L’economia di montagna è un asset che ha un potenziale nelle Marche, se ben convogliato su alcune azioni strategiche. Confartigianato ha presentato uno studio sul tema, con spunti di riflessione anche locale.
Guardando intanto alla composizione, notiamo che le Marche sono tra le ultime regioni in Italia per numero di Comuni di montagna (il 17,8% del totale), ma con peso maggiore nel Maceratese (il 29,1%) e nell’Ascolano (il 18,2%). Nel Fermano la percentuale è ridotta al 2,5%. La popolazione residente è invece inferiore al dato regionale (6,5% della popolazione totale al 31 dicembre 2022) a Macerata (4,8%), Ascoli Piceno (4,6%) e Fermo (0,6%). Il sisma del 2016 ha sicuramente aggravato lo spopolamento dell’entroterra.
Sebbene territorio contenuto, quindi, l’economia montana del sud delle Marche ha grossi margini di crescita, perché produce numeri di tutto rispetto. Vedendo le imprese attive (non agricole) nei Comuni di montagna, queste nel Maceratese hanno prodotto un fatturato di 464 milioni in un anno (2021), nell’Ascolano di 452 milioni di euro, nel Fermano di 13 milioni. Una piccola percentuale rispetto al fatturato totale (il 3,2% del totale nel Maceratese, il 4,4% nell’Ascolano e lo 0,2% nel Fermano), che comunque genera un valore aggiunto che non può lasciare indifferenti: 141 milioni nel Maceratese (3,3% del totale), 109 milioni nell’Ascolano (4,2%) e 5 milioni nel Fermano (0,2%).
Si possono così aprire nuove prospettive pensando ad un turismo innovativo, considerando anche che:
Per Giorgio Menichelli, Segretario generale di Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo, «le potenzialità turistiche della nostra montagna sono evidenti e rispondono a quell’esigenza di undertourism che è sempre più ambita nel mercato. La ricerca di luoghi di villeggiatura “meno battuti” è in grande sviluppo. In un’area che sta soffrendo lo spopolamento per le questioni che tutti noi tristemente conosciamo, l’arrivo di turisti consapevoli e interessati può essere di notevole slancio per l’economia. Dobbiamo allora vedere la nostra montagna come un piccolo scrigno, che può aprirsi ad un turismo che non deve guardare ai grandi numeri, ma deve offrire qualità per avvicinare turismo di qualità».
Il nostro entroterra, per conformazione e autenticità, ha tutte le caratteristiche giuste per conquistare una nuova fetta di pubblico. «Le Marche sono terra di turismo esperienziale, tendenza che in Italia ha segnato nel solo 2022 ben 352 milioni di esperienze registrate dal totale degli arrivi nazionali. Un comparto che guarda alla riscoperta dei luoghi inesplorati e che pesa per un giro d’affari di 265 miliardi di euro».
L’artigianato, in questa sfida, gioca un ruolo chiave. «Non dimentichiamoci infatti – prosegue Menichelli – che gran parte delle produzioni artigianali di pregio, che sono poi il fiore all’occhiello della nostra offerta, provengono dai piccoli centri. In Italia, su 297 tipicità, 268 sono nate nei piccoli Comuni. Nelle nove province colpite dal Sisma del 2016 si contano 22 prodotti certificati tra Dop e Igt. In questi luoghi le imprese artigiane alimentari sono il 6,3% del totale».
Cosa fare? «Intanto – osserva Menichelli – è giusto creare una concreta programmazione coordinata, oserei dire “globale”: in una regione geograficamente contenuta come la nostra l’offerta del turismo balneare non può prescindere dal turismo dei borghi e del nostro entroterra. A questa complementarità va aggiunta la ricerca di nuove proposte, anche in termini di ospitalità. Notiamo un certo dinamismo e l’intento di Confartigianato è proprio quello di favorire investimenti in tale direzione, dando agli imprenditori la possibilità di esprimere al meglio le loro progettualità».
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