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I giovani imprenditori pronti alla sfida del futuro: in tantissimi al Forum Interregionale di Confindustria

ASCOLI - L'evento ha visto avvicendarsi sul palco del Filarmonici esperti di politiche aziendali, geopolitica e mercati finanziari. Il presidente nazionale di Confindustria giovani, Riccardo Di Stefano: «Ci aspettano importanti trasformazioni, c’è bisogno di una difesa europea, di fronte ad uno scenario globale complesso»
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Pietro Straccia, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Ascoli Piceno

 

 

di Maria Grazia Lappa

Si è tenuto giovedì 12 settembre al teatro Filarmonici di Ascoli il Forum dei Giovani Imprenditori del Centro Italia dal titolo evocativo: “Al Centro del mondo”.

 

I presidenti Giovani Imprenditori Confindustria di Marche, Abruzzo, Umbria, Lazio

L’evento ha avuto come obiettivo quello di affrontare le sfide del futuro. Un evento esclusivo, un’occasione per incontrare e connettere gli attori economici e industriali più influenti del territorio e fare il punto dell’attuale situazione e scegliere le strategie per il futuro.

 

Al centro i giovani imprenditori desiderosi di scambiare conoscenze e cogliere nuove opportunità di crescita.

 

Presenti anche il sindaco di Ascoli, Marco Fioravanti, il Sottosegretario all’Economia, onorevole Lucia Albano, ed il senatore Guido Castelli, Commissario Straordinario Ricostruzione Sisma 2016, il presidente della Camera di Commercio Marche Gino Sabatini.

 

Fioravanti e Castelli si sono mostrati allineati nel rimarcare, rispettivamente, la resilienza di questo tratto d’Italia duramente provato negli anni e oggi alle prese anche con il contrasto allo spopolamento dell’entroterra («Se l’Istat confermerà che nel 2050 avremo il 70% di persone che andranno verso la costa, allora vorrà dire che ci sarà un problema italiano» ha detto Fioravanti) e  l’adeguamento alle nuove politiche europee («O si innova o si muore», le parole di Castelli, con un chiaro rimando al recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività UE).

 

Il programma era suddiviso in tre panel distinti ma con un chiaro filo logico: analizzare gli scenari geopolitici internazionali, riportarli sul campo operativo, quello delle sfide che questi generano
per le industrie, e infine cercare di delineare alcune previsioni – se possibile – sul futuro che le aspetta, alla luce delle informazioni, dei dati e anche delle nuove tecnologie disponibili.

 

I lavori, moderati dal giornalista di Radio24, Maurizio Melis, sono stati aperti dal presidente del Comitato Interregionale, già presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Marche, Massimiliano Bachetti.

 

Massimiliano Bachetti

«L’Europa – il suo intervento – ci ha chiesto di abbracciare le politiche green per mantenere la nostra competitività. Tuttavia, ciò che stiamo vedendo sul campo è l’opposto. La nostra competitività sta progressivamente scemando, e molti dei settori industriali su cui si regge l’economia europea stanno subendo danni che potrebbero essere irreparabili.

Pensiamo al comparto dell’automotive europeo, oggi fortemente penalizzato da politiche che, pur con le migliori intenzioni ecologiche, stanno compromettendo la nostra capacità di rimanere competitivi su scala globale. Stessa sorte sta toccando l’acciaio, il cemento, la carta e tutti gli altri settori energivori, sempre più colpiti dalle politiche di transizione.

Facciamoci ispirare dalla figura di Marco Polo, che portò il sapere italiano in Oriente, contribuendo a far conoscere l’Oriente all’Occidente e generando nuove rotte commerciali. Anche noi, oggi,
– ha concluso Bachetti – dobbiamo essere pionieri, aprire nuove strade, creare nuove opportunità di crescita».

 

Su questo aspetto si sono confrontati gli ospiti del primo panel: il giornalista e analista geopolitico Dario Fabbri, e la docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani, Michela Mercuri.

 

Massimiliano Bachetti

«Dobbiamo comprendere che il modello occidentale, che poi è in buona sostanza quello americano – ha dichiarato Fabbri – non è accettato da una consistente fetta di popolazione mondiale. Gli Stati Uniti, che per anni hanno usato il loro arsenale come deterrente e la loro ricchezza come strumento di negoziazione a livello internazionale, si sono accorti che oggi quel modello non è più sufficiente a garantire l’ordine mondiale. Negli Usa, dati alla mano, quasi un terzo della popolazione soffre di depressione psicologica clinicamente certificata. Il tipo di capitalismo che il sogno americano offriva, volto al successo individuale e alla conquista della felicità, oggi si infrange davanti ad una realtà diversa».

Una fragilità evidente anche nel dualismo Trump-Harris dove, da un lato emerge un sentimento democratico disposto a rileggere la storia con una lente critica rispetto alle politiche estere adottate, mentre dall’altro, la granitica visione repubblicana al grido del “chi non ci vuole non ci merita”.

 

«Negli ultimi tempi ci siamo concentrati sul conflitto russo-ucraino e sulla guerra tra Israele e Hamas, ma ci siamo dimenticati di una porzione del mondo che riguarda l’Africa – ha rilanciato Michela Mercuri – Le rivolte in atto hanno portato molti paesi africani ad essere instabili, ma più attrattivi anche per via del piano Mattei. Gli affari previsti però riguardano piani e progetti che non ricevono adeguato sostegno dai fondi europei e per questo gli sforzi di cooperazione e di investimento ricadrebbero largamente sui privati.

In realtà tutta l’Africa e non solo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo rappresentano per noi europei il futuro, anche perché i paesi di quelle aree hanno preso consapevolezza delle proprie risorse e sono pronti ad intavolare accordi con altri paesi internazionali».

 

Nel secondo panel Gianluca Tondi, AD di TM Italia, che produce cucine di altissima fascia e di design e che in pochi anni ha portato al 70% il suo fatturato estero, Alexandre Moscianese, partner di Arkios Italy, che ha rappresentato le strategie di sviluppo alla portata anche di PMI grazie ad una maggior propensione alla diversificazione, fino ad Alessandro Randon che, come CEO di Alperia Smart Services, con cui si è dibattuto sulle strategie adottate da operatori economici sempre più attenti all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale, anche come fattori di competitività.

 

Nell’ultimo panel, dedicato alle previsioni internazionali, Massimo Cupillari, Wealth Advisor Mediolanum Private Banking, sull’evoluzione recente e prospettica dei tassi di interesse e sulle relazioni tra andamento dei valori di borsa ed economia reale, e Achille Magni, Direttore Commerciale TeamSystem, per rappresentare come le nuove tecnologie possono incidere nella ricerca, nella identificazione e nella valorizzazione dei dati aziendali.

 

 

Gian Luca Gregori

Infine, il rettore dell’Università Politecnica delle Marche Gian Luca Gregori, che ha illustrato i risultati di un’inedita indagine, condotta sulla base dei dati presentati di recente dal professor Francesco Maria Chelli, Presidente Istat e da cui sono scaturite riflessioni condivise.

 

Dall’analisi, infatti, emerge che «sono quasi 121 mila sono le imprese esportatrici attive nel 2022: il 50% è nella manifattura, il 37,3% nel commercio e il 12,7% in altri settori. Le imprese manifatturiere pesano per circa l’80% sul valore complessivo dell’export di merci delle imprese industriali e dei servizi. Le micro e piccole imprese (meno di 50 addetti), pari all’84% delle imprese esportatrici manifatturiere, realizzano il 14% dell’export complessivo del comparto, le medie (50-249 addetti), pari al 13,8% del totale, il 32,7% e infine le grandi, con oltre 250 addetti ossia il 2,2% del campione, ben il 53,3%. La propensione all’export cresce all’aumentare della dimensione aziendale, ma è elevata già fra le micro-imprese.

Tuttavia, il dato sorprendente, e che suggerisce un ripensamento del modello di analisi, è quello che emerge da certi SLL (sistemi locali del lavoro), dove l’export prevalente è dato dalle multinazionali straniere e non da quelle italiane. Questo è un fatto epocale e non ancora oggetto di studio prima di oggi. Così cambiano le condizioni e anche i territori devono tenerne conto; risulta indispensabile riflettere su nuovi modelli e sulla valorizzazione di quegli elementi intangibili che devono essere alla base, oggi più che mai, delle strategie di internazionalizzazione delle imprese: le relazioni umane. Siamo alla vigilia del passaggio da un’economia della conoscenza ad un’economia delle relazioni e in questo contesto il futuro non si prevede, ma si costruisce».

 

 

Riccardo Di Stefano

Durante l’incontro abbiamo rivolto alcune domande a Riccardo Di Stefano, presidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria.

 

Presidente Di Stefano quali sono gli obiettivi che la Confindustria si prefigge per il futuro? «Ci aspettano importanti sfide trasformative e tecnologiche, c’è bisogno di una difesa europea, di fronte ad uno scenario globale complesso».

 

Gli imprenditori all’unisono durante l’incontro hanno sottolineato che la Ue in questi anni ha avuto un atteggiamento, in particolare sull’ambiente, ideologico e antindustriale. Sotto la lente di ingrandimento il tema del packaging, lo stop al motore endotermico al 2035, che mette in crisi filiere di eccellenze riconosciute a livello mondiale.

 

Riccardo Di Stefano

Durante l’incontro si è parlato anche dell’Intelligenza Artificiale e del fatto che la Ue non ha creato un contesto favorevole alla crescita di questa tecnologia. In molti chiedono modernizzazione all’attuale sistema imprenditoriale e soprattutto di fare un salto di qualità in termine dell’utilizzo del nucleare di ultima generazione, ma anche di porre l’accento sulla burocrazia, che rallenta la crescita delle imprese e soprattutto la necessità migliorare le infrastrutture del Paese.

 

Presidente Di Stefano, che cosa ci attende per il futuro? «Lo scenario geopolitico è incerto. E’ necessario porre l’accento su importanti temi: competitività, industria 5.0 e Pnrr. Abbiamo di fronte una rivoluzione, un forte cambiamento, dobbiamo essere in grado di intercettarla ed essere competitivi».

 

Come si può essere competitivi? «Serve una politica industriale, italiana ed europea, un Fondo sovrano europeo, che metta al centro l’impresa e stimoli gli investimenti, riportare l’attenzione sulla nostra industria. Cina e Usa stanno alzando il loro livello di innovazione, stimolando e attraendo investimenti, dobbiamo esserne all’altezza, come Europa e come paese».

Massimo Cupillari, Wealth Advisor Mediolanum Private Banking

«”Al Centro del Mondo” – sono state le conclusioni di Di Stefano – ha acceso i riflettori sul ruolo essenziale dei giovani nel nostro Paese e come supportarli per esprimere tutto il loro potenziale.

Non possiamo permetterci di ipotecare il potenziale competitivo e innovativo dell’Italia, per questo dobbiamo puntare su formazione, investimenti in innovazione tecnologica e crescita economica».

 

 

L’evento ha visto la partecipazione di oltre 250 imprenditori provenienti da tutte le regioni italiane.


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