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La storie di Walter: Romolo & Domenico, live d’autore

STORIE - Dualmente Live non è solo un fenomeno musicale sambenedettese, ma la sintesi di due filosofie di vita ispirate dalla passione per la buona musica. I successi, nazionali e internazionali, che sanno cantare tutti in coro, e le tante storie di gruppi e interpreti locali degli ultimi quarant’anni
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Romolo & Domenico, Dualmente Live

 

di Walter Luzi

 

Romolo Talamonti potrebbe essere scambiato per un attore hollywoodiano. Invece è un artigiano del legno con l’hobby della musica. Si guadagna da vivere con il suo lavoro di falegname e, con la stessa passione, fa musica live. Insieme a Domenico Malatesta fanno coppia ormai da diversi anni. Entrambi sambenedettesi, quasi coetanei, cinquantuno anni il primo, cinquantaquattro il secondo, si stanno facendo apprezzare da anni per la brillante animazione musicale fra gli chalet e i dehors della riviera. Accoppiata vincente di musicisti autodidatti in grado di calamitare il pubblico di ogni età. Ma oltre al fisico aitante, i capelli lunghi la barba incolta e gli occhi azzurri, Romolo ha alle spalle anche una storia da raccontare. Un vissuto all’insegna di sport e musica, ma, soprattutto, di amicizie vere, buoni sentimenti, e insegnamenti che contano. Di una morte sfiorata, che ti riconcilia ancor di più con le piccole gioie, e ti indica meglio i valori, quelli veri, della vita.

Romolo da ragazzo con i genitori

 

Pattini e parrocchia

 

Romolo cresce fra l’anello del pattinaggio a rotelle e l’oratorio della parrocchia di San Filippo Neri. Pomeriggi interi a strimpellare e cantare tutti insieme, sognando i palcoscenici dei mega-concerti stellari, in una stanzetta attigua alla chiesa. Ambiente sano, riferimento sicuro, un tempo, per un adolescente. Come il campo di allenamento di uno sport. Qualunque esso sia. Romolo corre sui pattini a rotelle con la Skating Club IP.

 

Romolo in azione nel pattinaggio veloce

 

Settore corsa, specialità velocità. Nel 1988 a Finale Emilia si laurea campione europeo nella categoria Allievi, e bissa il titolo italiano conquistato già due anni prima quando militava nella categoria Ragazzi. Quindi passa all’hokey, nelle fila della allora Dionisi Sport. Gioca in difesa. Un baluardo di quelli difficili da superare. Ma presto la musica finisce per assorbirlo completamente.

Romolo campione d’Europa nella categoria Allievi

 

Comincia come hanno fatto anche molte future star di quegli anni: suonando in un garage con gli amici d’infanzia, o i compagni di scuola. Lui, come tanti altri a San Benedetto, è un autodidatta. Non può vantare infatti studi al Conservatorio, o diplomi di strumentista, solo, al massimo, qualche lezione privata di perfezionamento.

 

«Oggi con Internet – spiega – è tutto molto più facile da apprendere. Io ho cercato sempre di farlo ascoltando i consigli di quelli più bravi di me. Non saprei dirti cosa sia di preciso una scala pentatonica, mi fermo agli accordi e alle note, ma mi basta».

 

Amicizie, fin da ragazzino, di coetanei con la stessa condivisa passione per la musica. Come quella con Stefano D’Angelo, una delle voci della popolare band I Pupazzi.  

 

Il professore

 

Un po’ peggio vanno però le cose a scuola. Lo studio non fa proprio per Romolo. Non difetta certo di intelletto, ma, pressochè completamente, di voglia. Il professor Divo Palanca non ha mai dimenticato il suo ex alunno. Un rendimento scolastico, quello di Romolo, sempre molto, ma molto, al di sotto della sufficienza. E non solo in Ragioneria, la materia che insegna il professor Palanca. A diplomarsi impiegherà due anni in più, ma il rapporto che si instaurerà con il suo prof sarà sempre di quelli speciali. Di affettuosa amicizia che dura ancora oggi, e di stima, materia di studio a parte, reciproca e profonda.  «I ragazzi di allora erano vivaci – ricorda Romolo – scapestrati, ma mai maleducati o irrispettosi. Avevamo magari anche grandi potenzialità nello studio, ma ci mancava del tutto la voglia. Tu potresti diventare anche il presidente degli Stati Uniti, mi diceva, senza nemmeno sforzarti troppo, solo grazie a questa tua figura quasi… “mistica”. Sono passati tanti anni, e quando, recentemente, è venuto ad assistere ad una delle mie serate, nel ricordare i vecchi tempi della scuola mi ha commosso. Il professor Palanca era amico di mio padre, e anche questo fatto, forse, influiva sul nostro bel rapporto».

 

Ugo, il vigile

 

Il papà di Romolo, Ugo Talamonti, il vigile urbano, anche se non c’è più, se lo ricordano ancora tutti a San Benedetto.

Il papà di Romolo in divisa da vigile urbano

 

Presenza abituale ai mercati della città. Poliziotto che disponeva di straordinaria umanità, sotto l’austerità obbligata da quella divisa. Su cui si poteva contare. Perchè una mano, quando poteva, la dava a tutti. Anche ai vu’ cumprà abusivi, a cui, era costretto, a volte, suo malgrado, a dover sequestrare la merce. Quando se ne va, a settantasei anni, al suo funerale si raccoglie la folla delle grandi occasioni. Quella che, solitamente, riescono a radunare solo gli estinti eccellenti.

 

«Tante persone a me sconosciute, ma che avevano avuto occasione di conoscerlo e apprezzarlo, in lacrime, sono venute ad abbracciarmi quel giorno – ricorda Romolo – a  raccomandarmi di essere come lui. Una persona buona. Semplicemente. Sembra poco, ma è tutto».

 

La dolorosa perdita, che lo segna, arriva nel momento peggiore della sua vita lavorativa. Un passato di agente di commercio da dimenticare a causa di disavventure di ditte che lo travolgono, e che non si merita. Un lavoro sicuro che viene improvvisamente a mancare. Un lutto famigliare di quelli pesanti da smaltire. Solo la musica, sempre con lui, come rifugio sicuro per l’anima, risorsa contro lo stress, rimedio per sedare il dolore e guadagnare onestamente qualche spicciolo per poter tirare avanti aspettando giorni migliori.

 

«Il veglione di fine 2017 – confessa Romolo – all’Attico di Grottammare non lo dimenticherò mai. Avevo seppellito mio padre tre giorni prima, ma quella serata non potevo proprio più annullarla. E potete immaginare con quale animo ho dovuto, comunque, affrontarla. Ma la musica, comunque, mi ha sempre aiutato a superare i momenti più difficili della mia vita. A rimanere in equilibrio, a galla. Sotto tutti i profili»

 

L’incontro con Domenico Malatesta

 

Già, la musica. Primo amore della vita. San Benedetto è anche terra di musicisti. Dal jazz di Giacinto Cistola al fusion al di Carl Fanini, ma Romolo va spesso ad assistere ai concerti dei Lupo Albertos Band, uno dei gruppi che va per la maggiore, e che ammira molto. Il chitarrista e voce del complesso si chiama Domenico Malatesta. Cinquantaquattrenne, sambenedettese, quarant’anni di musica alle spalle, da autodidatta suona benissimo la chitarra, classica ed elettrica. Un altro fenomeno. Che ricorda bene, ancora oggi, il fascino che esercitavano su di lui, da bambino, quei dischi di vinile neri ingoiati dal mangiadischi della mamma. Il passo che divide l’ascolto, dal desiderio di produrlo, un suono musicale, è brevissimo. A quattordici anni ha già imbracciato una chitarra. La sua prima band si chiama Jim Beam, che ha clonato, ma suonava troppo bene alle loro orecchie, la marca di un noto bourbon whisky. Per un quarto di secolo è chitarrista e voce dei Lupo Albertos Band, un quintetto piceno-fermano che, anche cambiando molte formazioni, vive gli anni d’oro Ottanta e Novanta.

 

«Oggi, rispetto a quei tempi – spiega Domenico – quando si suppliva ad ogni difficoltà con l’entusiasmo e l’intraprendenza, è tutto più difficile. I costi, a certi livelli, sono enormemente lievitati. Vendere un buon prodotto, soprattutto sotto l’aspetto della qualità dello show, più  e prima che sotto quello dei contenuti artistici e musicali, richiede budget notevoli. Il solito service audio-luci basico ormai non basta più. Devi portare in scena, quasi obbligatoriamente, effetti di grande impatto visivo. E poi è diminuita fortemente la richiesta. Le tante feste di piazza e quartiere, oppure le innumerevoli sagre paesane di una volta, oggi non si organizzano più. I crescenti obblighi burocratici hanno fatto morire, anno dopo anno, tante belle iniziative».

 

Quando la band si scioglie Romolo e Domenico iniziano a fare coppia nella musica di animazione. Una accoppiata vincente.

Dualmente Live

 

Nasce Dualmente Live.

 

La ricetta del successo, sta, come nelle antiche ricette della nonna, in pochi, ma buoni, genuini ingredienti. Feeling con il pubblico immediato, facile, inevitabile. Voci calde, affiatate. E una scaletta di successi, ma non solo. La formula funziona. Location piccole, raccolte, intime. A contatto diretto con gli spettatori e le loro istanze, umori, aspettative. Repertorio vasto e variegato, che abbraccia tutti i gusti. Duo eclettico che sa adattarsi ad ogni tipo di pubblico in chalet e dehors, ma anche feste private, eventi e cene spettacolo. Sonorità piacevoli che non necessitano di amplificazione potente o tecnologie sofisticate. Possono fare a meno, molto volentieri, di led wall ed effetti spark, di fumi criogenici e amplificatori spacca timpani. Repertorio di cantabile italiano e ballabile straniero, che attinge prevalentemente al pop-rock del ventennio Ottanta e Novanta.

 

«Da Bob Marley ai Queen, ai Dire Straits – commenta Romolo – e poi c’è la galassia dei brani italiani senza tempo, quelli a cui non pesano i cinquanta o anche sessant’anni di vita, perché tutti li sanno a memoria, e li cantano in coro appena li si attacca. Umberto Tozzi o Raffaella Carrà, Lucio Battisti o Renato Zero, solo per fare un piccolo esempio, funzionano benissimo».

 

Più difficile proporre i successi contemporanei, perché non associabili ai miti che hanno scritto la storia della musica italiana, ma alle rivelazioni, sovente passeggere, del momento. «Sono finiti i gusti settoriali, ghettizzati per fasce di età – aggiunge Domenico – ai miei tempi i cultori del blues guardavano con diffidenza i fans dei Duran Duran, che a loro volta erano lontani anni luce dagli estimatori di Al Bano e Romina Power. Compartimenti stagni. Fazioni che nulla avevano a che spartire gli uni con gli altri. Oggi le cose sono cambiate. Le divisioni, gli steccati per genere o per età, sono caduti. Un ventenne cresciuto a pane e The Colors, ad esempio, conosce bene, e non disdegna, anche i successi di Eros Ramazzotti o di Rino Gaetano».

 

La loro miniera di successi pop e folk utilissima a riempire, quando ci sono, le piste da ballo. In questo caso le cose si complicano leggermente.

 

«È la difficoltà maggiore per chi fa questo lavoro – spiega Romolo – fatto salvo il cantare e suonare bene. Il sapere cogliere e interpretare i gusti del pubblico, per portare la serata dove vuoi tu». E se non si vuole la baldoria, niente paura, largo al soft senza tempo, alla musica impegnata. Sting ed Eric Clapton o anche Frank Sinatra. Pezzoni e ballate classici, brani da assaporare lontani dalle caciare assordanti destinate ad un pubblico più giovane. Empatia, interazione e coinvolgimento del pubblico, vengono da sole. «Le nostre voci si sposano bene – commenta ancora Romolo – e c’è grande affiatamento perché entrambi entriamo in sintonia con il pubblico senza mai prenderci troppo sul serio. Il rapporto che si instaura diventa amichevole, quasi familiare. Impossibile sottrarsi alla battuta reciproca, al coro che parte spontaneo sul ritornello che proprio tutti conoscono».

 

Lo zoccolo duro dei loro estimatori arriva a seguirli nel tour dei locali. Un mini fans-club a tutti gli effetti. Che fa piacere. Ma che non intacca minimamente la loro natura. 

 

Le cose che contano

 

La sua impresa individuale di piccola falegnameria Romolo l’ha chiamata “Ugo Lab”. In onore di suo padre. Le tre donne della sua vita lo adorano. Franca, la mamma, Silvia, la sorella, e Giulia, la figlia diciannovenne, che si sta diplomando, con migliori fortune del padre, nello stesso istituto di Ragioneria “Capriotti” di San Benedetto, ma ad indirizzo linguistico. A novembre 2020, in piena pandemia, Romolo fa appena in tempo a raggiungere, alla guida della sua auto, l’ospedale di San Benedetto. Non si sente affatto bene. E’ un presentimento che gli salva la vita. L’infarto è già in corso. Due angioplastiche all’ospedale di Ascoli lo riconsegnano al suo laboratorio di falegnameria. E alla sua amata musica. Farmaci e condotta salutista sono diventati obbligati adesso per lui.

 

«Non bevo e non fumo – conferma – mangio sano e mi tengo in forma. Anche se ho dovuto attraversare momenti difficili, per me i soldi non contano. Non sono importanti. La vita può ripagarti in ben altre forme. Ho tantissimi amici, che sono una grande ricchezza. Ho avuto salva la vita dopo che il mio cuore aveva già quasi cessato di battere. In pratica sono nato due volte. Amo il mio lavoro di falegname. E la musica rimane la più grande passione a riempire la mia vita». Filosofia da Dualmente Live.

Romolo e Domenico durante una serata in musica

 

Filosofia di vita condivisa quella di Romolo e Domenico. Che solo passione pura muove. Non considerando una pecca l’incapacità cronica di sapersi “vendere” come un prodotto. Scarsa infatti è l’attenzione per l’immagine. Per quell’involucro di vuoto apparire che incarta cuori e talenti. Quando ci sono. E per il marketing che lo impone, quell’involucro, sempre dorato, a prescindere. Zero attività e visibilità, con i tempi che corrono, sui social media. Come lupi solitari lontanissimi dal gregge planetario. Ma questa intervista verrà pubblicata, ci affrettiamo a spiegare, vista la parata, proprio su un quotidiano on-line.

 

«Ah… – realizzano entrambi solo ora – speriamo di riuscire a vederla allora, in qualche modo, quando uscirà…».


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