«Per superare questa crisi, è fondamentale un piano industriale mirato e volto anche a sostenere tutto il settore e a proteggere le migliaia di posti di lavoro che comprendono anche l’indotto. In gioco c’è il destino di una larga fetta dell’area montana che sta tentando di ricostruire il tessuto sociale dopo il grande terremoto, la compromissione di un distretto industriale così strategico vanifica qualsiasi sforzo di ricostruzione».
E’ quanto sostengono Maria Stella Origlia, presidente di Italia Viva di Ascoli e Moreno Bellesi presidente Italia Viva di Fermo che invocano «investimenti corposi per evitare chiusura Beko Europe».
Beko Europe, ex Whirlpool ed ex Merloni–Ariston ha presentato il 20 novembre 2024 al Ministero delle Imprese e del Made in Italy il piano industriale che prevede la chiusura entro la fine del 2025 degli stabilimenti Beko Europe di Siena (299 i dipendenti) e Comunanza (350 dipendenti) e della linea del freddo a Cassinetta (Varese) oltre alla riduzione degli investimenti e del personale a Melano-Fabriano AN; 1.935 in totale gli esuberi in tutti i siti produttivi citati a cui va ad aggiungersi l’indotto che al momento è difficilmente calcolabile, in ogni caso si tratta di migliaia di lavoratori.
«Si è delineata una crisi industriale che richiede alle istituzioni l’adozione di misure straordinarie, tra cui ipoteticamente l’utilizzo della norma sulla cosiddetta Golden Power. La questione – sostengono Origlia e Bellesi – non è semplice in quanto questa misura sembra non potersi applicare in politica industriale, è volta ai settori Difesa e Sicurezza nazionale, nonché a taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni».
Per Italia Viva non ci sarebbe compatibilità comunitaria, la Commissione europea ha affermato che l’esercizio di tali poteri è ammesso se si fonda su “criteri obiettivi, stabili e resi pubblici” e che l’applicazione sia giustificata da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico.
«Questa crisi industriale vasta e senza precedenti nel settore è figlia anche della mancata individuazione di una Zona Economica Speciale ZES in tutte le Marche seppur richiesta da anni; le responsabilità dei Governo Regionale e Nazionale è chiara, è stata una volontà. E’ necessario – concludono – un corposo intervento pubblico come Regione Marche, Italia ed Europa, che incentivi programmi di investimenti in nuove tecnologie e formazione per i lavoratori, perciò in ricerca ed innovazione, si passi dall’elettrodomestico alla domotica».
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