di Pier Paolo Flammini
15 chilometri quadrati, 522 milioni di metri cubi di capacità, portata di immissione ed estrazione di 5,94 milioni di metri cubi al giorno
«Qui c’è tutta la città – ha detto Massimo Bartolozzi di “Ambiente e Salute del Piceno” – Dai comitati di quartiere, alle associazioni di categoria, il Circolo dei Sambenedettesi e i rappresentanti delle istituzioni. Presenti in sala il parlamentare Giorgio Fede, il consigliere regionale Andrea Assenti, i sindaci di San Benedetto Antonio Spazzafumo, di Monteprandone Sergio Loggi (nonché presidente della provincia) e di Martinsicuro Massimo Vagnoni.
«Questo è un impianto a rischio incidente rilevante – commenta il presidente dell’associazione “Ambiente e Salute nel Piceno” Alfredo Vitali – La legge Seveso 3 stabilisce che questi impianti devono sorgere in zone isolate e lontane dalle infrastrutture. In questo caso invece abbiamo una centrale di stoccaggio gas che si trova alla confluenza di tre quartieri, a poche centinaia di metri dalla ferrovia, a poche decine di metri dall’Autostrada 14 e dalla Salaria, senza dimenticare il Centro Agroalimentare a 400 metri e scuola e asilo a 300 metri. Inoltre negli ultimi anni sono sorti impianti sportivi come il campo da rugby Mandela che d’estate è usato per eventi musicali che richiamano migliaia di persone».
«La presenza della centrale di stoccaggio ridurrà il valore patrimoniale delle abitazioni e inoltre danneggerà il turismo perché i turisti non avranno la sicurezza di pernottare in un luogo sicuro, senza dimenticare il forte impatto visivo della colonnina da cui sarà visibile la fiamma degli scarichi della centrale, visibile da Monteprandone a Martinsicuro fino alla riva del mare. Gas Plus ha vinto il ricorso presentato dal Comune di San Benedetto al Consiglio di Stato, e la procedura è ripartita e nel frattempo anche il Comune di Martinsicuro ha presentato delle osservazioni, e la Commissione di Via lo scorso 20 settembre ha chiesto a Gas Plus delle controdeduzioni che saranno depositate entro il 17 dicembre».
Giovanni Marrone, geologo, cura il Centro di Educazione Ambientale di San Benedetto: «Gli aspetti geologici sono tre: i pericoli sismici, la subsidenza. I problemi sismici sono stati omessi nelle varie relazioni relative allo stoccaggio a San Benedetto: avremmo un impianto di iniezione del gas, un impianto di erogazione. Ma Gas Plus ha presentato il suo progetto con le leggi sismiche del 2003, mentre nel 2009 queste sono state riviste, come il Piano Regolatore del Porto di San Benedetto riporta, e a San Benedetto è possibile un evento sismico massimo di 5.9 della Scala Richter, come possibili effetti che superano i 6 gradi Richter, e fenomeni di liquefazione del terreno. Inoltre scrivono che l’impianto si realizza in una zona tipicamente agricola».
«La stessa Eni, proprietaria della centrale gas pre-esistente, afferma che la zona è rischiosa per incidenti ed esplosioni, e anche con le assicurazioni risulta troppo rischioso anche a livello economico. All’Eni sanno che ci sono due grandi faglie nella nostra zona, sismicamente attive: una a qualche miglia di distanza da San Benedetto, in Adriatico, con possibilità di magnitudo 5,5, e un’altra di 5,8 appena all’interno» conclude Marrone. «L’Eni ha analizzati i pozzi creati: ci sono due fratture nel pozzo, una a 2.092 metri di profondità, un altro a oltre 3 mila metri di profondità. Questo significa che il gas immesso può uscire dalle fratture e che il cappello di roccia che contiene il gas non è più impermeabile, ecco perché l’Eni se ne è andata ma Gas Plus non ha presentato questi studi in commissione-Per questo l’Arpam di Ancona ha fatto presente i rischi che esistono, anche se nella Commissione della Via devono essere inseriti tecnici sismici».
«I francesi di Gaz De France se ne sono andati da questo affare, ma sono rimasti gli italiani di Gas Plus. Ma se l’Eni se ne è andata, un motivo c’è – aggiunge l’avvocato Corrado Canafoglia – Questi impianti non possono essere messi sotto le città, possono stare in un deserto o dove non c’è nessuno. Questa battaglia è stata gestita male nel tempo, tanto che dopo i primi incontri abbandonai questa lotta: non c’è stata una cabina di regia e la popolazione a un certo punto si è disinteressata. Ma non funziona così perché questi signori sono andati avanti: occorre capire che gli interessi sono economici e non solo ambientali».
«Dobbiamo creare una cabina di regia con i Comuni interessati, le associazioni ambientaliste, i comitati di quartiere, non eccessivamente numerosa con un iter amministrativo da seguire e produrre le osservazioni e responsabilizzando chi sta decidendo inviando una istanza in autotutela ai dirigenti che devono decidere, facendo anche degli esposti da parte dei Comuni» conclude l’avvocato.
Il sindaco Antonio Spazzafumo è così intervenuto: «Per una città turistica come la nostra questo progetto non va bene, è ora che la città di San Benedetto cominci ad agitarsi al di là di qualsiasi colore politico. Senza dimenticare che al nord della città potrebbe essere realizzata una cassa di colmata grande tre volte l’attuale, e io non la voglio. Non posso restare solo, tutta la città e gli altri comuni devono lottare con noi».
«Per completare il quadro, ricordiamo che sono in corso i lavori del metanodotto Chieti-Ravenna, e le centrali di stoccaggio sono molto ambite perché ci si sta spostando verso l’elettrificazione e il gas è il carburante ideale e dunque ci sono grandi interessi per realizzare una centrale di stoccaggio proprio a ridosso della linea Chieti-Ravenna» ha commentato il dirigente del Comune di San Benedetto Giantomassi.
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