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Luigi Silvestri, l’imprenditore umano dà lavoro a chi è in difficoltà: «Il dolore rende migliori»

ASCOLI - Ha spalancato le porte dei suoi ristoranti a ragazzi che hanno avuto un passato difficile. E si commuove di felicità nel vedere cambiate le loro vite. Gli esempi dei giovani Mohammed e Simone
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di Filippo Ferretti 

 

Educazione, umanità e professionalità. È ciò che l’imprenditore ascolano Gigi Silvestri ha visto presso le sua attività del centro storico tra coloro che sono andati a bussare alla sua porta per poter lavorare. Lui, proprietario di alcuni esercizi dediti alla gastronomia, nel momento in cui si è trovato davanti alla richiesta di aiuto da parte di alcuni ragazzi, privi di famiglia e delle proprie radici, ha deciso di metterli alla prova. E ha avuto ragione, perché i nuovi assunti, carichi di una voglia di riscatto e di sopravvivere economicamente, sono stati perfetti.

Silvestri e Mohammed

 

Il primo è un ragazzo africano di 18 anni, Mohammed, l’altro è un italiano di un anno più giovane, Simone: entrambi giunti nel capoluogo piceno nel tentativo di voltare pagina alla propria vita dopo una infanzia e una adolescenza difficili. Ma i miracoli talvolta avvengono. «Purtroppo i veri problemi vengono dalla burocrazia, che rende impossibile legittimare in maniera indolore la cittadinanza di chi è minorenne o non è italiano», afferma l’imprenditore, felice di aver trovato nei nuovi arrivi non solo rigore lavorativo ma anche solidarietà ad altruismo.

 

«Avere con me Momo e Simone rappresenta un vero regalo», continua Gigi Silvestri, che pur essendo padre di un figlio naturale che adora, il ventenne Riccardo, ritiene di sentirsi un po’ genitore adottivo anche di questi ragazzi. «Il dolore rende migliori e vedo con quanta passione, precisione e riconoscenza loro mettono in tutto ciò che fanno da quando sono qui da me, in città», prosegue mentre stringe a sé il giovane senegalese.

 

«So tutto della sua storia, dell’anno e mezzo che ha impiegato ad arrivare sin qui dopo essere rimasto drammaticamente un anno in Libia», ricorda l’imprenditore, consapevole di quanto valore possa avere un lavoro per chi è stato abituato per troppo tempo a non avere nulla. «Momo lo considero il mio figlio africano venuto qui in Italia con un barcone all’età di 17 anni: il fatto che oggi abbia una sua casa, un suo stipendio e una vita normale per me rappresenta la più grande delle soddisfazioni», conclude Silvestri, certo che tutti abbiano diritto nella vita di conquistare dignità e felicità, grazie all’aiuto degli altri.


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