuga.

I figli dei Folli

«Da quando siamo diventati una s.r.l. – confessa Carlo Lanciotti – non abbiamo mai intascato un utile. Non ci interessano i dividendi, abbiamo sempre reinvestito. Volevamo solo crescere, e far diventare una occupazione continuativa e redditizia la passione straordinaria dei nostri ragazzi. Garantire un futuro alla nostra bella storia anche dopo di noi. Non può finire tutto».

Francesco e Chiara Lanciotti, Giacomo e Gioia Orsini hanno già degnamente raccolto il testimone dei Folli. Chiara ha messo i suoi primi trampoli a 4 anni. «Una figlia dei Folli – confida – nasce e cresce in un mondo a parte che i suoi coetanei ignorano del tutto e che non conosceranno mai. Viaggia molto, vede molte più cose che stimolano la creatività, ma è un lavoro comunque atipico, fatto di dinamiche relazionali più libere e all’insegna di un affetto “famigliare” che nasce dalla condivisione pressochè assoluta di ogni  momento. Mi è capitato di fare altri lavori al di fuori della Compagnia, ma non è la stessa cosa».

Francesco, il fratello maggiore, è cresciuto anche lui in Compagnia prima di laurearsi alla prestigiosa scuola professionale del circo “Flic” di Torino. Inizia con i tessuti aerei per passare poi alle cinghie. Un po’ ginnasta degli anelli, un po’ ballerino nell’aria.

 

Oggi lavora stabilmente nel circo internazionale svizzero Finzi Pasca. Un pioniere nella sua disciplina che ha fatto scuola nella Compagnia dei Folli. Oggi le spettacolari acrobazie e danze aeree, o verticali dai trus, i tralicci di americana, appesi a tessuti, cerchi e trapezi, sono fra le loro attrazioni più applaudite. Pochi minuti di performance richiedono agli artisti ore e ore di allenamenti ogni giorno per mesi interi, e tutto questo lavoro che c’è dietro ad uno spettacolo a volte sfugge anche alla quantificazione dei cachet.

L’impegno nell’associazione di categoria

Nell’immediato dopo covid Carlo Lanciotti, come presidente nazionale dell’A.N.A.P. Associazione Nazionale Arti Performative, ha portato fino in Commissione Parlamentare il problema della discontinuità lavorativa degli artisti del suo settore. E’ allo studio una norma che preveda, attraverso l’Enpals, l’ente previdenziale per i lavoratori dello spettacolo, una apposita indennità nei periodi di inattività. Uno strumento di tutela che l’attuale Governo attuale ha rimesso poi in discussione, ma resta il fatto che la Compagnia dei Folli ha contribuito e contribuisce anche alla crescita e all’emancipazione dell’intero settore.

«Si pensi – spiega Carlo Lanciotti – che fino al 2006 il Teatro di strada non era neppure riconosciuto dall’odierno Ministero della Cultura, e quindi non aveva diritto alcuno di poter attingere ai finanziamenti dell’allora F.U.S., il fondo unico dello spettacolo. Solo nel 2015 la nostra Compagnia è stata, fra le prime in Italia, ad ottenere il riconoscimento ministeriale e ad avere accesso a finanziamenti pubblici. Perchè l’artista di teatro di strada, o urbano che sia, non è lo sfigato postulante con il cappello in mano che suona ai semafori, ma, quasi sempre, un professionista altamente preparato».

 

«Una percezione sbagliata e mortificante esclusivamente italiana. Non a caso tutti i grandi eventi si avvalgono e arricchiscono del teatro di piazza. Con una sua dignità, umana e artistica, che metteremo meglio a fuoco nel corso di un apposito, prossimo convegno nazionale. E’ il caso di sottolineare anche che il sostegno pubblico allo Spettacolo e alla Cultura in Italia è fra i più bassi d’Europa. Parliamo dello zerovirgola del Pil. In Francia, solo per fare un esempio è di oltre il 3%».

È per questo motivo che anche le più grandi rassegne del tetro di strada italiani, Mercantia di Certaldo e Buskers Festival di Ferrara, percepiscono 25.000 euro di contributi pubblici, mentre uno di pari livello in Francia può arrivare anche a 400.000. E’ così, con meno mezzi disponibili, che le compagnie italiane perdono competitività nel produrre e far circuitare i propri spettacoli. Gli spot trionfalistici che si susseguono, anche qui, restano solo pura propaganda.

 

Il grande cuore del circo

 

Le misure anti-pandemia, che hanno chiuso quasi per intero il mercato estero, hanno creato qualche problema, ma aperto altri segmenti di mercato. I Folli hanno stretto i denti e diversificato la propria offerta, ma senza snaturare la loro anima. Il vecchio tendone da circo, un mondo questo fratello del loro, che avevano tirato su nel piazzale antistante il PalaFolli e che ha ospitato anche gli spettacoli di tanti artisti famosi, è andato completamente distrutto sotto il nevone abbinato all’ultimo terremoto del 2017.

 

Ma loro, i Folli, pur nella disgrazia, non si sono persi d’animo. Con i teloni recuperati hanno confezionato resistentissime borse, borsette e borsellini, grazie alla vendita dei quali hanno potuto ammortizzare il duro colpo. Sono andati a ruba, diventando dei must. Inventiva e creatività che hanno così avuto, come nelle intenzioni, soprattutto il merito di tramandare anche la grande anima circense a quegli oggetti. Che non è andata, così, dispersa. Come i vecchi costumi dei primi spettacoli di quarant’anni fa. Amorevolmente ancora riposti con cura nei tanti bauli. Come si fa con le cose più care. Che hanno un valore inestimabile, anche se non valgono niente. Cose da Folli.

Il fuoco dei Folli

 

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