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Omicidio di Pamela, ricorso rigettato: confermato l’ergastolo a Oseghale

DALLE MARCHE – La 18enne romana è stata uccisa il 30 gennaio 2018 a Macerata. Respinto dalla Cassazione il ricorso straordinario della difesa del 36enne nigeriano che riguardava la violenza sessuale (su cui si erano già espressi Corte d’appello di Perugia e Cassazione)
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Innocent Oseghale

di Gianluca Ginella

 

La Cassazione mette la parola fine sul processo a Innocent Oseghale per l’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa il 30 gennaio del 2018 a Macerata.

 

Rigettato il ricorso straordinario della difesa del 36enne nigeriano relativamente alla questione della violenza sessuale. Resta la condanna all’ergastolo. L’ultima sentenza della suprema corte (la Cassazione bis per Oseghale), legata proprio alla questione della violenza sessuale, arrivava in seguito al ricorso dopo un precedente rinvio alla Corte d’appello di Perugia per valutare solo questo aspetto: se c’era stata o meno la violenza sessuale mentre era confermato che a uccidere Pamela fosse stato il 36enne.

 

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L’avvocato Simone Matraxia a Roma per la Cassazione

Per la Corte d’appello la violenza sessuale c’era. Un aspetto non secondario perché è proprio il riconoscimento della violenza sessuale ad aver portato la condanna la massimo della pena: l’ergastolo. Sulla sentenza bis della Cassazione era arrivato il ricorso degli avvocati di Oseghale, i legali Simone Matraxia e Umberto Gramenzi. L’udienza si è svolta ieri e oggi si è appresa la decisione dei giudici: rigettato il ricorso della difesa.

 

Il ricorso verteva su quello che i legali di Oseghale considerano un «errore percettivo» della Cassazione nella lettura degli atti e dei fatti, errore che sarebbe stato decisivo nella formulazione del giudizio.

 

In sostanza, secondo Matraxia e Gramenzi, i giudici hanno ritenuto che Oseghale avesse con sé l’eroina da dare a Pamela, e che avesse atteso di arrivare nella sua abitazione di via Spalato per dargliela, così da approfittare poi del suo stato alterato per costringerla a un rapporto sessuale non protetto.

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Pamela Mastropietro

In realtà, sostenevano i legali di Oseghale che si richiamavano alle altre sentenze sull’intera vicenda, Oseghale non aveva con sé l’eroina. Infatti, ricostruivano i due avvocati, quel giorno Oseghale contattò un suo connazionale (Desmond Lucky, poi condannato per spaccio) per reperire la droga chiesta da Pamela, incontrata ai Giardini Diaz. E quindi sarebbe stato proprio Desmond Lucky, secondo questa ricostruzione, a fornire la dose alla 18enne in concorso con Oseghale.

 

Dato per certo questo, i legali di Oseghale ritenevano che venisse meno il presupposto dello scenario della cessione e della conseguente violenza sessuale nell’appartamento del nigeriano.  Il ragionamento conclusivo della difesa è dunque questo: Oseghale, che non aveva con sé la droga, avrebbe preteso da Pamela un rapporto sessuale prima di farla incontrare con Desmond Lucky. Così secondo i legali verrebbe meno ogni presupposto alla base della violenza sessuale. Da qui la richiesta alla Cassazione di annullare la precedente sentenza e di esprimersi in merito al ricorso originario.

 

Al processo per l’omicidio di Pamela sono parti civili i familiari della giovane, assistiti dall’avvocato Marco Valerio Verni (zio della 18enne), il comune di Macerata (tutelato dal legale Carlo Buongarzone) e il proprietario della casa in cui è avvenuto il delitto, assistito dall’avvocato Andrea Marchiori.

 

Omicidio Pamela, ricorso straordinario sulla violenza sessuale «Evidente errore della Cassazione»

Omicidio di Pamela, ergastolo confermato per Oseghale

 


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