di Gianluca Ginella
La tormenta di neve in cui affondano le ombre intorno al giallo dei Sibillini venne dopo. Dopo che la piccola Peugeot 104 nera targata Siena 216603 si fermò, il 29 novembre del 1980, sulla strada ai Piani di Ragnolo in località Fonte Trocca di Acquacanina (Macerata). A bordo c’erano Jeanette May Bishop (ex baronessa de Rothschild) con l’amica Gabriella Guerin che era anche sua assistente. E’ quello l’ultimo atto noto, quell’auto ferma sulla strada prima che iniziasse a nevicare, delle vite delle due donne che in quei giorni soggiornavano nella vicina Sarnano perché Jeanette si stava occupando dei lavori in una casa che aveva comprato col marito. Le gomme dell’auto vennero trovate a contatto con l’asfalto, dunque quando si fermò non c’era ancora neve (e ciò infittisce il mistero).
La sera del 29 novembre 1980 nevicò, ma a sprazzi. Quindi le due donne potevano rientrare a Sarnano, non erano state sorprese da una tormenta, come sottolineò anche il giudice istruttore dell’epoca. La bufera venne il giorno dopo e seppellì l’auto sotto oltre un metro di neve. Quel 29 novembre era quasi sera, le 17, quando le due donne vennero viste vicino all’albergo, “Ai Pini” di Sarnano, dove soggiornavano, e partirono per andare a fare un giro in montagna. Strano, avrebbe poi detto qualcuno, andare in montagna che quasi si fa buio. Jeanette, che viveva a Londra col marito, si trovava all’hotel dal 25 novembre, Gabriella arrivò il 26 dal Friuli. Le due donne si misero in auto, nonostante il buio fosse alle porte, per salire verso i Piani di Ragnolo. Da lì è iniziato un mistero che dura da 44 anni. Anche se, un testimone, il vicepretore Daniele Talocco, disse di averle viste alle 19 in giro per il paese. E questa è una delle incongruenze di una storia che torna alla ribalta oggi con la procura di Macerata che ha aperto una indagine per duplice omicidio e che possiamo raccontare grazie all’importante lavoro dei cronisti di allora che su pagine ormai ingiallite hanno cristallizzato il racconto di quel tempo lontano in cui nacque il Giallo dei Sibillini.
Tante le voci e le illazioni che si sono rincorse durante gli anni. Restando ai fatti. I Piani di Ragnolo sono l’ultimo punto in cui si può dire si sa che le donne erano vive. Hanno lasciato l’auto e si sono allontanate. Tracce del passaggio di Jeanette e Gabriella (ma potrebbe anche essersi trattato di un depistaggio) vennero trovate in una baita, casa Galloppa, che si trova a circa 500 metri rispetto a dove lasciarono la vettura (ma dall’auto non la potevano vedere). All’interno vennero trovate tracce del passaggio di qualcuno, cibo nei piatti, materassi ammassati e nel bagno dei capelli. Il marito di Jeanette, Stephen May, nella relazione all’ambasciata britannica a Roma del 14 gennaio 1982 dice: «c’è una piccola casa moderna (casa Galloppa, ndr) non visibile dall’automobile ma visibile da chiunque avesse camminato 20 o 30 metri più in là nella direzione in cui stava andando l’automobile. Questa casa era disabitata durante l’inverno ma veniva usata in estate da una coppia che alleva del bestiame in montagna. Alcuni operai municipali che si trovavano vicino alla casa la mattina del 29 novembre sostengono che l’abitazione appariva senz’altro chiusa. Nella stessa sera in cui fu trovata l’automobile (il 18 dicembre 1980, ndr), tuttavia, si scoprì che vi era stata un’irruzione nella casa.
Vi erano evidenti segni di occupazione – i materassi erano stati trasportati vicini ai resti di un fuoco nel camino. È possibile che sia stato consumato del cibo ma questo non si è potuto stabilire con certezza. Era stata bruciata della legna sul balcone che si affaccia sul fronte della casa. Una cosa è stata stabilita con certezza.
Ad un certo momento le due donne sono state in quella casa. Le perizie legali su due tipi di capelli umani trovati nel bagno della casa hanno stabilito che un gruppo “potrebbe facilmente appartenere a “Jeannette” e che “possono esservi pochi dubbi che molti degli altri appartengono a “Gabriella”. La combinazione di questi ritrovamenti sembra conclusiva».
L’auto delle due donne restò sepolta nella neve per circa tre settimane sino a quando un elicottero che sorvolava la zona non notò, il 18 dicembre del 1980, il tettuccio nero della vettura comparire tra la distesa bianca. Per cercare le donne si mossero circa 500 persone che setacciarono l’altopiano sopra Sarnano senza però trovare tracce. Se non in casa Galloppa. Altro elemento che lega le due donne con casa Galloppa una forchetta che venne trovata nella tasca di una di loro, forchetta che secondo gli articoli dell’epoca veniva proprio da casa Galloppa. Resta da chiarire se si trattò di un depistaggio o se davvero le due donne si rifugiarono lì. Il motivo poi, se non nevicava ancora quando si fermarono con l’auto (e la vettura era funzionante tanto che quando venne ritrovata partì al primo colpo), resterebbe da capire. Perché abbandonare l’auto e allontanarsi a piedi invece di tornare indietro? E’ comunque questa la tesi della morte bianca. Le due donne, sorprese dalla tormenta si rifugiano nella casa e poi vi escono e si perdono trovando la morte.
Una pista, quella della morte bianca, che di fatto ha escluso il giudice istruttore che si occupò del caso, Alessandro Iacoboni, ex presidente del tribunale di Macerata e scomparso il 20 marzo del 2019.
Nel chiudere l’indagine, il giudice, scrive, in sintesi, che più si è andati a fondo di questa storia più sono emersi elementi da far pensare che non si è trattato di una morte bianca. Però nessuna delle piste seguite ha mai portato a niente. E di piste ne sono saltate fuori parecchie in questi anni. Quella che più è stata seguita è quello di un ricchissimo furto di gioielli alla casa d’arte Christie’s a Roma, avvenuto il 30 novembre 1980, giorno dopo la scomparsa delle due donne.
Qualcuno ipotizzò un collegamento per via di un telegramma arrivato all’albergo Ai Pini dove le due donne alloggiavano, il 6 dicembre. Si diceva «Attendoti in via Tito Livio, 130, interno 3. Roland». Il 3 dicembre al direttore della filiale romana di Christie’s era arrivato un telegramma che portava allo stesso stabile: «se volete trovare traccia dei gioielli recatevi in via Tito Livio 130, interno 3».
Inoltre il telegramma che era arrivato a Sarnano risultava spedito da via Po, a Roma, dove viveva un altro personaggio che risultò coinvolto nel furto. Ma nulla venne trovato. Altro collegamento venne fatto con il caso Calvi, il banchiere trovato impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati neri il 17 giugno del 1982 (il motivo una foto di Jeanette che Calvi pare avesse con sè). Si è poi parlato di rapimenti, banda della Magliana, si sono tirati in ballo pure i servizi segreti. Un vortice di piste che alla fine sono sfumate in 44 anni di mistero.
I corpi delle due donne, o meglio i resti delle due donne, vennero trovati il 27 gennaio del 1982 a Podalla di Fiastra da un cacciatore. Dall’autopsia svolta sui resti dal professor Graev e dal tossicologo Rino Froldi, emerse che le ossa non presentavano segni di lesioni traumatiche, né di colpi d’arma da fuoco o da taglio. C’erano segni sulle ossa che venivano collegati all’azione degli animali selvatici. Un dettaglio che venne riportato dai giornali dell’epoca era che l’orologio di Jeanette, a carica manuale, era fermo sulla data del 12 dicembre. Sul corpo era stato anche trovato un bracciale in oro di marca Cartier con inciso Love 1970. Vennero trovate anche due catenine girocollo in oro, una catena in oro pesante, un contenitore con rullino con 53 foto (cosa ci fosse in quelle foto non si sa). Altro aspetto che emerse è che i corpi si sarebbero decomposti nel luogo in cui vennero trovati, questo in base alle bruciature in profondità nel terreno che vennero rilevate nel corso degli accertamenti dell’epoca. Un luogo, comunque, in cui prima del rinvenimento sarebbero passate delle persone senza però accorgersi della presenza dei cadaveri.
All’epoca della morte Jeanette aveva 40 anni. Nata a Brighton nel 1940 era stata modella e presentatrice tv, poi si era sposata con il banchiere Evelyn de Rothschild, conosciuto tre anni prima, dal 1966 al 1971. Dopo il divorzio iniziò a interessarsi di arredamento, aprì un piccolo atelier ed entrò nel mondo degli antiquari e designers. Aveva poi conosciuto il secondo marito, Stephen May che era dirigente della catena di grandi magazzini “John Lewis”. Insieme la coppia viveva nel quartiere di Chelsea, a Londra. «Già da tempo mia moglie e io – disse Stephen May nella relazione all’ambasciata – volevamo comperare una piccola casa per le vacanze in Italia e ci siamo decisi per la zona di Sarnano in seguito ad una nostra visita nell’estate del 1979. Successivamente ci siamo accordati per l’acquisto di una piccola fattoria per la somma di 29 milioni a circa due chilometri e mezzo da Sarnano».
Così descrive la moglie «Ha capelli biondi (e quasi sempre portati durante il giorno con la coda di cavallo) portamento diritto e passo spedito. All’epoca della sua scomparsa indossava un maglione verde, pantaloni di flanella verde, stivali di gomma portati sotto i pantaloni e una leggera giacca a vento blu. Portava una grande borsa a tracolla di pelle color marrone chiaro. È arredatrice e aveva qualche ordinazione in sospeso all’epoca della sua scomparsa però le sue preoccupazioni maggiori di lavoro, da quando ci siamo sposati, erano state in primo luogo l’approntamento della nostra casa a Londra e poi la casa a Sarnano; in modo da potersi dedicare completamente a ciò ella non aveva progettato alcun nuovo lavoro per il 1981. Ella è figlia unica di madre vedova, ottantenne, che avrebbe dovuto farci visita nel Natale».
Sempre nella relazione all’ambasciata racconta «Ho parlato con mia moglie al telefono alle 10 di mattina di venerdì, 28 novembre. Stavano terminando la prima colazione e chiaramente erano rilassate e godevano ottima salute. Jeannette era particolarmente felice per il progresso fatto con la casa più di quanto si sarebbe aspettata. Ci siamo accordati che avrei telefonato la domenica per una conversazione più lunga quando lei si aspettava di avere ulteriori notizie» ma non era riuscito a contattarla «non sono riuscito a prendere la comunicazione con l’albergo la domenica nonostante ripetuti tentativi – probabilmente una conseguenza del terremoto nel sud con le linee continuamente occupate». Su Gabriella, che all’epoca della scomparsa aveva 39 anni, aveva detto «lei e suo marito avevano abitato e lavorato in Inghilterra e avevano fatto ritorno in Italia da circa 4 anni a Roncis, in provincia di Udine». Racconta poi che un anno dopo il loro ritorno il marito era morto in un incidente stradale e Gabriella era rimasta vedova con due figli. Jeanette aveva fatto da madrina alla figlia minore. Come dissero anche i giornali dell’epoca Gabriella viveva per i suoi due figli, non li lasciava mai. L’aveva fatto solo per accompagnare Jeanette nelle due visite che aveva fatto a Sarnano.
Ora si apre una nuova indagine sul cold case più famoso delle Marche. Ad occuparsene i carabinieri, coordinati dalla procura di Macerata (pm Francesco Carusi). Sinora sono stati riletti tutti gli atti ed è stato aperto un fascicolo per duplice omicidio, senza indagati, perché è il solo reato che non va in prescrizione e che consente di svolgere tutti gli accertamenti che possano rendersi necessari. Lette le carte, ora stanno sentendo i testimoni che possono essere ritenuti utili per chiarire o approfondire qualche aspetto. E chissà che non spunti una nuova verità da questi accertamenti, magari non così complicata e lontana come i collegamenti con i casi Calvi e il colpo da Christie’s.
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