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Le storie di Walter: la Singer di Ascoli (Le foto)

ASCOLI - A 124 anni dalla sua comparsa nella vita cittadina, la macchina per cucire non ha perso il suo fascino o visto offuscare il suo ruolo di primo, determinante, strumento di emancipazione femminile. Ne ripercorriamo la lunga storia grazie a Domenico Tirabassi, che da oltre un trentennio, con la moglie e prima collaboratrice Emma Lombardo, ha voluto trasformare il dismesso negozio di via Napoli in uno spazio culturale dedicato proprio alle donne
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Domenico Tirabassi nel suo laboratorio

 

di Walter Luzi

 

Nel 1939 mentre alla radio impazza il successo canoro “Mille lire al mese”, una macchina per cucire Singer di lire ne costa 1.635. Una bella cifra, all’epoca, per un acquisto importante. Di quelli che cambiano la vita. Soprattutto alle donne. Gli angeli del focolare infatti, dopo le fatiche domestiche, o quelle, ancora più dure, nei campi, possono così trasformarsi, nei pochi ritagli di tempo libero rimanente, anche in sarte per la propria famiglia. Nuove artigiane del bello per inclinazione femminile, e creatrici di beni autarchici spesso anche per necessità. Il primo passo dell’emancipazione femminile nel nostro Paese, e non solo.

Una macchina per cucire Singer

 

Perché le macchine per cucire Singer sono stati i primi mezzi meccanici ad essere utilizzati dalle donne. E i suoi punti vendita e assistenza, dove si tenevano corsi di cucito per insegnare anche a sfruttarne al meglio le prestazioni, i primi luoghi di aggregazione, e crescita, al di fuori dalla famiglia. Macchine testimoni di un’epoca che hanno visto le donne alzare per la prima volta la testa, e imporsi ai loro mondi sotto un altra luce. Nuova. Diversa. Più gratificante. Con l’orgoglio di sapere e potere, finalmente fare di più, e di meglio, nelle loro vite.

 

 

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Un corso di cucito Singer negli anni ’30

Un’altra immagine dei corsi di cucito organizzati dalla Singer

 

L’ultimo romantico

È Domenico Tirabassi ad accompagnarci nel nostro lungo viaggio nella storia della Singer. È nato il giorno di San Valentino del 1963. Non può essere un caso, perché nella sua vita sarà un innamorato davvero, nel senso pieno del termine, della macchina per cucire. Singer soprattutto. La più bella, prestigiosa ed iconica. Ben al di là delle sua veste di responsabile, da oltre trent’anni a questa parte, del punto vendita ascolano. Ben oltre l’interesse economico che questo marchio ha rappresentato per lui. La nuova sede di Castel di Lama sa più di museo che di laboratorio.

 

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Macchine per cucire come in un museo

Una Singer

Vecchie macchine allineate sugli scaffali non come pezzi pregiati di antiquariato, ma creature amate, figlie dell’ingegno umano, e del saper far bene, tutto italiano, di una volta, che non ci appartiene più. Il primo punto vendita ascolano di queste rivoluzionarie macchine è aperto da un importatore, Adcock & C., per conto della “Compagnia Fabbricante Singer”, in quella che si chiamerà via XX settembre, al pianterreno di Palazzo Nardi. E’ il giugno del 1900.

Un documento che prova l’apertura del primo negozio della Singer in Ascoli nel 1900

 

È il quattordicesimo punto vendita e assistenza aperto, indirettamente, dal brand americano in Italia. Solo dal primo gennaio 1915 la “Compagnia Singer società italiana per azioni”, costituitasi il 5 dicembre 1914, comincerà infatti ad operare direttamente su tutto il territorio nazionale con l’iscrizione 1672 al registro delle ditte di Milano. Non sospenderà mai la sua attività. Neppure durante le due guerre mondiali.

 

La storia

 

Il primo brevetto di una rudimentale cucitrice meccanica, del tedesco Carlo Weinsenthall, risale al 1755. Il primo disegno arrivato fino a noi risale invece al 1790, di opera, brevettata anch’essa, dell’inglese Thomas Saint, che però era destinata alla cucitura del cuoio. Altri ingegnosi inglesi vi lavorarono nei primi anni dell’Ottocento, ma senza troppo successo. Nel 1830 il sarto francese Barthélemy Thimonnier costruisce in legno una macchina che grazie all’ago uncinato forma il punto a catenella semplice superiore. Fu subito distrutta ad opera degli artigiani parigini, che vedevano in quel marchingegno un pericoloso e sleale concorrente.

Una macchina Singer

 

Quattro anni dopo, dall’altra parte dell’oceano, è Walter Hunt a perfezionare, a New York, l’idea del francese di cucitura meccanica a due fili con un punto di spola e l’ago con la cruna. Fra il 1834 e il 1851 altri meccanici statunitensi cercarono di migliorarla fino a quando un sarto di Boston, Wiliam Grover, non ideò il punto a doppia catenella. E’ proprio nel 1851 che Isaac Merrit Singer, forte di precedenti esperienze maturate nel settore, e riprendendo l’evoluzione del primordiale punto catenella già intrapresa da Elias Howe, ottimizza e brevetta il cosiddetto, rivoluzionario, punto annodato. Anni e anni di notti insonni hanno accomunato questi antichi ingegneri e valenti artigiani, intenti a trovare soluzioni, escogitare meccanismi sempre più perfetti, per consegnare nelle mani delle donne strumenti perfetti. Espedienti, ad esempio, che permettessero di non fare spezzare il filo aumentando la velocità del trapunto. Senza l’ausilio, per di più, di tecnologie avanzate computerizzate e materiali performanti, schemi tridimensionali e intelligenze artificiali. Già nelle prime macchine per cucire, costruite ben prima di metà Ottocento, si può notare il sapiente lavoro di lima, la tornitura manuale dei componenti, la falsa partenza artigianale dell’ago studiata e via via modificata, a lungo provata e riprovata sotto la luce fioca delle candele e delle lampade ad olio. La straordinaria inventiva per creare quell’indispensabile micro cappio del filo con l’ideazione di siluri, rocchetti e navette. Gli attriti e le tensioni eccessive fra stoffe e fili da regolare e ottimizzare, aspettando l’attimo magico e perfetto del recupero dell’ago, che scende giù e torna su legando entrambi i lembi di stoffa. Armonizzando infine il pregio estetico del risultato con la giusta forza per una sua duratura tenuta nel tempo. Con lo stesso amore, l’identica passione, e la pazienza infinita, che appartengono a tutte le donne. Superando, ai primi albori della meccanica, ogni difficoltà mettendoci, come loro, soprattutto il cuore.

 

Gli uomini Singer

 

In Italia la Singer dopo l’apertura a Milano, in via Bonnet, della sua prima sede commerciale, inaugura a Monza, già dal 1929, il primo stabilimento nel nostro Paese per la produzione delle sue macchine.

 

Il magazzino della fabbrica italiana della Singer a…

Gerarchi fascisti in visita allo stabilimento italiano della Singer

Pochi modelli in gamma, come la leggendaria 15M88, oggi ricercato pezzo per collezionisti, con prezzi che variano solo in base solo agli accessori di complemento. Il banco, il piano, disponibile, volendo, anche intarsiato, le cassettiere, da una a tre, o anche la stupefacente ribaltina, che offre la possibilità di raddoppiare, una volta aperta, il piano di lavoro e nascondere, richiudendolo, il corpo della macchina. Una figata pazzesca per l’epoca. La concorrenza non mancherà mai. Come l’affidabilissima Necchi, marchio e tecnologia tutta italiana nata a Pavia nel 1925, e la tedesca Pfaff su tutte. Altre grosse aziende nazionali invece, come, fra le altre, Stucchi e Bianchi nate in epoca di autarchia nazionalista, e Vigorelli, Salmoiraghi e Borletti, che si buttano nell’allettante settore fra gli anni Quaranta e Sessanta, disponendo di proprie fonderie in azienda.

 

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Pubblicità in tempo di guerra d’Africa

Alcune antiche cartoline pubblicitarie della Singer

 

È in questi anni che la rete di vendita Singer sul territorio si organizza. Sarà strutturata per zone, ma questo non impedirà sconfinamenti nelle “riserve di caccia” altrui, con conseguenti litigi fra i rivenditori. I concessionari della Singer sono una almeno decina nella vallata del Tronto, e si fanno una concorrenza spietata. A Castel di Lama primeggia nel settore la leggendaria figura di Francesco Colletta detto “lu Schì”. Ma gli agenti Singer oltre a non farsi soffiare le vendite dai colleghi di scuderia, devono fronteggiare soprattutto la temibile concorrenza degli altri competitors. Biciocchi, Petrini, Baumann, Marcucci, Marini, Catalini, Marcheselli sono alcuni fra i tanti titolari che si sono succeduti nel negozio direzionale di Ascoli prima dell’avvento di Domenico Tirabassi. Secondo Cesari e Marcello Tranquilli sono stati invece gli ultimi, bravissimi, meccanici storici della Singer ascolana, che assemblavano, pezzo per pezzo, le macchine che arrivano smontate e ben imballate nelle casse di legno dalla fabbrica lombarda. Nel negozio della Singer in via XX settembre grazie alle commesse come la signora Albanesi fra le altre, si tengono poi anche i  frequentatissimi corsi di cucito.

Uno dei primi corsi di cucito tenuti alla Singer di Ascoli

 

Ogni macchina per cucire è una festa

 

I modelli 28K e 15K88 sono i più venduti, a manovella oppure a pedale inserito nel mobile, ma dagli anni Cinquanta si affacciano sul mercato le prime macchine elettriche. Per ogni acquisto le ditte regalano anche alle figlie delle acquirenti un modellino più piccolo, ma perfettamente funzionante, per incentivare l’interesse e alimentare subito la passione per il cucito delle bambine.

Le macchinine da cucire per le figlie delle acquirenti

 

Borletti abbinava la Borlettina, Singer la Singerina, e così via. L’acquisto di una macchina da cucire deve essere infatti una festa per tutta la famiglia. Un evento eccezionale, portatore di un “fare” femminile nuovo, non tradizionale. La Singer è anche la prima company ad introdurre in Italia il pagamento rateale. Comode rate settimanali per poter dare a tutti, anche a chi non può permettersi di spendere certe cifre in un colpo solo, la possibilità di acquistare una Singer. La rivoluzionaria macchina per cucire diventa così alla portata anche delle classi meno abbienti, che, proprio per questo, sono ancor più bisognose di potersi cucire in proprio i propri vestiti. Mettersi una Singer in casa vuole dire così anche riscatto, progresso. Lo strumento per poter iniziare a tramutare subito in realtà il sogno di una vita migliore.

 

Il tramonto

 

Come l’organizzazione capillare della sua rete sul territorio nazionale ne aveva fatto la grandezza, l’appesantimento gestionale finirà per affondare i bilanci dell’azienda.

 

«La sede centrale di Milano negli anni d’oro – ricorda Tirabassi – era affollata come un Ministero. Una struttura elefantiaca che il fatturato, pur cospicuo, non è stato più in grado di sostenere. Soprattutto quando le vendite sono calate con l’arrivo sul mercato dell’abbigliamento confezionato in serie. Allora sono cominciati i tagli. Che, nel 1991, hanno interessato anche il negozio di Ascoli. Io ero lì da appena un anno e mezzo».

 

La Singer è diventata EHP Italia Spa nel 1986. European Home Products. Produce, più spesso commercializza con il proprio marchio, ogni sorta di elettrodomestici. Frigoriferi, tv, congelatori, lavatrici, hi-fi. Da elettricista a venditore, Tirabassi entra in azienda proprio nel 1986, e opera anche nel punto vendita di Rimini prima del trasferimento in quello della sua città. E’ il dicembre del 1989. L’anno dopo chiude, fra mille polemiche, lo storico stabilimento di Monza. E’ una guerra, quella del Golfo, tanto per cambiare, con le sue menzogne e i giochi sporchi dei padroni del mondo, a decretarne la fine. Cinquecento famiglie dei lavoratori che vi operano finiscono sul lastrico dall’oggi al domani. Tutta colpa di Saddam Hussein, il solito presunto cattivone di turno, ci racconteranno, per giustificare l’infamia della chiusura, e, da allora in poi, le bugie di cui saranno ammantati gli orrori e le vergogne di tutte le guerre che verranno. Nel quadro di un ridimensionamento generale della rete dei punti vendita, anche quello di Ascoli è destinato alla chiusura. Domenico Tirabassi decide di rilevarlo. Una scommessa rischiosa. Il grande salto da dipendente, e con un esperienza nel ramo di soli cinque anni, a imprenditore, è sempre pieno di insidie. Che non lo spaventano solo perché la sua passione per queste macchine è più forte. Allarga con entusiasmo le sue conoscenze e competenze. Inizia persino, acquisendo l’indispensabile esperienza, a ripararle da solo.

Attestato per la vetrina Snger di Ascoli del 1947

Controcorrente

 

«Devo moltissimo a Secondo Cesari e Marcello Tranquilli – confessa Tirabassi con una punta di emozione – mi hanno insegnato cose, piccoli segreti che non stanno scritti in nessun manuale tecnico di istruzioni, e neanche ti insegnano nei corsi a Milano, che ho frequentato quando ho deciso di farmi le riparazioni delle macchine da solo. Oggi non ci sono più entrambi, ma li ricordo sempre con grandi affetto e gratitudine. Riparare una macchina è molto gratificante – continua – è quasi come rimettere in sesto un malato grave. La soddisfazione che si prova riuscendo, con amore e impegno, nell’impresa di allungarle la vita, credo sia la stessa. Ma sò bene che quella dei riparatori in genere è un’arte già destinata a scomparire».

 

Nel suo nuovo laboratorio di Castel di Lama gli scaffali intorno sono pieni di vecchie macchine in disuso apparentemente inutili. In realtà autentiche chicche. Come una macchina per cucire portatile elettrica del 1960 nella sua valigetta. O una Necchi Logica disegnata da Giugiaro negli anni Settanta, quando in Italia si sapeva far tutto. E bene. Gioiellini da collezionismo come una Singer 28K a manovella che è appartenuta ad un sarto itinerante di Porta Cartara, che a dorso di mulo girava tutti i paesi della vallata e della provincia per offrire la sua opera a domicilio. Raramente veniva ricompensato in denaro, quasi sempre con il baratto di generi alimentari. Ma tutte rappresentano anche tesori inestimabili da cui poter attingere, alla bisogna, pezzi di ricambio ormai introvabili. Per poter continuare, comunque, a fornire un servizio prezioso ai tanti vecchi affezionati clienti, a riparare piccoli guasti con poca spesa per loro. Questa è etica applicata al commercio.

 

«Ormai da diversi anni la tendenza – ci dice sempre Domenico Tirabassi – è di non riparare più niente, ma, come per quasi tutti gli elettrodomestici e la telefonia, di far buttare subito tutto l’usato e far ricomprare il nuovo. Niente deve essere più riparato per esplicita politica di tutti i produttori, che adottano strategie per rendere antieconomica, e praticamente impossibile, in ogni caso, a fronte della indisponibilità di pezzi di ricambio, ogni tipo di riparazione dell’usato. Programmando, ovviamente, anche la rapida deperibilità del nuovo».

 

Una filosofia diffusissima nella moderna economia globalizzata, che sa di sfregio, fa orrore a noi consumatori, e che non appartiene certo a lui. «Mi sento un po’ come Don Chisciotte contro i mulini a vento – commenta amaro Domenico – ma non m’importa. Continuerò ad aggiustare le mie amate macchine da cucire fino alla morte».

La continuità

Dal 1998 il negozio della Singer trasloca in via Napoli. L’ultima commessa del negozio, Lucia Rossetto, lascia spazio all’entrata nella ditta della moglie di Domenico, Emma Lombardo. Un’altra appassionata di cucito, anche per via …genetica. Sua madre infatti, Luciana Ricci, classe 1930, è stata una grande sarta della prestigiosa casa di moda delle sorelle Fontana a Roma.

Luciana Ricci, la mamma di Emma Lombardo e suocera di Domenica Tirabassi, sarta a Roma nel prestigioso atelier delle sorelle Fontana

 

Zoe, Micol e Giovanna non ci sono più, ma furono loro le prime donne, con il loro atelier, negli anni Quaranta, a rendere famoso e apprezzato nel mondo lo stile Made in Italy. Dalla sua mamma Emma ha ereditato il talento, ma, soprattutto, come detto, la passione. Organizza e tiene i corsi di cucito artistico, creativo e patchwork in negozio. Sono più di mille le clienti, vecchie e nuove, che vi partecipano fino al 2020, l’annus orribilis segnato dal Covid. Nel 2024 il negozio Singer di via Napoli trasloca, ed è accorpato al laboratorio riparazioni di Castel di Lama.

 

«Insieme a mia moglie – spiega sempre Tirabassi – ci tenevamo però che quel vecchio negozio della Singer potesse avere una continuità soprattutto come luogo di emancipazione per le donne. Si può ben capire che la frequentazione di quell’esercizio è stata pressoché totalmente femminile per oltre un secolo, attraversando i profondi mutamenti della società e del costume».

 

Oggi al civico 96 di via Napoli è ospitata una associazione culturale, “Mulieribus Lab”, molto attiva.

 

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Il negozio Singer di via Napoli oggi sede dell’associazione femminile

Le donne all’opera nella vecchia sede Singer di Ascoli

I lavori delle allieve sarte nella vecchia sede della Singer in via Napoli di Ascoli

 

Sospesa fra impegno civile contro la violenza di genere e artigianato artistico, uncinetto e découpage. Custode dell’orgoglio della nostra tradizione manifatturiera e galleria d’arte permanente per le opere di cucito artigianale. Ma, soprattutto, un punto di ritrovo e confronto per tante donne. Per dare spazio e forza a tutte, per mantenere accesa la passione, e tramandare la cultura, di arti che vanno scomparendo. Come il cucito, o il ricamo, fra le tante. Per continuare a custodire, e a tramandare, tutte le storie che possono esserci dietro ogni macchina Singer. Ognuna diversa, ma tutte da raccontare. Con la donna, comunque, sempre protagonista.

Domenico Tirabassi con la moglie Emma Lombardo nel loro laboratorio vicino a una pupa del 1956

Uno dei manifesti pubblicitari più belli della Singer

 


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