di Luca Capponi
Il dilemma attanaglia come il caldo soffocante di fine giugno: viaggio di ritorno da Roma su autostrada A24 o Salaria? Salaria o A24? Rimugina che ti rimugina, alla fine la scelta cade sulla vecchia cara antica via consolare, oggi nota come strada statale 4, quella che attraversa i luoghi del sisma. D’altronde, mi dico, il navigatore parla di soli venti minuti in più di viaggio, poi mi godo il panorama, non pagherò il pedaggio (17,50 euro) e poi, ancora, posso fermarmi a mangiare qualcosa in uno di quei posticini che si incontrano lungo il tragitto.
E allora Salaria sia, nonostante i cantieri che ormai da qualche anno caratterizzano il percorso tra la capitale, Rieti, Amatrice, Arquata del Tronto e il punto di arrivo, Ascoli Piceno.
Premessa: passando per la Salaria siamo sui 180 chilometri e quasi tre ore di percorrenza, ovviamente traffico permettendo, mentre transitando per la A24 Teramo – L’Aquila i chilometri aumentano (214 circa) ma diminuiscono i tempi di percorrenza (2 ore e 40 minuti circa), nonostante anche lì siano presenti diversi cantieri.
Partenza alle 11,30, temperatura di circa 33 gradi. Dopo circa tre quarti d’ora di viaggio, tra la capitale e Rieti, arriva un rallentamento. Poco male, si dirà, anche perché, per fortuna, dopo anni di oblio la Salaria è finalmente oggetto di lavori da decine di milioni di euro su viadotti, gallerie e carreggiata che, si spera, porteranno ad un netto miglioramento della percorrenza. Rifletto su questo, e nel frattempo il rallentamento si trasforma in una vera e propria coda. Ci sta, è anche venerdì, magari c’è traffico. Passa mezz’ora, e la coda inizia ad assumere le sembianze di un lungo serpente. A sonagli. Tra gli automobilisti fermi in coda, iniziano i primi cedimenti mentali stile film di Fantozzi. Dopo tre quarti d’ora sotto al sole c’è chi ipotizza gli scenari più nefasti, dall’invasione aliena ad un mostro sbucato fuori da una voragine del terreno.
Alla fine, piagati dal caldo e dalla devastante combinazione prima marcia-seconda marcia, il mistero si dipana: un innocuo semaforino ha ridotto la carreggiata alternando i due sensi, nei pressi di un cantiere (vuoto) dove sembra sia in corso il taglio di alcuni sfalci. Ma su questo non garantisco, visto lo stato allucinatorio collettivo. La domanda però resta: quale mente diabolica ha potuto concepire questa mannaia?
La marcia riprende, la coda piano piano viene smaltita del tutto. Ma la via crucis non è finita. I lavori sono disseminati lungo il tragitto in stile vietcong che sbucano all’improvviso, spesso mal segnalati, a dilatare i tempi fino ad un potenziale infinito, da Rieti passando per Amatrice ed Arquata ed Acquasanta Terme. In passato alcuni lettori ci hanno segnalato una decina di semafori attivi.
Per quanto mi riguarda, posso ritenermi addirittura fortunato. Alla fine il viaggio arriva a sfiorare le 4 ore, con “solo” altri tre intoppi non della stessa portata del primo. Le considerazioni, però, arrivano da più parti (vedi utenza ed abitanti) e sono tutte condivisibili: davvero è questo il massimo a livello di riduzione del disagio per gli automobilisti? E le tempistiche per il termine degli interventi, quali sono?
Da un lato, va ribadito il plauso a lavori che questa infrastruttura attendeva da decenni (è l’unica per arrivare a Roma dal Piceno insieme alla A24, visto che la ferrovia non esiste), dall’altro, però, il rischio concreto è che quando saranno chiusi tutti i cantieri la Salaria sia finita del dimenticatoio già da un bel pezzo, vittima di queste piccole grandi odissee quotidiane.
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