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Le storie di Walter: Remo Nepi, la kickboxing ascolana 

ASCOLI - Oltre trent’anni di insegnamento, e quasi quaranta di ininterrotta attività sportiva. Il combattimento nel sangue. Il padre dei fighters ascolani è lui. Oltre un migliaio i ragazzi passati dalla sua scuola, gli allievi in mezzo ai quali sono cresciuti i discepoli destinati a raccogliere la sua eredità. Una straordinaria passione e i tanti problemi di uno sport durissimo e povero 
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Remo Nepi in azione

 

 

di Walter Luzi

 

Quando Remo Nepi, a sedici anni, cominciò a frequentare uno dei magazzini sotto il vecchio settore distinti dello stadio “Del Duca”, oggi nuova tribuna est intitolata a Carlo Mazzone, ci trovò dentro due personaggi destinati a diventare miti locali delle rispettive discipline. Il vecchio e glorioso pugilato, e il nuovo emergente kung fu. Francesco Moretti e Romeo Zampetti. Definire palestra quel magazzino è generoso. Ma quello che conta è la passione. E quelle, grandi, di una volta, facevano superare ogni difficoltà. Comincia con la boxe Remo, smanioso di apprendere e misurarsi. È nato il giorno di Santo Stefano del 1961 nel centralissimo quartiere di San Pietro Martire e si sta diplomando perito elettronico. Un pezzo di carta che gli tornerà molto utile per conquistarsi un buon posto di lavoro. Passerà molto presto al kung fu. Ha il combattimento nel sangue, ed è fortemente attratto dalle arti marziali. Una passione che non lo abbandonerà più.

 

Pioniere del full contact

 

Insieme a Tonino Di Marco e a Sandro Sciamanna, verso la metà degli anni Ottanta, sono i primi transfughi verso la nuova frontiera del full contact. Sandro è studente universitario a Roma, dove già la disciplina ha preso piede e, frequentando una palestra nella capitale, assimila e condivide con gli amici le prime tecniche di questo tipo di combattimento. Scoprono e si dotano delle prime protezioni, guantoni e paratibia. Si allenano in fondaci e garage reperiti alla buona. Il full contact, arrivato dagli Usa, ma in realtà originario del Giappone, è una disciplina antesignana della kickboxing, che deriva dal karate contact. Il combattimento non si ferma dopo il primo colpo andato a segno, con il ritorno agli angoli del tatami al  conseguimento del punto. Ma prosegue senza interruzioni, e, come nel pugilato, è possibile anche il ko. Sono ammessi calci e pugni verso il tronco superiore, dalla cintura in su. Con la kickboxing invece si può colpire tutto il corpo, si possono attaccare anche le gambe dell’avversario e usare le ginocchia negli attacchi. Kick boxing japanese veniva chiamata agli albori, prima delle successive mutazioni, ideata dai nipponici per arginare la supremazia thailandese nel MuayThai. All’inizio degli anni Settanta è un karateka olandese, Jan Plaas, impressionato dalla tecnica e dalla violenza degli incontri, a importare in Europa la disciplina dopo averne appreso, molto a fatica, le tecniche. Perchè le scuole di kickboxing a Tokyo sono circoli chiusi, gelosamente preclusi soprattutto agli stranieri.

 

I successi della Kickboxing Ascoli

Nepi durante un allenamento

 

Nel 1986 Remo Nepi trova impiego in una grande azienda di  telecomunicazioni. La Kickboxing Ascoli nascerà di lì a poco, e si affilierà ufficialmente alla Fenasco nel 1991. Lui ha già rinunciato, principalmente a causa dell’età ormai avanzata per questo sport, di proseguire l’attività agonistica per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento. Il corso allievi istruttori Remo lo frequenta a Roma nel 1993. Il primo di una lunga serie di stages e aggiornamenti, fra Roma e Milano, di perfezionamento delle tecniche e di approfondimento degli studi che gli permettono di crescere di livello, da allenatore a istruttore fino a maestro.

 

Una lezione agli allievi istruttori

 

La prima palestra che lo accoglie è quella del Pennile, insieme a Sandro Sciamanna, prima di spostarsi alla Yuki Club di Monticelli, e, successivamente anche alla Malibù, sempre in Ascoli. Ma altri lo vorrebbero anche lungo la vallata del Tronto, a San Benedetto e persino a Teramo. Ma non può farsi in quattro. A partire dal 1997 cominciano ad arrivare per lui le prime soddisfazioni con le vittorie ai campionati italiani. Arriveranno all’alloro tricolore, fra gli altri, Lorenzo Mosca per ben due volte, Giacomo Amabili, Andrea Sansoni, Lorenzo Leone, Alessandro Funari e Davide Traini. Non solo. Sotto la guida di Remo Nepi i fighters ascolani ben figureranno presto anche sulla scena internazionale.

 

IL TESTO CONTINUA DOPO LE FOTO 

Con il campione regionale Davide Piccioni

Con Alesi e Funari vincitori in una gara interregionale

All’angolo con uno dei suoi allievi

 

Nel 2006 Nepi ottiene dal Comune un locale al secondo piano del nuovo Palasport “Galosi” a Monterocco per far allenare i ragazzi della sua Kickboxing Ascoli che si è fatta già conoscere nel panorama nazionale partecipando a tanti galà e campionati italiani, ma anche a competizioni europee e mondiali. Davide Alesi e Fabio Mecozzi disputeranno i campionati continentali mentre Andrea Sansoni e Paride Rossi Brunori si affacceranno addirittura al professionismo. Ma sarà nel 2017 che Fabio Mecozzi e Davide Traini riusciranno a portare la kickboxing ascolana su un podio mondiale. Quello Iska. Succede a Firenze, quando il primo è medaglia d’argento nella categoria junior fino a 63 chili, mentre il secondo è bronzo nella stessa categoria fino a 57 chili. Che giornata!

 

Nepi con i due medagliati mondiali

 

Il 1997 è anche l’anno nel quale, nella palestra polivalente di via Spalvieri, vede la luce il primo galà nazionale I Piceni. E’ frutto della collaborazione, solo per quella prima edizione, con le altre due palestre attive all’epoca: quelle di altri due pionieri della kickboxing ascolana, Sandro Sciamanna ed Enrico Diletti. Tutte le successive saranno organizzate in Ascoli da Remo Nepi. Il suo primo collaboratore, e uno dei più grandi amici, è già Massimo Mioli. Sarà solo la pandemia, nel 2020, a interrompere la lunga serie della manifestazione sportiva.

 

La t-shirt della prima edizione della gara I Piceni del 1997

Con Davide Alesi 2° classificato agli europei nei 74kg

Alessandro Funari campione italiano 2015

 

Le esperienze internazionali

 

Sono soddisfazioni grosse per Remo Nepi che vede ripagati anni di sacrifici, anche economici, per seguire tanti stages internazionali. Dal 2005 è andato ad acquisire maggiori competenze fino in Thailandia. Per tre anni consecutivi rimane un mese ogni volta a fare esperienze preziose con i grandi maestri della thaiboxe di quel Paese.

 

Con un campione thailandese

Durante lo stage in Thailandia nel 2007

In Thailandia per l’aggiornamento

 

Non è la prima volta. Ha già frequentato infatti altri stages internazionali tenuti dai più grandi campioni di questo sport come il famoso thaiboxer olandese Ramon Dekkers, scomparso undici anni fa. Otto volte campione mondiale, fu il primo atleta non thailandese a fregiarsi del premio più prestigioso, il “Thai boxe Fighter of the Year”. O come Rob Kaman, olandese e plurititolato mondiale anche lui. O  il francese Didier Le Borgne. Esperienze che gli permettono anche di diventare il referente della Federazione Fight1 per le Marche. Sotto questa egida programma e tiene i corsi per i nuovi assistenti allenatori, allenatori e istruttori. La galassia delle federazioni di questo sport vede operare nelle Marche otto associazioni, che raggruppano una quarantina di società, per un totale di circa trecento praticanti. La frammentazione di organizzazioni è un limite nel mondo delle arti marziali. Una riunificazione sotto una unica sigla risulta al momento problematico. Questo non può aiutare neppure il processo di elevazione della disciplina a rango di sport olimpico. Nonostante le antichissime radici.

 

La storia

 

La kikboxing è infatti il combattimento più corrispondente al romano pancratium, di casa anche al Colosseo, ma ereditato dalla ancor più antica tradizione del pancrazio greco. Già dai Giochi Olimpici del 648 a.c. infatti se ne trova traccia.

 

L’antico pancratium

 

Un combattimento che iniziava in piedi e finiva a terra, un misto di pugilato e di lotta senza regole, dove tutto era permesso per tramortire a mani nude l’avversario. “Il confronto, e lo scontro – spiega Remo Nepi – fra uomo e uomo esiste da quando esiste l’uomo. Per la difesa dei propri beni, del proprio gruppo o del proprio territorio. Tutto in passato era basato sulla sola maggiore forza fisica, e si è andato poi affinando via via con l’acquisizione delle varie tecniche di combattimento”. Oggi la preparazione atletica e fisica è completa. Simmetrica rispetto a tutto il corpo, a differenza della maggioranza degli sport che vanno per la maggiore. Un giusto mix di forza e di resistenza, di reattività e di scioltezza. Una preparazione non solo fisica, ma anche tattica e mentale, per far fronte ad un avversario e, eventualmente, ad un aggressore. Quindi vengono le tecniche. Pugni (ganci, diretti e montanti) come nel pugilato rispetto al quale cambia però l’impostazione della guardia e qualche colpo diverso, e poi i calci che vengono portati con la tibia. Un osso che viene fortificato in allenamento, e che diventa una sorta di mazza da baseball. E poi le ginocchiate.

 

In allenamento

 

Federkombat, numericamente, è la sigla più rappresentativa, insieme a Fight1, che conta anch’essa migliaia di praticanti iscritti in tutta Italia. Insieme arrivano a contare in tutta Italia quasi quarantamila tesserati. Ma ce ne sono anche altre minori. La mia federazione segue anche il Lightcontact, la Muaythai, il Savate, e l’MMA, acronimo inglese che sta per mixed martial arts.

 

La kickboxing come autodifesa

 

Quest’anno i ragazzi, di ogni età, che si allenano con continuità nella Kickboxing Ascoli sono una venticinquina. Qualcuno di loro, come Massimo Mioli e Gabriele Nardini, lo seguono da tanti anni. «Sono i miei fidi aiuto-allenatori – commenta sempre Remo Nepi – e confido che un giorno possano raccogliere la mia eredità. A sessantadue anni devo cominciare a pensare all’idea di dover mollare un giorno questo sport che ho amato moltissimo». Fra i suoi allievi anche diverse ragazze, che si affacciano a questo sport soprattutto per autodifesa personale.

All’angolo con uno dei suoi ragazzi

In palestra

 

Imparando molto, perché anche in allenamento negli sport da combattimento, come accade ad esempio nel pugilato, i colpi vanno effettivamente portati. Ricreando così le condizioni, anche emotive, che si potrebbero vivere, malauguratamente, in caso di una vero attacco da parte di malintenzionati. Anche se l’aggressività, e la violenza dei colpi, ovviamente, in palestra, fra amici, è sempre controllata. Caschetto, paradenti, conchiglia, paratibia e guantoni sono le protezioni che si indossano prima di calcare quel ring dal fondo gommoso perimetrato dalle corde, di cinque metri per cinque. Il 20 novembre, a Osimo, la prossima gara. Categorie divise per sesso, età, peso, come nella boxe, e grado di esperienza. Dalla terza serie dei principianti in su. Fino, magari, al grande salto nel professionismo. La Fight1 ne conta quasi trecento in attività. E qui il gioco si fa veramente duro perché si abbandonano tutte le protezioni e i guantoni diventano più piccoli. Gevorg “Giorgio” Petrosyan, trentottenne thaiboxer e kickboxer armeno naturalizzato italiano, è stato il numero uno di questo sport negli ultimi decenni. Ha vinto il prestigioso torneo K-1 MAX nel 2009 e nel 2010, e tuttora detiene il titolo di campione intercontinentale dei pesi medi WMC.

Un combattimento

 

La compagna di Remo, da quasi vent’anni, si chiama Angela. Amano entrambi la natura, le camminate all’aria aperta, in montagna, e i lunghi viaggi in scooter. Ma la palestra rimane la passione più grande della vita per Remo. Che lo assorbe, ma lo gratifica anche, più di ogni altra cosa. Diversi fine settimana, dall’autunno alla primavera inoltrata, sono occupati dalle varie gare. La prima, ad Osimo, il prossimo 30 novembre. Altri wwek-end sono impegnati poi dai corsi di aggiornamento, sia in veste di allievo, sia in quella di docente per i nuovi aspiranti istruttori, come quello già programmato per il prossimo mese di febbraio a Montecatini.

 

«Di lati brutti nel mio sport non ne trovo – risponde – i nostri allenamenti non sono pesanti. Li definirei meglio come intensi. E i carichi di lavoro sono progressivi, aumentano gradualmente. Ad un principiante occorrono sette od otto mesi per acquisire un minimo di sicurezza. Le favole che qualcuno racconta di livelli competitivi che si possono raggiungere in poche settimane di allenamenti, fino a non temere aggressioni anche di dieci contro uno, sarebbero da ridere se non fossero molto pericolose per quelli che ci credono. In strada infatti le tensioni sono enormi, l’ambiente diverso, e il tuo aggressore potrebbe essere molto più cattivo di te».

 

I problemi

 

«Faccio lezione alla palestra di Monterocco da quando è nata – commenta Remo – ho visto passare tanti assessori che si sono succeduti da allora, ma mai iniziare un lavoro di manutenzione serio. Anzi. L’unico che è stato iniziato, e portato a termine, quello dell’installazione sul tetto di un impianto fotovoltaico di auto-produzione di energia, ci ha causato i danni maggiori. Perché da allora, e sono passati molti anni, quando piove, piove in testa anche a noi. Il Comune ci ha messo le mani più volte senza mai riuscire a risolvere definitivamente il problema. Come per la pavimentazione, che venne riciclata da un altro impianto, e che ha le giunture fessurate. Allenandoci noi sempre a piedi nudi c’è il rischio concreto di ferirsi le piante dei piedi, e così, alla bisogna, provvedo io personalmente a sigillarle con un nastro adesivo speciale. Per fortuna l’ultima volta il Comune mi ha rimborsato la spesa sostenuta per acquistarlo. Ovviamente, dividendoci l’utilizzo della piccola palestra con altre due società, una di judo e una di tiro con l’arco, i nostri problemi sono anche i loro. Quelli già detti, e quelli inerenti i servizi igienici e le docce, che necessiterebbero anche loro, oramai, di un bel restyling».

 

Remo Nepi e i suoi kickboxer, pazientemente, stanno sempre aspettando. Sono allenati a ignorare il dolore dei colpi incassati, abituati al sacrificio e al coraggio, a resistere ad ogni sofferenza stringendo sempre i denti. La pazienza è la virtù dei forti, è vero. Ma senza esagerare però. Meglio non farlo arrabbiare mai un fighter.

 

A Monterocco

 


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