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Dimore storiche del Piceno, un viaggio nella bellezza

IL RICCO patrimonio storico-culturale delle residenze signorili, della media e bassa valle truentina, costituisce uno degli attrattori turistici del territorio. Molte sono state trasformate in location di matrimoni, resort o altro, perdendo così il rapporto che avevano col territorio. rimangono però la bellezza architettonica e l’iconica presenza nel paesaggio
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L’ingresso monumentale di una delle ville storiche (Saladini-Pilastri) della bassa vallata del Tronto (ph G. Vecchioni)

 

di Gabriele Vecchioni

 

 

Come abbiamo più volte avuto occasione di vedere (su Cronache picene, sul web, di persona) lo spazio geografico che dall’area delle colline che circondano Ascoli Piceno arriva fino alla riviera adriatica è costellato di residenze signorili, ville storiche circondate da parchi più o meno curati, dimore di charme, case di abitazione.

 

Ognuna di esse ha una storia da raccontare, importante per il proprietario e per il territorio, al quale è indissolubilmente legata.

 

Questo articolo è una sorta di baedeker o, meglio, un catalogo minimo di quelle più significative che si incontrano in un ideale itinerario dalle immediate vicinanze della città fino al litorale adriatico; sono escluse, per motivi di spazio editoriale, quelle cittadine.
Nel testo ci sono frequenti rimandi ad articoli già apparsi su questa testata (per “alleggerire” la lettura anche con i capoversi inframezzati da diverse foto). Il testo è stato diviso in due parti per coprire, seppure in maniera ampiamente incompleta, l’intera area della media e bassa valle del Tronto.

 

Abbiamo definito il patrimonio storico-artistico (al quale appartengono le ville picene) come “attrattore turistico”; possiamo consolidare l’affermazione considerando le ville storiche come valore aggiunto di un territorio già interessante. Anche se alcuni interventi umani potrebbero essere definiti “sconsiderati”, almeno dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, il nostro è un territorio armonioso, dove l’intervento dell’uomo è riuscito [non sempre, eh!] a creare un paesaggio abitato ancora godibile.

 

Vediamo di analizzarlo, allora, questo paesaggio, considerando le dimore storiche: un viaggio virtuale nella bellezza, tra storia, arte e cultura.

 

Castel di Luco. A dx, la frazione acquasantana di Paggese (ph C. Ricci)

Cominciamo dalla media valle truentina, nei pressi di Acquasanta Terme, dove il Tronto si apre la strada tra poderose bancate di arenaria scoprendo, nelle cave di travertino, il cuore candido del territorio.
Castel di Luco è immerso nel tormentato paesaggio collinare vicino ad Acquasanta Terme. È una costruzione suggestiva, uno dei rari castelli italiani a pianta circolare, edificato su un rilevo roccioso dal quale si domina la sottostante via consolare Salaria.

Un escursionista risale la scala, appoggiata sulla roccia viva, che sale fino al maniero (ph C. Ricci)

L’edificio, al quale si accede salendo una scala ricavata nella roccia, è stato oggetto di un recente restauro ed è utilizzato per servizi di ristorazione e di ospitalità.
Il Colucci, storico del Settecento, propone un’origine remota del castello, basandosi sul toponimo Luco: il lucus era il bosco sacro, dove probabilmente si tenevano riti pagani. Le prime notizie storiche sono però del 1052, data della bolla papale di Leone IX, conservata nell’archivio della Cattedrale di Ascoli.
Castel di Luco ha subìto assedi da parte delle milizie di Carlo D’Angiò e di Galeotto Malatesta; da qui, Pietro di Vanne Ciucci, signore del luogo, partì per liberare Ascoli “a nome” dello Stato pontificio, ai tempi di Rinaldo Sforza (sec. XV). Nel 1562, il bandito Mariano Parisani fece trucidare il capo del presidio ospitato nella costruzione, Chiarino Montaroni, ucciso “a sangue freddo” con un colpo di archibugio. Dopo quest’episodio, il castello diventò dimora gentilizia della famiglia Ciucci, fino al 1800.
Il Castello, che ha subìto un recente restauro dopo il terremoto del 2016, conserva le strutture originarie e offre, nelle sue stanze affrescate, servizi di ristorazione e accoglienza.

 

Villa Cicchi; a dx, un ambiente interno (ph Dimore Storiche Italiane)

Il nostro itinerario virtuale prosegue lungo la Salaria, supera l’abitato di Mozzano, frazione cittadina, fino ad arrivare alle porte di Ascoli. Qui troviamo un’altra dimora storica.
Villa Cicchi è una residenza di villeggiatura avvolta dal verde delle colline picene, nelle immediate vicinanze della città di Ascoli, in località Abbazia (un toponimo significativo!), sulla strada che sale verso la frazione di Rosara. Le stanze, con le volte affrescate, dànno sulla terrazza con un ampio panorama che va dal parco che circonda la costruzione alla città e alla vallata del Tronto.
La residenza è una costruzione del Seicento ma il primo proprietario certo (per dati catastali dei primi decenni del Settecento) è Don Angelo Angelini che impostò la casa sullo sperone di travertino sul quale ancora sorge: una parte della cantina e della cappella hanno la pavimentazione di roccia viva. Nell’Ottocento la casa fu ceduta da una discendente dell’Angelini al Marchese Guidi che la fece decorare con le tempere dell’artista recanatese Raffaele Fogliardi, piuttosto attivo in zona.
Nel 1917, la villa fu acquistata dalla famiglia Cicchi che ne è tuttora proprietaria. La villa, circondata da una tenuta agricola di 40 ettari, è dal 1995 un avviato agriturismo di qualità e sede di eventi.
Come preannunciato all’inizio dell’articolo, tralasciamo le dimore storiche cittadine e continuiamo il tour lungo la via consolare Salaria che costeggia la sinistra orografica del fiume Tronto.

 

Uscito dalla città, il Tronto scorre nella fertile valle che lo conduce fino alla foce, tra Porto d’Ascoli e Martinsicuro. La bassa valle del Tronto, protetta a meridione dal basso crinale piceno-aprutino e a settentrione dalle ondulate colline truentine, è un patchwork di paesaggi creato da campi, fossi, case sparse e borghi; l’armonia del paesaggio è, però, guastata spesso dai segni invadenti delle attività produttive, strade di servizio e capannoni che spesso sono veri e propri esantemi del territorio. In un intervento di qualche anno fa, Giulia Panichi Pignatelli, proprietaria di un’altra villa storica, ricordava che il paesaggio della valle è cambiato: «Capannoni diroccati, in disuso, fabbriche fantasma che per il 60% non funzionano più, ma che continuano a inquinare a livello paesaggistico, culturale, la qualità della vita di tutta la zona».

 

I terrazzi alluvionali (termine geologico) alla destra orografica del Tronto (versante abruzzese, ph G. Vecchioni)

A ricordare l’antica bellezza di un paesaggio sempre più banalizzato e uniformato alle periferie urbane delle grandi città, rimangono le dimore storiche, le ville monumentali. Vediamone qualcuna delle tante ancora presenti in zona.
Una premessa. Una frase, presa da un precedente articolo sul tema, chiarisce uno degli aspetti più evidenti delle ville dalla bassa valle truentina: «A differenza delle ville presenti nelle Marche settentrionali, che raccontavano l’agiatezza della famiglia proprietaria, quelle della nostra zona erano legate alle finalità produttive, una caratteristica evidente se si considerano gli “annessi” delle ville, legati alle attività rurali: sono “granai, depositi, essiccatoi, magazzini, cantine, frantoi, molini, bigattiere, roccoli [che] consentono di capire quale ruolo e quale funzione la residenza estiva doveva svolgere per il proprietario”».

 

Villa Sgariglia; a dx, la chiesa di Santa Maria Assunta del Giosafatti, all’interno del complesso (ph Dimore Storiche Italiane)

A Villa Sgariglia, a Campolungo (un toponimo che ben descrive la natura del luogo, l’antico Campo longo), Cronache picene ha dedicato un lungo articolo, a firma di Walter Luzi, al quale rimandiamo (leggilo qui). Walter ripercorre la storia del lascito testamentario della famiglia Sgariglia con il quale l’ultimo esponente dell’antica famiglia ascolana devolveva «alla città di Ascoli Piceno, mia patria», l’ingente patrimonio (palazzi, case e ben 1 400 ettari di terreni agricoli, tra i quali l’intera Sentina di Porto d’Ascoli.

 

Panoramica di Campolungo

La Villa, costruita nel 1673 ma sistemata nel 1777 ad opera dell’architetto Lazzaro Giosafatti, apparteneva alla Famiglia Sgariglia, una delle famiglie più ricche e influenti della zona. Altre dimore di pregio degli Sgariglia sono alle Piagge di Colle San Marco e a Grottammare, sulla costa adriatica.
La villa è, in realtà, un autentico feudo, un complesso di edifici attualmente in abbandono (e in attesa di furti e vandalismi): alcuni difensivi, come le torrette di guardia, altri di servizio (qui c’era una statio dell’antica Salaria); sullo sfondo del verde che circonda la villa spicca la cupola della chiesa settecentesca di Santa Maria Assunta, anch’essa del Giosafatti. Bellissimo il viale di accesso: la strada sale verso la costruzione tra due fittissime schiere di allori, con i rami intrecciati in alto.

 

Borgo storico Seghetti-Panichi; a dx, l’oratorio gentilizio (ph D. Fusaro)

 

Nella parte alta di Castel di Lama sorge Villa Seghetti-Panichi, con il suo magnifico parco (in realtà si tratta di un vero e proprio borgo storico, come recita la sua denominazione, Borgo storico Seghetti-Panichi). Anche in questo caso, rimandiamo al recentissimo articolo (leggilo qui) dedicato al Progetto di recupero, conservazione e valorizzazione del giardino storico Seghetti-Panichi, vincitore del Bando PNRR “Parchi e Giardini Storici”.


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