di Walter Luzi
Mario Pio Cossetti, classe 1937, era originario di una piccola frazione, Piedilama, del comune di Arquata del Tronto. Un montanaro. Che però sa guardare al futuro, alle nuove tecnologie che avanzano, e che cambieranno presto le vite degli italiani. Già durante le scuole medie intuisce l’importanza di acquisire competenze nei campi che più lo affascinano. L’elettrotecnica che cresce, l’elettronica che verrà e che già si affaccia. Ha cominciato presto a lavorare in questo settore potendo fare esperienze preziose, in lungo e largo anche per Lazio ed Umbria, lavorando a jukebox, flipper e meccanismi di recupero birilli del bowling.
È portato. Ma studia anche. L’opportunità per crescere in questo campo gliela fornisce la Scuola Radio Elettra di Torino. Una opportunità che lui coglie al volo. La scuola, nata in Italia nel 1951 sulla scia di istituti simili già attivi negli Stati Uniti, è basata su corsi per corrispondenza con i quali, oltre alle dispense da studiare, vengono anche inviati i componenti elettronici per costruire i vari modelli trattati.
Tre gli indirizzi iniziali: impiantistico, elettronico e informatico. Come tantissimi altri giovani appassionati autodidatti, ansiosi di apprendere e di costruirsi un futuro con le proprie mani, anche Mario Pio si iscrive presto, e si forma professionalmente, grazie a questa scuola benemerita. Alla fine saranno quasi un milione i giovani proiettati verso il mondo del lavoro, soprattutto grazie alla formidabile spinta degli anni d’oro Sessanta e Settanta. La spina dorsale del saper fare bene italiano, alla soglia di quello che passerà alla Storia del Paese come il miracolo economico.
Vespe e automobili, elettrodomestici e plastica cominciano a riempire le case e le vite degli italiani. Incoraggianti avvisaglie di un primo, piacevole, benessere generalizzato, ma anche anteprime romantiche e appaganti dell’orgia consumistica, sfrenata e turpe, che verrà. La comunità delle persone diverrà, inesorabilmente, la società dei consumi. Un clima di crescita economica e di emancipazione sociale diffusa che Mario Pio Cossetti vive direttamente nel suo lavoro di ogni giorno. Apre inizialmente infatti un minuscolo laboratorio di riparazioni di piccoli elettrodomestici in via delle Torri. Gli affari vanno bene, con la richiesta in continuo aumento.
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Nel 1964 si decide a fare il grande passo aprendo in via Malta, futura via del Trivio, anche una rivendita degli elettrodomestici che si vanno sempre più diffondendo in ogni casa. Televisori, radio, frigoriferi, lavatrici in testa, ma anche lucidatrici, asciugacapelli, giradischi, radiosveglie, e le rivoluzionarie minicalcolatrici. I primi ingombranti impianti stereo hi-fi, e poi tutto ciò che è legato all’illuminazione e all’elettricità.
Tutto in un buco di soli ventiquattro metri quadrati con un piccolo soppalco dove Mario Pio ricava un laboratorio minimo per le riparazioni. Lui è uno che non si risparmia di certo sul lavoro. Scrupoloso, meticoloso, come sarà sempre. Preciso e puntuale nelle consegne e nelle installazioni dei nuovi elettrodomestici venduti, come nelle riconsegne di quelli riparati. Una serietà la sua che moltissimi suoi clienti ricordano ancora oggi.
Nonostante il gran daffare trova anche il tempo per mettere su famiglia insieme a Giuseppina De Angelis. Lei è nata in Sardegna, ma solo per via del papà militare temporaneamente di stanza nell’isola, che, dopo un periodo trascorso nel Trentino, fa finalmente ritorno ad Ascoli. Giusto in tempo per permettere a Giuseppina di conoscere, innamorarsi e sposare, nel 1969, Mario Pio. Giovanni nasce nel 1970, il fratello Filippo l’anno dopo. Il televisore si guadagna fin dai suoi primi anni di vita il titolo di re incontrastato degli elettrodomestici.
E leader delle vendite anche da Cossetti. Perchè un canale solo basta, e due avanzano, per accontentare tutta la famiglia. Anche se si vede tutto solo in bianco e nero. Anche se le trasmissioni cominciano solo nel tardo pomeriggio, perché prima si sta tutti fuori a giocare insieme dopo aver fatto i compiti. E hanno anche una fine, quando è tardi, ma non troppo, e si deve andare tutti a nanna perché domani la sveglia suona presto. C’è da lavorare, c’è da andare a scuola. I bimbi dormono già da un po’ a quell’ora, dopo lo spasso serale, irrinunciabile, delle pubblicità di Carosello. Primi tormentoni innocenti che canticchiamo ancora oggi. Come ricordiamo tutti il ronzio di quella misteriosa e pesantissima scatola metallica, lo stabilizzatore, sul piano inferiore dell’immancabile carrello con i piani di cristallo.
Lo sfrigolio prima della sigla solenne che preannuncia l’inizio delle trasmissioni, su quel monoscopio che presto lascia posto al sorriso rassicurante delle signorine annunciatrici. L’Italia era più bella. E gli italiani migliori. Mario Pio era uno di loro, con la sua discrezione innata di persona per bene. Con la sua valigetta degli attrezzi piena di provvidenziali valvole di ricambio, prima che transistor e circuiti stampati arrivassero a spazzarle via. Lui deve star dietro ai velocissimi progressi tecnologici, ad una evoluzione costante che richiede aggiornamenti continui. Innovazioni che contribuiscono a inondare il mercato di prodotti sempre più belli e sofisticati. Le forme e i colori seguono ora le mode. Il tubo catodico va in pensione. I pollici aumentano. Lo schermo e i comandi si separano.
Per fortuna non migliora solo l’estetica degli apparecchi ma anche la vita dei tecnici riparatori come Mario Pio Cossetti. La distribuzione dei componenti dei televisori viene infatti concepita ora in blocchi per le diverse funzioni, rendendo più semplici e veloci smontaggi e riparazioni. Arrivano il colore e i telecomandi. Anche, ahinoi, la tv commerciale, che tutto appiattisce e volgarizza grazie alla nuova, potente, droga per le masse, gli spot pubblicitari. Gli schermi diventano piatti, leggeri, sottili, e grandi come le pareti.
Immagini e suoni sono adesso in alta risoluzione e definizione. Arrivano la microelettronica e i cristalli liquidi. Il digitale cancella l’analogico. La tv diventa smart. Ora fa di tutto. Ospita app e videogiochi, naviga in Internet, accoglie servizi di streaming. In compenso si scassa presto, e quelli come Cossetti cominciano a stentare nel reperire pezzi di ricambio per le riparazioni. I produttori sostengono infatti che è molto più conveniente (soprattutto per loro) buttarla, e correrne a comprarne subito un’altra nuova. Al centro commerciale ovviamente. Dove ti allettano con il tre per due, o ti convincono ad indebitarti con formule del tipo “Compra oggi e paghi fra un anno”. Sono i moderni templi consacrati al consumismo, che svuotano le tasche della gente, e che strozzano i piccoli negozi di quartiere come quello di Cossetti in via del Trivio.
Che guardiamo ancora attraverso quella stessa vetrina minimalista rivedendo, e rimpiangendo, la “nostra” tv. Quella dei ragazzi e de “La freccia nera”, di “Giochi senza frontiere” e di “Quelli della notte“, dell’Odissea di Bekim Fehmiu e di “Canzonissima”, de “L’altra domenica” e delle commedie dei De Filippo, di “Portobello” e di “Lascia o raddoppia?”, di “Rischiatutto” e degli sceneggiati su grandi opere della letteratura. La tv in bianco e nero del maestro Manzi, che insegnava a leggere e a scrivere. Che ci faceva crescere, e non rincoglionire. La tv in bianco e nero che ci ha aiutava a vedere la nostra vita a colori.
Giovanni entra subito, poco più che bambino, in negozio, per dare una mano al padre dietro al bancone e, più tardi, anche al banco riparazioni del laboratorio.
Il fratello Filippo prende invece un’altra strada lavorativa. «Papà era di poche parole – ricorda Giovanni – ma tutto quello che so fare me lo ha insegnato lui, dotato com’era di grandi intuito ed esperienza. Avevo tredici anni si e no, quando cominciai ad apprendere da lui i primi segreti del mestiere. Sono un diplomato in Telecomunicazioni all’Istituto Tecnico Industriale, ma il mio vero maestro è stato lui».
Nel 1995 Giovanni entra a lavorare alla Ceat, una delle principali fabbriche dell’ascolano, ma, approfittando dell’orario lavorativo a turni, riesce a passare anche mezza giornata in negozio, o in laboratorio, per aiutare il padre. Una seconda attività che gli tornerà utile quando la sua fabbrica chiuderà i battenti. La gloriosa Ceat, acquisita dalla multinazionale Prysmian nel 2005, cessa infatti la produzione nel 2015. Un altro duro colpo per Giovanni. Appena un anno prima infatti ha perso anche il padre.
Mario Pio Cossetti è vinto da un brutto male nel 2014, ma il “suo” negozio di via del Trivio diventa un prezioso salvagente per il figlio. «Non avevo altre possibilità lavorative – ricorda Giovanni – mi sono preso l’attività tutta sulle spalle, e questo mi ha permesso di poter sopravvivere quando la Ceat ha chiuso. Certo da solo è tutto più difficile, ma cerco di dividermi fra l’orario di apertura del negozio e le riparazioni, che spesso mi capita di eseguire direttamente presso le abitazioni dei miei clienti dopo gli orari di chiusura».
Riuscire a mantenere alzata quella serranda non è certo facile con i tempi che corrono.
«Cerco di resistere stringendo i denti – continua – come un po’ tutte le attività del centro storico, e nonostante oggi il 90 % della gente preferisca acquistare gli elettrodomestici, grandi e piccoli, al centro commerciale, oppure su Internet. Poi, spesso, vengono a lamentarsi qui da me per fare aggiustare quello che non funziona più, o che si è rotto presto».
Magra soddisfazione si direbbe, ma Giovanni si fa in quattro pur di accontentare tutti. Lui è un rivenditore controcorrente rispetto alle moderne e perverse leggi del mercato globalizzato.
«Cerco di riparare tutto quello che è riparabile – confessa – anche se tutte le ditte produttrici oggi cercano di scoraggiare in ogni modo questa pratica. Pur essendo obbligate infatti, per legge, a garantire per un certo numero di anni la fornitura dei pezzi di ricambio dei modelli che producono, li fanno pagare una cifra spropositata. Lo scopo è quello di rendere, comunque, antieconomica la riparazione di un guasto, magari anche banale. Il loro interesse non è di allungare la vita al vecchio, ma di vendere il nuovo».
Una logica immorale, una condotta scandalosa divenute prassi comuni, oggigiorno, un po’ per tutte le categorie merceologiche. E che nessun potere costituito si sogna, ovviamente, di ostacolare. Giovanni sa già che quando mollerà lui, la serranda del negozio di Mario Pio Cossetti in via del Trivio si abbasserà per sempre. Oscurando quella sorta di monumento alla capacità, alla tenacia, e al sacrificio di due generazioni, che ha avuto la forza di riuscire a fermare il tempo fra quelle mura. Ma nessuno, forse, ne avrà mai abbastanza per riuscire a bruciare la piaga della moderna economia globalizzata. Che rende i ricchi sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri.
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