di Filippo Ferretti
La violenza, quella efferata, che porta a massacrare esseri umani a mani nude, è arrivata nei nostri luoghi, zone di matrice rurale, appartenenti ad un territorio che neanche un mese fa festeggiava la propria sicurezza in seguito ad un sondaggio nazionale (leggi qui).
Come è possibile essere arrivati a questo punto? Prima di capire la genesi dell’escalation della brutalità e efferatezza è doveroso analizzare variabili disfunzionali che vanno combattute. Sugli episodi di cronaca che hanno investito recentemente il territorio ascolano interviene il sociologo e criminologo Nello Giordani che evidenzia come, negli ultimi decenni, anche i borghi, i luoghi più piccoli e i territori meno abitati sono diventati possibili scenari di devianza e di violenza.
Tra i motivi che hanno scatenato questa trasformazione è la de-umanizzazione, che vede la sua radice nel trionfo di un universo biomediatico che induce le persone a dialogare con le macchine finendo con lo svuotare le persone della loro autenticità.
«Viviamo nell’epoca delle immagini, dove la parola è stata sostituita dalle icone: è la neo-idolatria del XXI secolo, siamo diventati homo monitor» esordisce Giordani, certo che gli esseri umani oggi parlino con i monitor, ovunque, ogni giorno.
«I media di massa mostrano giornalmente e ossessivamente immagini di violenza cruenta, spietata; ciò attrae il pubblico e diffonde un narcisismo collettivo» prosegue l’esperto, che evidenzia come le menti meno avvedute assimilino l’assunto molto semplice che vuole la soluzione delle incomprensioni e dei conflitti nella violenza. D’altronde, esempi illustri insegnano.
«In televisione anche le persone importanti fanno così: onorevoli, grandi personaggi dello spettacolo. La tracotanza si diffonde inevitabilmente anche nei piccoli centri urbani dove prima il dialogo “faccia a faccia” era la sostanza della relazione amicale e affettiva, nonché lo strumento per la soluzione dei conflitti» aggiunge il professionista ascolano, mettendo in evidenza che nella nostra epoca il sillogismo è facile: “Se non posso avere ciò che voglio, me lo prendo con la forza”. E rimarca che i meccanismi mentali sono fomentati e istigati dai media di massa: “Tu vali!”. “Hai diritto ad avere ciò che desideri”. “Tu sei importante”.
Dunque, i nostri simili divengono strumenti per la soddisfazione dei nostri desideri: l’altro è un mezzo, non un fine.
«Tutto è fondato sul calcolo utilitaristico, sulla logica del tornaconto personale. Il passaggio all’atto, in tali contesti culturali, è automatico» conclude Giordani, riportando il nuovo aberrante assunto strutturale nelle relazioni d’amore, che non è più: “Ho bisogno di te perché ti amo”, ma si è trasformato in un altro più crudele: “Ti amo perché ho bisogno di te”.Vale a dire “Ti voglio bene perché tu servi”.
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