di Maria Grazia Lappa
Folla e lacrime per i funerali di Francesco Cicchi, il fondatore della comunità Ama Aquilone, deceduto lo scorso 16 luglio.
La grande famiglia di Ama Aquilone si è ritrovata stretta questa mattina (18 luglio), nella chiesa di San Filippo Neri, a San Benedetto, per dare l’ultimo saluto al padre, all’uomo che ha fondato e creduto in un grande progetto di vita.
Un progetto che è riuscito a dare speranza a tante persone.
E’ stata una cerimonia piena di commozione, intorno al feretro c’erano i figli Martina e Riccardo e quelli adottivi, tanti ragazzi della famiglia allargata, che oggi si sentono orfani. Ragazzi che in Francesco non hanno trovato solo un padre spirituale, ma una guida per la vita. Erano affranti, distrutti dal dolore, perché hanno sottolineato che riponevano grandi speranze in lui: «Francesco ai nostri occhi era invincibile, non doveva finire così. Mi ha tolto più volte da situazioni difficili – dichiara un giovane – per me è un secondo padre, in lui avevo riposto tutte le mie speranze e lui mi ha dato la forza per rialzarmi, per ricominciare, per riprendermi la vita. Abbiamo portato in spalla la sua bara, come segno di profonda riconoscenza per tutto quello che ha fatto per noi».
E’ stato monsignor Vinicio Albanesi della Comunità di Capodarco ad officiare l’omelia, che ha esordito con parole cariche di mestizia: «Caro Francesco è triste salutarti così».
Il religioso ha ripercorso la vita, la forza di Francesco nel fondare Ama Aquilone. Quarant’anni di impegno, senza mai indietreggiare, neanche nei momenti più difficili. Determinato, tenace, non si è fatto mai scoraggiare: «Ricordo – ha proseguito monsignor Vinicio Albanesi – la battaglia per avere in comodato d’uso la vecchia scuola agraria a Castel di Lama, la scelta della campagna, di questo magnifico progetto. Abbiamo aiutato tante persone a ritrovare la vita che avevano abbandonato, altri li abbiamo dovuti lasciarli andare».
Parole cariche di sentimento, che toccano l’animo dei presenti, che si sciolgono in lacrime.
«Avevi fatto costruire una cappella nella comunità dove si celebravano tre feste importantissime: a novembre quella della nostalgia, con l’elenco di chi non ce l’aveva fatta e non era più tra noi, a Natale ed a Pasqua, occasione in cui si guardava al futuro. Sei stato un giglio, una pianta bellissima, che cresce in collina ed è soggetta ai venti e tu di venti ne hai dovuto fronteggiare molti. Sei stato importante, autorevole, hai tenuto bene il timone. Ci hai lasciato una grande eredità, che conserveremo. La famiglia allargata resterà sempre Ama Aquilone e noi ci impegneremo tutti affinché esista per sempre».
A dare l’addio a Francesco c’erano proprio tutti: i ragazzi ospiti, i volontari, i collaboratori, le autorità e gli amici.
Un uomo buono e giusto, non tanto perché ha fatto tante cose, ma perché si è abbassato ai più deboli, vincendo l’indifferenza e la fatica.
La vice presidente Maria Paola Modestini ha ribadito l’impegno nel portare avanti quanto fatto fino ad oggi da Francesco Cicchi, sottolineando che la sua capacità di cogliere la bellezza nella fragilità di ogni persona ha lasciato un segno indelebile nella Comunità e nei cuori degli ospiti e di tutti coloro che lo hanno conosciuto.
Ha ribadito con forza la sua filosofia di lavoro e le «tre cose che non possono mai mancare nel lavoro con i tossici: un libro di poesie, della buona musica e un quaderno su cui prendere appunti, cancellare e riscrivere. Addio Francesco il tuo nome è inciso nei cuori di chi ha vissuto nella comunità di Ama-Aquilone».
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