di Luca Capponi
Chiunque si trovasse ad utilizzare l’arcinoto sistema di localizzazione geografica Google Maps può farci caso: nei pressi del ponte di Porta Cartara troverà una scritta viola che indica la “Ex casa di tolleranza“. Proprio così. Praticamente tutti gli ascolani ci sono passati davanti almeno una volta dirigendosi verso il centro storico. Mentre per i più giovani, però, quella casina non significa nulla, coloro che invece ne conoscono la storia non possono fare a meno di osservarla sempre con curiosità. Si tratta dell’ultima abitazione sulla sinistra.
Ne avevamo parlato in un nostro articolo intitolato “Vecchie storie di case chiuse” (leggilo qui). Già, perché proprio lì la signora Eva Pedretti decise di trasferire il bordello cittadino. In una zona “periferica”. Parliamo di un’epoca che ormai sembra lontanissima, collocata grosso modo negli anni precedenti la chiusura delle case di tolleranza voluta dalla senatrice Lina Merlin e dalle legge che porta il suo nome, pubblicata nel 1958. Quella casa però era lì da almeno un secolo, visto che la si può ben notare anche in un cartolina datata 1850, pubblicata insieme alle altre immagini dei lavori sulla pagina Facebook “Porta Cartara”, dedicata all’omonimo quartiere.
Tempi in bianco e nero, impolverati, che portano con sé migliaia di storie, di vite, di personaggi e figure pittoresche. Di marchette pagare poche lire, ragazze avvenenti, giovani timidi e di pennellate vagamente felliniane. Di luoghi che a immaginarli adesso sembrano poter uscire fuori solo da vecchi film d’antan.
Sarà per questo che la demolizione dell’edificio, oggi casa privata, porta con sé un velo di tristezza. Ma d’altronde il tempo fa il suo corso, la struttura era datata ed il sisma ha inferto il colpo decisivo. A muri portanti e ricordi. Tanto che per la ricostruzione si fa prima a buttarlo giù e riedificarlo. Come l’ultimo testimone degli anni andati.
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