di Gabriele Vecchioni
Presso la sede della sezione ascolana del Club Alpino Italiano si è tenuto (venerdì 28 giugno) un incontro relativo a un’iniziativa della sezione stessa su alcune emergenze del territorio montano. All’incontro, che ha visto la partecipazione dello scrivente nella veste di ospite-relatore, hanno partecipato numerosi associati che hanno seguito con attenzione la proiezione di diapositive sul tema e la lettura critica delle immagini. Un breve dibattito ha concluso la riuscita manifestazione.
L’argomento-principe dell’appuntamento (“Stazzi nostri” il titolo fortemente evocativo) erano gli stazzi, strutture legate al mondo pastorale e ancora presenti in diverse località montane: due esempi per tutti, la conosciutissima località delle Tre Caciare, sulla Montagna di Ascoli, e diversi siti della Laga (soprattutto nell’Amatriciano).
Il progetto del Cai ascolano è quello di studiare il territorio per avere una migliore conoscenza dello stesso e integrare le attività con una serie di escursioni a tema in aree dell’Italia centrale (i Monti della Laga, i Sibillini, il Parco Nazionale Abruzzo-Lazio-Molise) dove, più di altre, sono state importanti per l’economia pastorale. Il ricco carnet di escursioni va da giugno a ottobre inoltrato, quasi a voler seguire il ritmo stagionale della transumanza (informazioni presso la sede Cai di Ascoli Piceno, in Via Serafino Cellini 10, tel. 0736.45158).
L’allevamento degli ovini è l’attività più antica che l’uomo abbia condotto sulle montagne degli Appennini: reperti archeologici dell’Età del Bronzo e dell’Età del Ferro testimoniano che, fin dai tempi remoti, la principale attività di sussistenza delle popolazioni era proprio la pastorizia; l’allevamento del bestiame nasce quindi nella preistoria ed è di tipo nomade: i pastori seguivano le greggi alla ricerca dei pascoli migliori, iniziando a tracciare le vie della transumanza. Proprio alla transumanza (orizzontale, verso i pascoli del Tavoliere della Puglia, e verticale, verso i pascoli estivi della montagna) è legata la presenza degli stazzi.
La transumanza è un fenomeno complesso e affascinante diventato, dal dicembre del 2019, Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità dell’Unesco, analizzato in numerosi convegni e opere a stampa. Esso identifica la migrazione stagionale di mandrie e greggi verso i pascoli di montagna (d’estate) e verso i pascoli a valle (d’inverno). Il vero protagonista della migrazione (oltre alle pecore, ovviamente) è l’uomo che accompagna e guida il gregge, il pastore; come uomo-costruttore, segna lo spazio che occupa e crea realizzazioni di architettura spontanea che caratterizzano il luogo e evidenziano il suo intervento; abbiamo così costruzioni stabili (o semi-stabili) come le “nostre” caciare o altre più esposte alle ingiurie del tempo, come gli stazzi.
In ogni paesaggio segnato dalla presenza del pastore e dei suoi animali, l’osservatore può cogliere la storia, la cultura, il rapporto con la natura e la memoria dell’attività svolta.
Ma torniamo all’incontro promosso dalla sezione ascolana del Cai, un incontro che si innesta nella tradizione consolidata messa in atto da tempo dal Cai nazionale, che ha varato iniziative per la ricerca dei segni dell’uomo nelle cosiddette Terre Alte, un’indagine che, nel nostro caso, a volte si ferma al semplice toponimo, per la scomparsa della struttura fisica dello stazzo, ridotto spesso a un cumulo di pietre. È importante, però, non demordere e proseguire nella ricerca. I lavori ״antichi” (come quello del pastore) sono diventati attività quasi museali più che produttive; però è importante, come abbiamo appena scritto, per ragioni di memoria storica, conservarne il ricordo. La memoria delle cose passate rafforza il sentimento di appartenenza: senza memoria non c’è identità personale e sociale. «Senza memoria non c’è futuro». (Primo Levi)
Ne parliamo con Nicola Angelini e Mario Salvi, soci del Cai ascolano, membri della Commissione Escursionismo dell’Associazione e ideatori dell’interessante iniziativa.
«La Commissione Escursionismo sezionale del Cai propone ogni anno temi che seguono la logica del rispetto dell’ambiente naturale da noi frequentato, con l’obiettivo dichiarato di promuovere la conoscenza e lo studio delle Terre Alte – spiegano -. Le escursioni proposte sono apprestate da accompagnatori ben preparati all’interno dell’Associazione, e sono rivolte a soci e non soci, purché con una sufficiente preparazione di base».
«Il nostro scopo – continuano Salvi e Angelini – non è quello di alimentare la prestazione (la cosiddetta performance), ma suscitare curiosità, emozione e trasferire il messaggio che i nostri sentieri non sono lì per caso, ma esistono perché sono la risultante di un vissuto sociale sedimentato, neanche troppo lontano nel tempo. Vorremmo che non si perda la memoria di quanto i nostri paesaggi preferiti siano connessi al lavoro e alle fatiche dell’uomo che qui ha vissuto (e ancora vive). Queste attività, legate all’economia pastorale e alla transumanza, sono state condizionate dall’ambiente e, a loro volta, lo hanno parzialmente modificato».
Ringraziamo Nicola Angelini e Mario Salvi per le significative parole e concludiamo queste brevi note ricordando che gli stazzi (argomento dell’incontro) sono insediamenti temporanei utilizzati nel periodo estivo, luoghi di sosta per il gregge e di lavoro per il pastore; che siano “in piedi” o ridotti a semplici toponimi, essi fanno parte del paesaggio e «Il paesaggio costituisce un bene culturale, inteso come monumentum ovvero testimonianza del passato, espressione di un insieme di valori, idee, credenze molto variabili e diviene un importante fattore di processi economici, sociali, politici e di sviluppo del territorio (F. Mitrotti, 2006)». Con queste parole chiudiamo questo breve pezzo, con la speranza di migliore riuscita per questa interessante iniziativa della sezione picena del Club Alpino.
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