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Antonio De Meo, la mamma Lucia Di Virgilio a 15 anni dalla tragedia: «Non riesco a perdonare chi ha ucciso mio figlio»

CASTEL DI LAMA - Il 23enne, studente e cameriere, è rimasto vittima di una violenta aggressione dopo essere uscito dal luogo di lavoro, a Villa Rosa di Martinsicuro. In suo nome, i genitori hanno fondato una onlus per aiutare chi è in difficoltà
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Antonio De Meo

 

 

di Maria Grazia Lappa

«Quindici anni e una lunga strada lastricata dal dolore».

Antonio De Meo

Sono le parole di Lucia Di Virgilio, la mamma di Antonio De Meo. Sono infatti trascorsi 15 anni dalla notte del 10 agosto 2009, quando Antonio, studente e cameriere di 23 anni di Castel di Lama, venne ucciso, era in un’area verde, a Villa Rosa di Martinsicuro, a mangiare un panino, a fine turno, quando venne aggredito ed ucciso a calci e pugni, per futili motivi, da tre rom, uno dei quali, all’epoca dei fatti, minore di 14 anni.

Lucia, cosa prova dopo tutti questi anni?

«Sembra ieri. Prima della disgrazia, ho sentito dentro di me che qualcosa di brutto stava per capitarmi, avevo una profonda inquietudine, ma non immaginavo una tragedia così grande».

Cosa ricorda di quella sera?

«Mi chiamarono dicendo che Antonio aveva avuto un incidente in bicicletta e di andare di corsa in caserma. Ho iniziato a telefonargli, senza risposta, più telefonavo più concretizzavo che qualcosa di veramente grave era accaduto. All’arrivo in caserma le mie remote speranze che fosse ancora vivo si sono infrante contro il muro di disperazione».

Quando ha capito come era morto, cosa ha provato?

«Ho sentito dentro di me una profonda rabbia. Mio figlio dopo una giornata di lavoro è stato massacrato, ucciso. Non si può morire così, per evitare che ti portino via una bicicletta che non era neanche sua. Antonio era un ragazzo buono, chi l’ha conosciuto sa che animo che aveva.

Nella sua vita, quando ha potuto, ha aiutato sempre tutti.

Continuo a soffrire profondamente per la sua morte, perdere un figlio va contro l’ordine naturale della vita: nessun genitore sarà mai “pronto” alla morte del proprio figlio. Io e Giuseppe abbiamo sperimentato un profondo senso di vuoto, una parte di noi è stata portata via bruscamente.

La nostra casa è diventata improvvisamente vuota, lui ci abbracciava, cucinava per noi, era sempre gioioso, molto affettuoso, tutto questo mi manca terribilmente. La nostra vita è stata stravolta. Insieme avevamo fatto tanti progetti: lui frequentava la facoltà di Agraria a Bologna. Gli mancava un anno per terminare gli studi e insieme volevamo aprire un locale, lui sarebbe stato lo chef.

Purtroppo il nostro è un dolore che durerà per sempre».

I genitori di Antonio De Meo

Come si sopravvive ad un dolore così grande?

«Ci siamo adattati. Abbiamo raccolto ciò che ci ha lasciato: la sua bontà. Da qui è nata l’associazione Antonio De Meo onlus, che aiuta chi è in difficoltà. Antonio era una persona caritatevole e noi abbiamo portato avanti questo suo spirto, tutto questo ci dà una grande forza. Colgo l’occasione per informare le persone che presto lasceremo i locali di via Po, per andare nei locali dell’ex Pro Loco in via Cese, sempre a Castel di Lama».

Signora Lucia, può perdonare chi ha ucciso suo figlio?

«Ho subito la più inumana delle ingiustizie, non li perdonerò mai. Vorrei invece mio figlio, vorrei riavvolgere il nastro, poterlo riabbracciare, almeno per una volta, ma so che non si può, il tempo scorre in una direzione e indietro non si trona. Tante volte mi metto a pensare: se non fosse andato lì, se quel gruppo vuoto e privo di interessi non fosse stato lì, se tutto fosse andato diversamente, ma con i se non si sopravvive».


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