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Colli, a lezione con il professor Camillo De Lellis: lo studioso di fama internazionale torna a casa

L'INTERVISTA - Il matematico piceno, che ora lavora all’Institute for Advanced Study, Princeton, negli Stati Uniti, ai giovani orientati verso la ricerca: «Innanzitutto devono essere motivati, devono seguire le loro passioni, solo così si riescono a superare anche i momenti più difficili»
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Il professor Camillo De Lellis

 

di Maria Grazia Lappa

 

Un’insolita lezione, sotto il cielo stellato,  a Colli del Tronto. A salire sulla “cattedra”, allestita nelle pinetina di palazzo Rubicini, è stato il professore Camillo De Lellis, matematico di fama internazionale, a cui il Piceno ha dato i natali e Colli del Tronto la cittadinanza onoraria.

 

De Lellis è il matematico che ognuno di noi, per almeno una volta nella vita vorrebbe incontrare e che rispecchia l’immagine del vero scienziato: diretto, pragmatico, capace di aprire uno squarcio nella linea abituale della stanca provincia.

 

Ha iniziato la sua estemporanea lezione di matematica, coinvolgendo il pubblico con associazioni di pensiero e digressioni, che conducono in un’altra dimensione, abbracciando tutti gli aspetti della vita in un dialogo diretto, capace di coinvolgere anche gli uomini comuni casualmente coinvolti nel discorso matematico. Nel paese, per una sera, si sono intersecati i fili invisibili della fierezza e dell’orgoglio per questo “figlio” così talentuoso, che si è fatto conoscere al mondo.

 

Tra i suoi principali lavori, va sicuramente citato lo studio della teoria della regolarità delle superfici minime. Insieme al collega Emanuele Spadaro, ha esaminato e riveduto il mastodontico saggio millepagesimale di Frederick Almgren, ricavandone una versione più moderna e concisa, aperta ad ulteriori approfondimenti. Si è interessato, inoltre, alla matematica dei moti turbolenti nei fluidi, insieme al collega László Székelyhidi Jr. Quest’ultimo studio gli è valso il premio Fermat nel 2013.

 

Professor De Lellis, quando ha scoperto di avere una passione per i numeri?

 

«Ero all’asilo e già amavo fare i conti, emergeva la passione per i numeri; volevo fare lo scienziato, ma solo con il crescere ho capito che la matematica avrebbe avuto un ruolo determinante nella mia vita, una passione che avrei coltivato e trasformato nel mio lavoro. Per intraprendere questa strada, che impone tanti sacrifici e rinunce anche da parte di chi decide di rimanere al tuo fianco, è necessario avere una filosofia di vita: prendere il lavoro come un divertimento, altrimenti diventa tutto più faticoso e complicato».

 

Che cosa intende?

 

«Mi considero un privilegiato, perché faccio un lavoro che amo, che mi appassiona e diverte e questo non è scontato».

 

Professore, qual è stato il suo percorso?

 

«Chi fa ricerca sa che deve andare lontano, siamo soggetti ad una mobilità che non scegliamo. Dopo gli studi nell’ascolano, a 19 anni, mi sono iscritto all’Università La Normale di Pisa, mi sono laureato e dottorato. Poi sono stato in Germania e a 29 anni sono diventato professore ordinario dell’Università di Zurigo e infine sono partito per gli Stati Uniti, dove vivo con la mia famiglia. Al momento sono all’Institute for Advanced Study, Princeton negli Stati Uniti, uno dei luoghi più prestigiosi, dove ha lavorato Einstein quando è emigrato negli Stati Uniti».

 

La matematica in Italia è studiata come in America?

 

«Princeton è un luogo che permette a tanti di avere borse di studio e borse post dottorali, c’è tantissima attività di ricerca, si tratta di un unicum, ma anche in Italia ci sono buone chance».

 

Professore quale impatto avrà l’intelligenza artificiale sulla matematica?

 

«L’impatto l’abbiamo già avuto, in alcuni casi è stata anche di aiuto, ma credo che al momento non abbia un’influenza profonda, determinante».

 

Cosa può dire il professor De Lellis ai tanti giovani che si accingono ad intraprendere la lunga e lastricata strada della ricerca?

 

«Innanzitutto devono essere motivati, devono seguire le loro passioni, solo così si riescono a superare anche i momenti più difficili».


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