di Pier Paolo Flammini
La notizia è positiva, ma da queste parti manca sempre qualcosa per colmare il bicchiere. Anzi, per dirla in un modo gergale, si fa spesso 30 ma non si arriva a 31. Ci riferiamo alla nuova tratta del Railjet che dal prossimo 17 aprile e fino al 6 ottobre 2025 collegherà Monaco di Baviera e quindi il sud della Germania e l’Austria con Ancona.
Inizialmente la tratta – un viaggio di andata e uno di ritorno al giorno – era prevista con arrivo in Romagna ma, grazie alla buona intermediazione della Regione Marche, si è riusciti a prolungare la tratta fino ad Ancona, con fermate intermedie a Pesaro e Senigallia. Il che ovviamente è positivo, con Ancona, capoluogo regionale, che funge anche da stazione scambiatrice con le coincidenze che proseguono verso sud.
Epperò. I dati del turismo iniziano già a disegnare una regione a due velocità, con il Nord trainato, oltre che da una posizione logistica più adatta a intercettare le popolose regioni settentrionali, anche dall’effetto di Pesaro Capitale Italiana della Cultura (anche qui, vincendo la concorrenza, tra le altre, di Ascoli). Il sud delle Marche invece arranca.
Le differenze iniziano a diventare abissali, come se riguardassero due regioni diverse, con il Piceno sempre più ultima ruota.
Tema ferrovia: il fatto che la Regione riesca a prolungare il Railjet fino ad Ancona con due fermate intermedie settentrionali ma non riesca a dare la visibilità che meriterebbe a San Benedetto e Civitanova (almeno) fa riflettere. Per la stazione di San Benedetto si è ancora al confronto con Rfi, che anno dopo anno annuncia che l’anno prossimo sarà quello buono per iniziare i lavori; intanto trascorrono decenni e lo scalo sambenedettese è fermo al dopoguerra, senza neanche un ascensore, e con la linea ferroviaria identica a quella del 1860.
Per non parlare dei collegamenti, ferroviari e viari, verso Roma: la “Ferrovia dei Due Mari” è una chimera di cui negli ultimi anni, almeno, si è discorso, ma poi ci si stanca di tanto pour parler senza nulla di fattivo. Roma è lontana come e più lo era all’inizio degli anni ’70: impossibile recarsi in tempi ragionevoli in treno nella Capitale, la situazione della Salaria – strada di epoca romana… – soffre ancora degli effetti del terremoto 2016 che combinati con la superstrada Civitanova-Foligno hanno affossato il pendolarismo umbro verso la “Riviera delle Palme” e il Piceno.
Sull’Autostrada 14 nulla di nuovo, nonostante anni di proteste e tanti incidenti mortali nel tratto piceno. E mentre si dibatte ancora nel chiacchiericcio con la posizione di difficile comprensione della Regione di arretrare una sola corsia, riuscendo in questo modo sia a deturpare una parte di paesaggio (come temuto dagli ambientalisti) e di non avere una seconda via a scorrimento veloce (come invece chiedono in molti), la terza corsia finisce a Porto Sant’Elpidio, quasi una cesura sulla dorsale adriatica.
La Regione adesso è impegnata nel tentativo di finanziare, attraverso lo Stato, l’imponente opera di arretramento della Ferrovia Adriatica per un costo di 60 miliardi, ma c’è da dire che prima di questa ipotesi l’area pesarese si era mossa compatta per un bypass ferroviario, mentre il Piceno era rimasto fermo nell’opera di pressione e progettazione.
Su tutto questo non aggiungiamo dettagli sulla difficoltà di raggiungere il Piceno in aereo: da Falconara o Pescara ci si potrebbe impiegare più tempo di un volo arrivato da Londra o Berlino…
Insomma: uno sforzo, per agganciare il Piceno alla Germania, sarebbe opportuno considerando tutti gli altri notevoli disservizi che quest’area sta sopportando da decenni.
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