di Walter Luzi
I profumi e i sapori che ci fanno chiudere gli occhi, e rivivere per un attimo gli anni felici della nostra infanzia e giovinezza, sono tanti. Uno di questi aromi, dolce evocatore di ricordi lontani e bellissimi, rimasto, immutato, quello di un tempo, lo respiri dentro la piccola Pizzeria Ascolana di piazza Simonetti. Dove tutto, dai forni, agli ingredienti, alla passione di una famiglia per un’arte, è rimasto sempre lo stesso. Da settant’anni. Dove i quattro gusti proposti, sempre gli stessi, non hanno mai inseguito le mode del momento o le tendenze del mercato. Dove anche ascolani emigrati verso terre lontane decenni e decenni fa, ritornano qui dentro come fosse la casa di affetti famigliari, rifugio sicuro dove respirare odore e calore di una umanità che appartiene, anch’essa ormai, ad altri tempi. Lontani e rimpianti. A chiedere al bancone, e ritrovare, con piacere indescrivibile, quella stessa “pizzetta e spuma” della tua adolescenza. Che è sopravvissuta, miracolosamente, all’inquinamento della modernità, ai danni planetari dell’economia globalizzata, che ha resistito all’invasione dei franchising, e alle ondate modaiole dei fast food. Questa è la storia di una pizzeria che ha attraversato sette decenni di storia cittadina riuscendo ad entrare nella vita, nelle abitudini, e anche nel cuore, di almeno tre generazioni di ascolani.
Mario & Mario
La lunga storia della Pizzeria Ascolana inizia nel forno della sora Marta in via dei Tibaldeschi, dove ce n’è uno ancora oggi, ma porta un altro nome. Cominciano lì dentro a lavorare, fianco a fianco, Fiorino Spuria, il suocero di Enrico Mazzuca, con il fratello Mario ed un altro Mario, Bottolini.
Quando decidono di mettersi insieme a lavorare in proprio aprono l’attività inizialmente, nel 1952, in Offida dove, pur molto apprezzate, le loro pizzette hanno un mercato insufficiente a causa del bacino di utenza paesano molto limitato. Nel 1954 decidono di tornare ad Ascoli, in un piccolo laboratorio nella centralissima via Pretoriana, trafficatissima via obbligata verso il locale ospedale civile. La chiamano, in virtù della provvidenziale omonimia dei due soci, pizzeria “Da Mario”. Sta proprio all’angolo della costa dell’ospedale, molto trafficata anche perché, in cima, ci sono tante, e affollate, scuole superiori. Proprio in quegli istituti scolastici nasce un interessante business, perché, ogni giorno, per la ricreazione, vanno a vendere anche lassù le loro squisite pizzette.
«Mio suocero ricordava spesso – racconta Enrico Mazzuca – dei veri e propri assalti che dovevano subire nel corridoio dai giovani studenti e studentesse affamati subito dopo ogni squillo della fatidica campanella liberatrice della ricreazione. Non solo pizzette, ma anche maritozzi dolci». Mario&Mario fanno ora infatti tesoro delle esperienze, maturate anche in campo dolciario, durante la loro permanenza nel forno della sora Marta. La società si scioglie nel 1959. L’ex socio apre una nuova pizzeria in corso Mazzini. Mario Spuria, invece, in Piazza della Prefettura.
Il locale è quello proprio accanto all’attuale, il civico 77 di Piazza Simonetti. Ha bisogno però di nuovi aiutanti, che recluta in famiglia. Il fratello maggiore Fiorino, che è già esperto della materia, e non ne può più di fare il camionista, e la sorella Rita, che è ben lieta anche lei di accettare.
Rita, la sorella di Mario
Mario ha anche, forse insperata, un’altra fortuna. Quella di tenersi le vecchie teglie di cottura delle pizze già usate nel forno di via Pretoriana. Anche queste contribuiscono infatti, in maniera forse determinante, a conferire l’inconfondibile buon sapore alle loro pizzette. È quello che farà sempre la differenza. La qualità. La molla decisiva per la fidelizzazione di una clientela sempre più vasta. Nel 1984 in laboratorio, e dietro il bancone, entra anche Roberta. Figlia, con il fratello Sandro, di Fiorino. Lei è già fidanzata con Enrico Mazzuca. Si sposeranno nel 1986. Enrico, lasciando il suo lavoro, entrerà in azienda l’anno successivo in occasione della difficile prima gravidanza della moglie, che la costringerà, precauzionalmente, a riposo, a casa, e dunque lontana dal lavoro nella pizzeria di famiglia. Ma il 1987 segna anche un’altra svolta nell’attività, che trasloca di una serranda, nel locale a fianco, al civico 77. Lì i due fratelli Spuria, con l’aiuto della moglie di Mario, Maria Pia Garelli, e della figlia e del genero di Fiorino, Roberta ed Enrico, perpetueranno la tradizione della Pizzeria Ascolana. Pizzetta rossa o bianca, oppure con carciofi o alici, puntualmente piegata in due nel consueto cartoccio di carta. Il menù della casa è rimasto sempre lo stesso. A volte può bastare davvero poco, spegnendo quel languorino, per sentirsi più felici.
Pizzette da soffiarci sopra quando, appena sfornate, scottano anche fra le dita. E, se vuoi risparmiarti lavanderia e imprecazioni, attenti al pomodoro, che ti può colare addosso scivolando dalla carta quando affondi, vorace, il primo morso. Pizzette da divorare appollaiati sui pochi alti sgabelli del locale sorseggiando una bibita. Aranciata, coca-cola o, meglio ancora, su tutte, la più gettonata, la classica spuma Paoletti. Che con la pizzetta ci canta, per accompagnare i bocconi.
A prezzi modici, popolari. Adatto alle tasche dei tanti giovani e giovanissimi, oggi come allora. Quando, ancora, le mani non erano perennemente occupate da uno stramaledetto telefonino. Quando ognuno di noi aveva le sue idee e la sua testa, e cercava di farla funzionare sempre al meglio. Quando i cuori battevano più forte, perché aperti a passioni e sogni. E la vita non vedevi l’ora di mangiartela, tutta, come quella pizzetta appunto, a morsi. In tasca c’erano la chiavetta del motorino, o l’abbonamento all’autobus del servizio urbano, oltre a qualche spicciolo per l’immancabile pizzetta dall’Ascolana. Una tappa fissa. Un rito consolidato. I like e i followers te li guadagnavi, all’epoca, di persona, conoscendo, e facendoti conoscere, da tanti altri ragazzi e ragazze come te. Quasi sempre proprio lì vicino alla pizzeria, in Piazza del Popolo. Dove si ritrovavano tutti.
Vasche su vasche, vocianti, spensierate, su e giù per ore, con l’augurio, o la speranza, dell’incontro fatale. Gli sguardi che finalmente si incrociano, l’amico che finalmente te la può presentare quella ragazza che ti piace un sacco. O loro, le ragazze, che ti puntano da tempo, solo che sono più brave di noi, quando lo vogliono, a non farsene accorgere. Sorrisi con gli occhi che ridono, la prima stretta di mani sudate che non finisce mai, il rossore che non riesci ad evitare a quei due baci casti scambiati sulle guance. Verranno dopo, a tempo debito, le chiamate al fisso di casa dalla cabina telefonica a gettoni, le chiacchierate a bassa voce per non farsi sentire dagli altri in casa, gli appuntamenti a due in piazza, le passeggiate romantiche Rrete li Mierghe.
Verranno dopo, a tempo debito, il primo bacio che, lungo com’è, non potrai proprio scordartelo più, e, dopo essersi promessi la vita a vent’anni, le prime focose pomiciate all’Annunziata, i pomeriggi appartati in macchina con i finestrini appannati. Tutto a tempo debito. Assaporando, gustando, anche, soprattutto, le attese. Si è perso anche questo piacere oggi. Dove va consumato tutto e subito. Anche se non si è pronti. Anche se non sarebbe proprio il caso. Ci riporta a quei momenti indimenticabili, invece, il profumo, sempre lo stesso, della pizzetta all’Ascolana, mentre Enrico ce la incarta e ce la porge. Rassicurante, irrinunciabile. La pizzetta calda faceva parte della festa. E continua, come detto, dolcemente a ricordarcela, anche se, la festa, sotto molti aspetti, è già finita da un pezzo.
I giorni nostri
Nel 1999, entrano a far parte come soci dell’attività anche Giuliano Bernardini, e il nipote di Enrico, Gianni Bigossi.
Ma la pizzetta dell’Ascolana resta sempre lei. A testimoniarlo anche tantissimi emigrati, oltreoceano o nella lontanissima Australia, che ne ricordano ancora molto bene il sapore e il profumo, entrambi inconfondibili. «Tornano in Ascoli magari dopo trent’anni – racconta con grande soddisfazione Enrico – e portano qui figli, nipoti e pronipoti per fargliele assaggiare. Uno di questi quando ritorna in Ascoli a salutare la nonna passa sempre prima da noi, a mangiarsi una delle nostre pizzette. Dieci anni fa ne abbiamo preparato, su richiesta del Club Marche di Adelaide, in Australia, una quarantina da far degustare ad una festa organizzata per gli emigrati italiani in quel Paese». Trasporto espresso per via aerea.
Ventiquattro ore di volo e quindicimila chilometri di distanza non sono bastati a disperderne il sapore e il profumo. Entrambi inconfondibili. Una delizia ritrovata per i nostri connazionali lontani. Ma qual è il segreto? «Non ci sono segreti da nascondere o rivelare – confessa Enrico – è solo tutta roba buona. I nostri ingredienti sono sempre stati i migliori, di altissima qualità. A cominciare dall’acqua del nostro acquedotto del Pescara del quale a volte è aspramente criticata la gestione. È, invece, l’acqua più buona in assoluto per le nostre lavorazioni. Ne abbiamo provate diverse altre per i nostri impasti. E vi assicuro che non è la stessa cosa. La farina viene dal mulino La Certosa di Maltignano. I pomodori, selezionatissimi, oggi vengono invece dall’Umbria, Foligno precisamente, La mozzarella è Sabelli da sempre. Fior di latte però, la migliore in catalogo».
E poi, ovviamente, c’è …il manico. Settant’anni di esperienza. Impasti e lavorazioni perfezionati nei decenni. Cotture e forni. Vintage anche quelli, come li definisce Enrico Mazzuca. Uno moderno, elettronico e superaccessoriato, di ultima generazione, lo hanno dato indietro. Molto meglio i vecchi della Cimav Verona acquistati quarant’anni fa e ancora efficientissimi. Domani, 24 novembre, a Piazza Simonetti ci sarà la grande festa per il settantesimo compleanno della Pizzeria Ascolana. «Bisseremo la stessa nostra iniziativa del sessantennale caduto nel 2014 – anticipa Mazzuca – regalando, come facemmo allora, le nostre pizzette a tutti quelli che passeranno a trovarci quel giorno».
Improbabile, per ovvi motivi, la presenza di Fiorino Spuria, il grande padre fondatore. Anche se farebbe piacere a tutti la sua presenza, Fiorino, oggi novantottenne, è preferibile che se ne stia ben riguardato in casa. E Mario, purtroppo, non c’è più. Facilmente prevedibile invece una nuova ressa di clienti affezionati ed estimatori, anche se, in verità, davanti al bancone della Pizzeria Ascolana la fila è una costante. Che si allunga spesse volte fuori dal locale, fin sul marciapiede all’angolo con via Giudea, dove intristiscono non poco, proprio lì di fronte, le serrande abbassate per sempre di un altro esercizio storico ascolano. La gelateria Veneta.
«Fare la fila da noi però vale sempre la pena – racconta ancora Enrico Mazzuca – o almeno così continuano a dirmi tanti dei miei clienti». E non solo nei giorni più “caldi”. Che sono quelli di Natale, Carnevale, Quintana e Sant’Emidio, oppure in concomitanza di mercati e mercatini, o concerti e spettacoli vari ospitati nella vicinissima Piazza del Popolo. I lunghi lavori di recupero edilizio dei palazzi della via, e di sistemazione della pavimentazione di Corso Trento e Trieste su cui la pizzeria si affaccia, da poco ultimati, hanno complicato un po’ la vita a tutti negli ultimi tempi. Per gustarsi una pizzetta all’Ascolana però, non c’è ostacolo che tenga. E vale sempre la pena aspettare. Parola di Enrico Mazzuca: «Un minuto solo di pazienza ragazzi, che stanno uscendo ora… calde calde…».
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