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Le storie di Walter: gli alieni a Pretare e il caso di Filiberto Caponi, un capitolo mai chiuso

ARQUATA - Dopo gli avvistamenti del 1993, 31 anni di interrogativi rimasti senza risposta. Certe invece le inquietudini di un ragazzo che è diventato uomo senza smettere mai di cercare la verità. Senza farsi vincere da intimidazioni, derisioni e pregiudizi. Questa è la storia di un umano privilegiato, e dell’umanoide più fotografato di sempre 
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Filiberto Caponi non ha ancora chiuso i conti con la sua storia

 

di Walter Luzi

 

Filiberto Caponi è abituato agli atti eroici a Pretare, la sua terra amata e sfigurata. Come sfidare per trent’anni l’incredulità e lo scetticismo generali dei compaesani dopo il suo incontro ravvicinato del terzo tipo con un essere alieno. Una battaglia di principio mai persa. Un discorso rimasto sempre aperto. Un capitolo mai chiuso della sua vita, e della storia della sua terra, per tradizione magica con i suoi monti Sibillini, che torniamo a riaprire.

 

O scegliere di restare, comunque, fra le tante rovine e le poche speranze, dopo che i sisma del 2016 e 2017, quassù, si sono portati via tutto. Nella sua casetta-laboratorio del villaggio Sae di Pretare continua, con amore e passione infinite, a restaurare opere d’arte, dipinti, ceramiche, terracotte. A restituire bellezza alla devastazione, a cercare di ridare, in proprio, nel suo piccolo, un futuro degno a questa terra. Oltre le eterne promesse che in Italia non mancano mai, ma che restano tali troppo a lungo. In un suo scritto, Ferito incanto, ha saputo, con sensibilità e afflato non comuni, parlare di questi luoghi dopo che il terremoto ne ha mutato drammaticamente la storia. Credendo, impegnandosi, in una rinascita che può, deve, passare da ogni strada praticabile. Perché, per dirla con i suoi versi,  “nulla è perduto, ma solo cambiato”.

Caponi e il suo lavoro di restauratore d’arte

 

Il primo incontro

Ha solo 23 anni Filiberto Caponi nel 1993. La notte del primo incontro è quella del 9 maggio di quell’anno. Una vita tranquilla, normale, fino a quel momento. Lontane dalla sua mente certe tematiche fantascientifiche. Nessuna suggestione pregressa a preparare il campo a improvvise “visioni”, capaci di mandare al manicomio chiunque ne resti, suo malgrado, protagonista. O vittima. Torna a casa di ritorno da una delle serate passate in compagnia degli amici.

 

«Non avevo né bevuto troppi alcolici – sottolinea volentieri per l’ennesima volta – né fatto uso di droghe e neppure mangiato pesante, funghi allucinogeni magari. Come, da subito, tutti si sono affannati a sospettare ironizzando dopo il mio racconto».

 

Il viottolo vicino alla minuscola chiesetta della Punturella la location.

 

«Ho sentito, rincasando, nel gran buio completamente silente della montagna, dei suoni gutturali, come fossero amplificati da un megafono, che non riconoscevo fra quelli a me noti. Richiami, quasi dei segnali di aiuto, forse. Mi sono avvicinato a quello che mi sembrava un involucro come animato al suo interno da cuccioli abbandonati, e che, invece, toccandolo con un piede, si è manifestato come un umanoide che si è presto allontanato muovendosi secondo modalità più proprie di una sonda biomeccanica che di un alieno. Mi sono spaventato a morte. Sono corso via a chiudermi in macchina inserendo la sicura delle portiere con il cuore che mi batteva in gola dalla paura».

 

Passano due settimane. Con quel pensiero fisso in testa. L’orecchio teso, soprattutto di notte, a riascoltare quello strano verso. Dorme con la sua vecchia macchinetta fotografica polaroid sul comodino. Che risulta provvidenziale a quindici giorni di distanza dal primo avvistamento, quando quella sorta di richiamo risuona ancora nell’oscurità. In piena notte si precipita fuori in mutande. Aprendo il catenaccio del portone di casa fa rumore, ma l’alieno non se ne cura. Fanno rumore anche i suoi passi sul brecciolino del viottolo mentre avanza, circospetto ma deciso, nella semioscurità verso Filiberto che gli va incontro con la sua polaroid spianata. Con notevole sangue freddo riesce, stavolta, a scattare due foto prima che la misteriosa creatura si dilegui ancora.

 

«Ma adesso – ne è convinto – tutti dovranno credermi».

La creatura aliena fotografata da Filiberto Caponi

 

Alla ribalta delle cronache

 

Foto e notizia trovano subito spazio sui quotidiani locali. Enzo Vitale, cronista della redazione ascolana de Il Messaggero, è il primo a fare lo scoop che rimbalza subito sulla edizione nazionale della capitale, e viene ripresa da numerosi altri quotidiani e rotocalchi in Italia e all’estero. Molti saranno anche i programmi televisivi dell’epoca che si interesseranno al caso Caponi. I Fatti Vostri con Massimo Giletti prima e Giancarlo Magalli dopo, che inviterà in studio anche il papà Luciano e la nonna Antonia, testimone oculare anche lei dell’ultimo avvistamento. Ma sarà, a più riprese, il Maurizio Costanzo Show a dare la maggiore visibilità al caso Caponi.

 

Una delle tre ospitate al Maurizio Costanzo Show

 

Il conduttore lo manda a prendere a Pretare dalla sua auto blindata personale per portarlo al suo popolare talk-show. Lo inviterà ben tre volte a raccontare in tv la sua storia alla quale, personalmente, fin dall’inizio credeva. Successivamente anche Rai Cultura fra i tanti altri, ha dedicato un bel servizio alla sua vicenda, oltre alle inchieste condotte dalla redazione di “Mistero” sulle reti Mediaset. Ma l’elenco dei servizi usciti sulla carta stampata e in tv sul caso Caponi sarebbe lunghissimo. Anche perché il suo record, mondiale e documentato, di avvistamenti suscita interesse come vedremo ben oltre i confini nazionali.

Filiberto Caponi con il papà e la nonna ospite a I fatti vostri con Giancarlo Magalli

 

Gli incontri successivi

 

Tornerà infatti ancora nei pressi della casa di Filiberto Caponi l’ET di Pretare nei mesi successivi. Come un qualsiasi animale randagio di notte, spaventato, timoroso e diffidente, ma comunque, forse, anche bisognoso di aiuto. Il ragazzo scatta in tutto sei fotografie nel corso dei loro cinque incontri avvenuti nell’arco di sei mesi. L’ultimo contatto ravvicinato ha anche un’altra testimone oculare, purtroppo venuta poi a mancare nel 2000. La sua amatissima nonna Antonia.

 

La nonna Antonia testimone oculare anche lei

«Lei si faceva il segno della croce – ricorda Filiberto – quando le parlavo di questa creatura. Pensava infatti che fosse una manifestazione del diavolo, della quale non voleva neppure vedere le immagini, ma quando quella notte la portai con me, quasi si commosse vedendola. Abbandonò subito ogni timore. Fu compassionevole e sorridente, colpita dalla sua mitezza. Quella, il 27 ottobre 1993, fu anche l’ultima volta che vidi e fotografai quell’affarino strano che mi cambierà per sempre la vita».

 

Le foto della discordia 

 

La metabolizzazione di certi eventi non è davvero facile. Non lo sarebbe per nessuno, e non lo è stata per Filiberto Caponi, che deve rifare i conti con tutto.

 

«Si va come in tilt – per usare le sue parole – accettare di aver visto qualcosa che, nel comune sentire, non dovrebbe neanche esistere. Coesistere con una paura nuova, di fronte a qualcosa di ignoto, sconosciuto e inaspettato, che finisce per incidere anche sulla salute. Mettere in discussione tutti i propri retaggi personali».

 

Anche difendersi, persino, dagli effetti collaterali di perverse dinamiche istituzionali, pure tese, benemeritamente, alla tutela dell’ordine pubblico. Alla salvaguardia di un interesse generale che può vedere anche calpestata, come in questo caso, la credibilità di un onesto cittadino. Suffragata, per di più, in questo caso, anche dall’evidenza della prova. Le foto. Che non sono foto qualsiasi. Le foto polaroid di una volta, restano tutt’ora, nella nostra era di mistificazione tecnologica diffusa e di virtualità generalizzata, le uniche a non poter essere alterate, o ritoccate. L’unicità concreta, ben apprezzata anche in ambito forense, legata ad uno scatto unico, impressionato su carta all’istante senza l’ausilio di una pellicola, e molto più affidabile dei moderni jpg digitali. Foto che tutti, dentro e fuori Pretare, possono guardare, e giudicare, anche sui giornali. Una diffusione di immagini e notizie, una improvvisa e imprevedibile sovraesposizione mediatica, che manda in fibrillazione tutte le istituzioni locali. Già preoccupate dal fatto che diversi umani terrestri di Pretare, forti della concezione antropocentrica del Creato, pare avessero formato anche delle ronde notturne armate con l’intento dichiarato di prendere a schioppettate l’innocuo esserino.

La fitta rassegna stampa sul caso Caponi

 

Mentre monta la diffidenza della maggioranza dei conterranei verso questo esperto di arte, materie plastiche e ceramiche, colori e forme da recuperare, un creativo insomma, con le mani abbastanza in pasta per essere riuscito ad inventarsi, e a costruirsi in casa, tutto da solo, questo presunto alieno. Degno, a questo punto, Caponi, di un Oscar anche lui, come Carlo Rambaldi, per aver dato vita ad un altro “pupazzo” extraterrestre molto ben riuscito. Benchè senza un movente ragionevole, o qualcosa da guadagnarci, nell’organizzazione di tutta la presunta messa in scena.

ET, l’extraterrestre del cinema ideato da Carlo Rambaldi, qui col regista Steven Spielberg

Il “processo” in caserma

 

Il corso della giustizia che nel nostro Paese è sempre lentissimo, macchinoso, dalla cavillosità pelosa spesso discutibile, per lui fa eccezione.

 

Convocato nella locale stazione dei Carabinieri, dopo che il suo caso è già finito su giornali e tv, gli viene “suggerito” un compromesso. Quella sera stessa un sostituto procuratore della Repubblica e un avvocato a sua difesa nominato d’ufficio, arrivati con velocità inusuale nella caserma dei Carabinieri di Pretare, siglano l’accordo. Lui deve limare qualcosa dalle sue dichiarazioni, acconsentire a smussare molte delle sue certezze, per evitare di diffondere il panico in paese soprattutto continuando a mostrare quelle foto. Che, ovviamente, gli vengono subito sequestrate. Solo così potrà tornarsene subito, tranquillo, a casa sua. A 23 anni è più facile farsi convincere che è meglio così. Che, tutto sommato, ti conviene. Ma a 23 anni Filiberto Caponi, mostrando quelle foto, non aveva nessuna intenzione di spaventare, o allarmare, proprio nessuno. Né, tanto meno, abusare della credulità popolare.

 

«Ti dico, sinceramente, di più – ammette sempre onestamente – fosse successo a qualcun altro quello che è successo a me, io sarei stato il primo a non credergli».

 

A terrorizzare l’opinione pubblica sono bastati in ogni epoca, d’altronde, da soli, i notiziari quotidiani dei telegiornali. Lui voleva solo condividere la straordinarietà, e anche la comprensiva, conseguente incredulità, di questo incontro con un essere piccolo, stranissimo, ma apparsogli sempre inoffensivo, socievole, e, forse ferito, sofferente. Che scappa e si nasconde per di più. Ma insistendo sulle sue buone ragioni, Caponi finisce, alla fine, anche perché a lungo attenzionato dalle forze dell’ordine, per perderci almeno la considerazione di molti suoi compaesani. Anche con il Centro Ufologico Nazionale, finanziato dal Governo come in tantissimi altri Paesi del mondo, Caponi ha avuto problemi.

 

«Questa è una storia più grande di te – mi dissero – non puoi gestirla da solo. Dacci tutto il materiale che hai, e lascia a noi il compito di dare una risposta alla domanda se siamo soli nell’Universo. Io ho fatto sempre un lavoro autonomo, stento molto a farmi gestire. Di fronte alle mie titubanze per un approccio che mi appariva più poliziesco che scientifico, passarono la pratica ai Carabinieri per farmi sequestrare la macchinetta polaroid e le fotografie originali».

 

Ma c’è di più.

 

Non siamo soli, non è stato il solo

 

Filiberto Caponi non fu l’unico a imbattersi nell’ET di Pretare in quella calda estate del 1993. Ma dopo il trattamento riservato a lui dai compaesani e dalle Istituzioni, nessuno si fece avanti all’epoca per rendere più credibile il suo racconto al quale proprio nessuno era disposto a credere. Il ruolo rivestito, il timore di essere additati anche loro come dei gran cazzari, delle minacce alla quiete collettiva, li fece desistere. Qualcuno di loro lo ha ammesso solo molti anni dopo, e in forma anonima e privata. Magra soddisfazione. Altri lo hanno fatto invece, mantenendo però l’anonimato, in programmi televisivi come “Mistero” di Mediaset.

 

La Nasa, l’ente spaziale americano, e un presidente della prima potenza mondiale, Barack Obama, hanno dovuto ammettere pubblicamente che esiste una corposa casistica di avvistamenti di oggetti volanti non identificati comparsi sui propri spazi aerei che non hanno trovato giustificazioni scientifiche o spiegazioni razionali. Ufo. Unidentified Flyng Object. Adesso li chiamano Uap. Unidentified Anomalous o Aerial Phenomena. Cambiato l’acronimo resta invariata la sostanza, che aveva già ispirato, solo una decina di anni prima dei fatti di Pretare, due fragorosi successi cinematografici planetari fra il 1977, con Incontri ravvicinati del terzo tipo, e il 1982, con E.T. l’extraterrestre. Fantascienza? Mica tanto.

L’ex consigliere del Pentagono Timoty Good si è occupato del caso Caponi

 

In tutte le Marche e nel vicinissimo Abruzzo si registrò per tutto quel 1993 quello che si definisce un flap ufologico. Cioè una vasta casistica di avvistamenti di oggetti volanti non  identificati nei nostri cieli. Negli stessi giorni della comparsa dell’alieno a Pretare l’intero equipaggio di un elicottero dei Vigili del fuoco di Pescara verbalizza l’improvviso avvistamento e il conseguente rischio di impatto, a 500 metri di quota, con un umanoide volante, molto simile, nelle descrizioni fornite, a quello più volte incontrato e fotografato da Filiberto Caponi.

 

Fra gli organi di informazione, la notizia ha più risalto sulla stampa estera che su quella nazionale, fagocitata dalle vicende della storica inchiesta Mani Pulite di quel periodo. In America dedicano una puntata di un popolare programma televisivo sul tema al caso Caponi, di cui arriva ad occuparsi persino Timoty Good, ufologo inglese di fama mondiale, ex consigliere del Pentagono in materia, nonché musicista di successo. Viene in Italia a incontrare Caponi quattro volte, e farà analizzare dai suoi collaboratori di Scotland Yard tutto il materiale dopo il dissequestro. La conclusione è che le immagini non sono state manomesse. Quelli che hanno vissuto esperienze come quella di Caponi nel mondo sono migliaia, di ogni ceto sociale. Ufficialmente si possono restringere, al netto dei fenomeni che hanno trovato poi spiegazioni più o meno plausibili, e di burloni e mitomani sempre in agguato, ad un 5% del totale i casi di effettivi avvistamenti, o contatti, con extraterrestri. Che non sono, comunque, pochi.

Con Irene Pivetti fra le lettrici del suo libro

I vip al fianco di Filiberto

 

I colpi di fortuna insperati, le collaborazioni disinteressate da parte di vip incuriositi dalla sua vicenda, sono stati tanti. Grazie ad un legale consigliatogli da Vittorio Sgarbi, conosciuto ad una mostra su Osvaldo Licini, riesce a recuperare miracolosamente, appena in tempo prima dalla definitiva confisca, tutti i documenti che gli erano stati sequestrati.

Con l’attore Decaro che ha declamato anche i suoi versi

 

Irene Pivetti, ex presidente della Camera, agganciata in Piazza del Popolo ad Ascoli, gli garantisce interessamento per una interrogazione parlamentare sulla sua vicenda, e per la sua eventuale partecipazione ad una importante rassegna cinematografica una volta realizzato il film-documentario, ancora in cantiere, sugli avvistamenti di Pretare. Ma sarà l’attore napoletano Enzo Decaro il più grande alleato del mondo dello spettacolo al fianco di Filiberto.

 

Si conoscono per caso ad una manifestazione sulla sacra sindone e fra di loro nascerà una bella amicizia. Decaro resta molto colpito dalla più che rara esperienza vissuta da Filiberto. E anche dalla sua sensibilità. Dall’amore che dimostra per la sua terra. Dopo il terremoto che la devasta è ben lieto di declamare i versi scritti dall’amico (qui il video). Si intitola “Ferito incanto” scritto di getto, in una notte, subito dopo la tragedia del 2016. La replica poetica picena al successo musicale di “Domani”, nato dopo l’altrettanto tragico sisma de L’Aquila. Decaro partecipa anche, in videoconferenza insieme a lui, a una diretta del programma “Sarà vero?” sulla Tvweb CR24 che ripercorre tutte le tappe della sua singolare vicenda.

Al lavoro con i vigili del fuoco dopo i sisma del 2016 e 2017

 

Il presente

 

Pretare è stata cancellata dai sisma del 2016 e 2017. Le case, i viottoli, i muretti a secco che videro materializzarsi il piccolo visitatore extraterrestre non esistono più.

 

La rimozione delle macerie delle mura distrutte ha lasciato spazio solo alle erbacce. Terre ferite che restano, comunque, magiche e ricche di leggende.

 

«Avessi fatto i soldi con questa storia – commenta amaro Filiberto Caponi – domani non dovrei alzarmi presto per andare a lavorare. Sono passato da matto, o da minaccia alla pubblica quiete, per poi uscirne completamente pulito, ma il pressochè totale discredito gettato su di me e sulla mia storia ha finito per penalizzare soprattutto il territorio. Alle antiche leggende di fate e cavalieri erranti dei nostri monti Sibillini poteva aggiungersi benissimo anche quella, più moderna, dell’extraterrestre atterrato a Pretare. Poteva essere, ritengo, un’altra opportunità di rilancio per queste zone».

Se torni fatti vivo, la sua prima pubblicazione

 

Invece sul caso Caponi è sceso presto l’oblio. Passino i piedi caprini della famosa maga dell’antro, malefica e malvagia, ma questo alieno extraterrestre socievole e certamente inoffensivo proprio no. Passino i tanti mistici estasiati dalla quotidiana visione, a orari fissi, della Madonna, che spuntano qua e là, ma questo bravo ragazzo di montagna che chiede solo di essere preso sul serio proprio no. Valla a capire la gente.

 

Caponi in questi ultimi trent’anni ha scritto due libri sulla sua singolare esperienza, della quale non ha mai smesso di parlare, e partecipa abitualmente, anche come relatore, a convegni scientifici sul tema.

Il caso Caponi secondo libro sulla sua singolare avventura

 

«Mi conforta che anche il mio Comune – confessa non senza soddisfazione – negli ultimi tempi abbia mostrato interesse ad organizzarne uno. Forse anche per cercare di “compensare” l’ostilità e l’aperta diffidenza, certamente eccessive, dell’epoca dimostrate ad un giovanissimo compaesano. E anche perché queste zone, così provate, hanno disperato bisogno di rialzare la testa, in qualsiasi maniera, dopo la dura prova patita».

 

Il sogno

 

La mamma Domenica e il papà Luciano, come la nonna Antonia, non ci sono più. Gli sono restati sempre accanto, fra i pochissimi a credergli. È anche per loro che Filiberto Caponi vorrebbe vedere raccontata in un film la sua esperienza fuori dal comune.

 

«Per rispondere alle tante domande piovutemi addosso ho già scritto due libri – commenta – per farla conoscere meglio al mondo ci vorrebbe però un film. Siamo ancora lontani, l’argomento è ritenuto ancora difficile. Ma non dispero di riuscirci, un giorno».

Filiberto Caponi oggi

 

Intanto c’è il trailer, che riproponiamo (qui il video). La parola fine a questa storia è ancora tutta da scrivere. L’ordine costituito mondiale dovrebbe essere il primo a credere in altre forme di vita intelligente nello spazio. O, almeno, a sperarci, visti tutti i danni che noi terrestri, da soli, abbiamo combinato fino a oggi.

 

Margherita Hack autorevole e illuminata astrofisica e divulgatrice scientifica ricordava: «Solo la nostra galassia, la Via Lattea, conta almeno quattrocento miliardi di stelle come il nostro Sole, e altrettanti pianeti. Delle altre galassie non lo sapremo mai perché sono, per noi, ancora irraggiungibili. E’ altamente probabile che quello che è successo sulla Terra, che ha condizioni adatte, anzi ideali, ad ospitare una vita evoluta, sia stato, sia, o sarà, replicabile anche su altri pianeti».

 

Graffiti e simbolismi di antiche e grandi civiltà del passato testimoniano di incontri con visitatori scesi dal cielo. Oggi come genere umano, non è che siamo messi proprio benissimo, e, soprattutto negli ultimi tempi, verrebbe da fidarsi più degli alieni che dei terrestri. Se riusciamo a scampare alle gravissime conseguenze dell’inquinamento globale, agli asteroidi in traiettoria di impatto con la Terra, e alla ormai imminente terza, tutta nucleare, guerra mondiale, a cui gli umani stanno lavorando con grande impegno, ci si può rivedere. Tu, caro ET se dovessi ricapitare in zona, fatti vivo.

 

 


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