Nel silenzio assoluto della politica a tutti i livelli (assessori, sindaco, consiglieri regionali, assessori regionali, e i non pochi parlamentari) le critiche rispetto alla decisione di non permettere, ai tifosi residenti nella Provincia di Ancona, di assistere alla partita Samb-Ancona del prossimo 3 novembre arrivano però anche dal Sindacato Autonomo di Polizia, attraverso i segretari provinciali di Ascoli, Massimiliano D’Eramo, e di Ancona, Filippo Moschella.
Pochi altri in questi giorni hanno sottolineato l’incongruità della decisione presa nei confronti di uno stadio dove non accadono incidenti di sorta ormai da decenni: molti cittadini via social, il presidente della Samb Vittorio Massi (clicca qui), questa testata (clicca qui).
«Egoisticamente parlando la scelta che è stata presa dal Signor Prefetto di Ascoli Piceno in data 29 ottobre nel firmare l’ordinanza che vieta la trasferta ai tifosi dell’Ancona per la gara con la Sambenedettese, può essere stata da alcuni punti di vista la più conveniente ed anche la più opportuna, ma dal nostro punto di vista non è pienamente condivisa» scrivono i due segretari.
«Se è vero che spetta alla massima Autorità Provinciale decidere e determinare se far svolgere o meno un determinato evento o competizione essa sia, è altrettanto vero che, vivendo in un paese democratico, abbiamo tutto il diritto di poter esprimere le nostre osservazioni – continuano – Teniamo a precisare che la Polizia di Stato nel campo della gestione degli eventi sull’Ordine Pubblico, è un’eccellenza a livello mondiale, non a caso dopo i gravi fatti accaduti nel G8 di Genova del 2001, vi fu una completa e complessa trasformazione dei protocolli operativi, così efficaci che sono stati richiesti ed utilizzati in molti paesi europei ed extraeuropei».
«Questo fatto ci permette di poter affermare, in totale serenità, che non avremmo avuto in alcun modo difficoltà nel gestire il derby marchigiano tra la Sambenedettese e l’Ancona e, nel caso di incidenti, far solo quello che è previsto in questi casi. Del resto, è la legge che lo stabilisce, non il calcio: se commetti un reato sei perseguibile dalla legge e non perché sei un tifoso o un ultras» affermano D’Eramo e Moschella.
«Proprio qualche giorno fa, su tutto il territorio nazionale, si sono svolti diversi incontri di calcio a rischio, che avrebbero potuto creare gravi criticità sul piano dell’Ordine e Sicurezza Pubblica, come ad esempio quello tra l’Inter e la Juventus, che è stato disputato a Milano con oltre 75 mila spettatori. Ebbene, nella circostanza, non solo non è stata presa alcuna misura restrittiva, ma il tutto si è svolto senza che si verificassero fatti di cronaca. Siamo fortemente convinti che, facendo le debite proporzioni, 7000/8000 tifosi sambenedettesi a fronte di altri 700/800 tifosi anconetani, non ci avrebbero potuto mettere in difficoltà» fanno notare.
«Fatta questa premessa, crediamo che non si possano punire donne, uomini o bambini solo in virtù di una residenza che non corrisponde alla città dove si gioca la partita, bisognerebbe invece fare il contrario: favorire l’accesso degli sportivi allo stadio, in uno stadio sempre più sicuro e soprattutto ospitale, adatto al gioco del calcio. Tra l’altro la libera circolazione è un diritto sancito dall’articolo 16 della nostra Costituzione» affermano, Carta Costituzionale alla mano.
«Il concetto guida secondo noi deve essere solo uno: occorre punire chi commette i reati non chi vuole solo assistere a una partita di calcio e tifare per la propria squadra, se si continua a vietare, a dividere, a discernere, a obbligare si evidenzia che non siamo in grado di saper gestire un evento, e questo non è giusto nei confronti delle donne e degli uomini della Polizia di Stato che giornalmente dimostrano la loro encomiabile professionalità» concludono.
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