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Affondamento Rita Evelin, cavo d’acciaio piegato e verniciato di rosso: chi è stato?

SAN BENEDETTO - Inchiesta sul misterioso naufragio del motopesca sambenedettese avvenuto nel 2006. Pubblichiamo il documento scritto dal comandante della Capitaneria di Porto dell'epoca Luigi Forner: inquietante e inspiegata l'anomala piega sul cavo d'acciaio di sinistra della rete, a 21 metri di distanza dall'estremità della poppa
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Rita Evelin, foto Secondo Capriotti 2006

 

di Pier Paolo Flammini

 

C’è un dettaglio, dalle carte firmate dall’allora comandante della Capitaneria di Porto di San Benedetto Luigi Forner, sul quale prestare attenzione nell’opera di inchiesta in merito all’affondamento del motopeschereccio sambenedettese Rita Evelin, avvenuto in una notte di cielo stellato e mare calmo il 26 ottobre 2006. Anzi, più di un dettaglio, a ben vedere, prima di porre le due questioni che dovranno per forza di cose aiutare a chiarire cosa avvenne in quell’infausta notte. Ma procediamo gradualmente.

 

Forner scrisse indirizzando la lettera al dottor Piero Baschieri della Procura di Fermo, dove allora, erroneamente, si riteneva che dovesse svolgersi il processo per accertare le responsabilità dell’affondamento, altro errore clamoroso di una vicenda costellata di inefficienze perché, per il codice della navigazione, il processo doveva tenersi a San Benedetto come in effetti avvenne poi, con ulteriori perdite di tempo e denaro prezioso, perché a San Benedetto sbarcò l’unico superstite, il comandante Nicola Guidi.

 

La data: era il 21 novembre, a quasi un mese di distanza dall’affondamento. Gli elementi che andiamo ad indagare, tra gli altri, riguardano due aspetti: il primo l’anomala impossibilità di tirare su il relitto, che giace ancora a circa 80 metri di profondità e a 22 miglia al largo di Pedaso; la seconda, invece, i segni avvistati sui cavi di pesca. Un terzo elemento invece ci porterà a riflettere sullo stato delle reti da pesca, che conducono ad escludere una teoria circolata negli ambienti marinari sambenedettesi all’epoca, ovvero la cosiddetta “presura“.

 

Rita Evelin, il documento di Forner del 21 novembre 2006 prima pagina

IL 14 NOVEMBRE In quella data, a quasi 20 giorni dall’affondamento quindi con enorme ritardo, il pontone AD3, chiamato per recuperare il relitto (si riuscirà invece a recuperare soltanto i corpi dei tre marittimi Luigi Luchetti, Francesco Annibali e Ounis Gasmi), tentò l’operazione per il quale era stato allertato. Leggiamo nel documento di Forner: «Durante la messa in posa delle fasce (che dovevano abbrancare il Rita Evelin per poi tirarlo su) si è verificato l’improvviso cedimento di quelle di poppa, in particolare delle due passanti sul lato di poppa. A seguito del loro immediato recupero è emerso chiaramente, da un esame visivo del punto di rottura, che le due fasce, avvolgenti la poppa dell’unità lungo il lato sinistro, andando in tensione, avevano subito, a seguito dello sfregamento lungo la murata di sinistra, un’azione tagliente da parte dello scafo in ferro. Infatti sulle stesse è visibile l’effetto visivo provocato dallo spigolo vivo della murata di sinistra».

 

 

Ciò che stupisce un profano del settore, è che un mezzo ultra-professionale come il pontone AD3, nel recuperare una imbarcazione di 17,2 tonnellate di stazza, vada incontro a un’azione tagliente da parte dello scafo di ferro, su fasce costituite da «un cavo, un bilancino distanziatore e cavi d’acciaio di collegamento agli otto anelli delle fasce».

 

Certo, lo stesso Forner, nello stesso documento, fece riferimento allo «stato di ritenzione del fango (in gergo chiamato effetto ventosa)». Ma allo stesso modo il riferimento all’azione tagliente della murata di sinistra fa sorgere qualche dubbio.

 

Rita Evelin, il documento di Forner del 21 novembre 2006

COSA È SUCCESSO AL CAVO? «Durante le operazioni di recupero dell’attrezzatura da pesca si è riscontrata, inoltre, a circa 21 metri dall’estremità poppiera un’anomala piega sul cavo d’acciaio di sinistra con la presenza, lungo lo stesso tratto, di tracce di vernice di colore rosso».

 

Solo noi sobbalziamo? Qui si scrive che qualche urto/tensione ha colpito il cavo d’acciaio a una distanza di 21 metri dalla poppa, provocandone una anomala torsione. E inoltre che in quel punto vi sono tracce di vernice di colore rosso.

 

Orbene, o qualcuno, a terra, si era divertito a martellare pesantemente il cavo d’acciaio e dipingerlo di rosso, oppure qualcosa, a 21 metri di distanza dall’imbarcazione, ha colliso con essa in quel punto. Tertium non datur. Ci piacerebbe che qualche esperto confutasse questa nostra valutazione. Ma l’altra eventualità viene di fatto smentita dalla ricostruzione di Forner sullo stesso punto della lettera.

 

Rita Evelin, il documento di Forner del 21 novembre 2006 terza pagina

RETE DA PESCA INTATTA «Durante l’operazione di recupero della rete da pesca (costituita da una rete a strascico della lunghezza complessiva di circa 750 metri di cui 500 metri di cavo d’acciaio, 200 di calamenti – cavi di maggior diametro in fibra posizionati tra la rete e i cavi d’acciaio) si è potuta accertare, come da documentazione video presente agli atti, l’assenza di ostacoli al trascinamento della stessa nonché la totale integrità dello strumento».

 

Questo ci dice due cose: 1) che vi è stato qualcosa a 21 metri sul cavo d’acciaio, e quel qualcosa potrebbe essere stato un contatto con un oggetto non identificato; 2) che la rete non ha subito ciò che in gergo marittimo sambenedettese si chiama “presura”, ovvero la “presa” su qualche ostacolo nel fondale tale da bloccare l’attività di pesca e persino il movimento della barca. Una delle ipotesi dell’affondamento riguardava la possibilità che il Rita Evelin avesse subito un guasto a bordo, con perdita interna di acqua, e che una eventuale presura avesse contribuito a far perdere il baricentro alla nave complice lo spostamento del peso dell’acqua. No: la nave è affondata e l’unico indizio che abbiamo è un possibile contatto a 21 metri dalla poppa.

 

Altro elemento da valutare: l’inspiegabile piega del cavo d’acciaio è stata rilevata proprio sul cavo d’acciaio di sinistra, e dalle parole scritte da Forner si evidenzia che il Rita Evelin è poggiato sul fondo proprio sul lato sinistro, possibile indicazione che proprio da quella parte avvenne un qualche traino che spinse giù il peschereccio.

 

Questo si aggiunge alla prima dichiarazione diffusa del superstite, Nicola Guidi, ovvero di un grande botto.

 

Restano a questo punto due domande, che porremo all’attenzione dei nostri lettori nei prossimi giorni.

 


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